Nicola Zingaretti è una gran brava persona, ma ha la leadership della signora Pina di Fantozzi. La sua accorata, e per certi versi nobile, lettera di autocritica al Corriere della Sera di ieri svetta nella serie storica – quasi una telenovela di quelle sudamericane, pluridecennali – delle autocritiche comuniste, postcomuniste, piddine, eccetera. Sostanzialmente Zingaretti riconosce lealmente (e angosciosamente) a Salvini una grande capacità di identificazione e proclamazione dei problemi sociali avvertiti dai cittadini, coniugata a un semplicismo (che definisce bugiardo) nell’indicare cause false (per esempio i migranti) e soluzioni mendaci (per esempio il blocco dei porti).
Bravo, bene, bis, avrebbe detto Petrolini. Ma – prima di entrare in qualsiasi merito, per esempio sui migranti – scattano le deduzioni, innanzitutto politiche e poi sostanziali, del discorso di Zingaretti. Quella politica sta nel ricondurre e ridurre il ruolo del Pd a mero argine contro il pericolo-nero. Il sillogismo è perfetto: Salvini è il nuovo fascismo, noi siamo gli eredi dei partigiani, anticipiamo la Resistenza per prevenire la Marcia su Roma e passeremo alla Storia. Già: e intanto Salvini passerà per palazzo Chigi al prossimo giro… Insomma, Pd come antipulci, come vaccino antimalarica. E Zingaretti piccolo eroe di Harlem che ficca il ditino nel buco della diga per evitare che il Mare del Nord lo allarghi e inondi la città. Ma figuriamoci. Ammesso che ci sia un’inondazione killer alle porte, non saranno certo questi balbettii a scongiurarla. Il vero dramma è che il Pd in Italia – come peraltro tutta la sinistra europea – è stato ed è incapace di disegnare un progetto operativo di risposta ai nuovi problemi che il cambiamento ci sbatte in faccia.
Nei fatti, l’ultimo, e paradossalmente l’unico, interprete coerente dell’evoluzione (involutiva) del Pd da partito post-comunista a partito neo-liberista è stato Renzi, che di fatto con la creazione di Italia Viva (“non farò mai un altro partito…”) è uscito dal Pd e si propone come leader centrista erede della larghissima componente moderata dell’elettorato berlusconiano in cerca di una mummia giovane che garantisca stabilità.
Questo pseudo partito di sinistra ha sposato acriticamente l’austerity dell’Unione europea a trazione tedesca che ha dominato negli ultimi dieci anni. Ha sostenuto acriticamente l’egemonismo della Merkel sui mercati, delle merci e finanziari e del credito. Non ha opposto alla deriva potestativa di Berlino sui migranti un’ovvia visione collettiva europea, accettando un ignobile trattato di Dublino che solo nelle ultime settimane – e sull’abbrivio della meritoria spallata sferratagli da Salvini – è stato finalmente rimesso in flebile discussione.
Quanto alla politica economica, il Pd renziano si è rivelato il migliore alleato delle caste amiche, attaccando da un lato, ad esempio, banche popolari e camere di commercio e difendendo ad esempio i “prenditori” rentier, come i Benetton e i De Benedetti. Il Pd post-renziano non lo capisce e prosegue, non si dissocia.
Le sgangherate dimaiate sul lavoro, dai navigator alle altre scemenze inefficienti, non hanno trovato alcuna replica nella linea del Pd, né sostanziale, né comunicativa. Al reddito di cittadinanza, innegabile flop, o all’inattuabile salario minimo, andavano e andrebbero contrapposti strumenti meno costosi e più equi: ne esistono, ma il Pd non c’arriva. A quota 100 si dovrebbe rispondere con una riscrittura della drammatica legge Fornero che lasci ai singoli il diritto di scambiare anticipi di libertà contro riduzioni di assegno pensionistico, perché questo è un equo principio, rivendendo i conti spesso disastrosi delle casse private e l’evasione contributiva. Patetica l’idea di imitare cinque anni dopo i Cinquestelle in queste consultazioni on-line che sono un vilipendio della democrazia: semmai si dovrebbe variare sul tema, inserendo quorum e obblighi di trasparenza on-line in risposta all’oratorismo della piattaforma Rousseau…
In generale, se è giusto dire che Salvini sa soprattutto aizzare il suo elettorato contro nemici più o meno inventati o ingigantiti, è ancor più giusto rilevare che il Pd fa sentire alla maggior parte dei cittadini che i suoi nemici sono tutti loro. I nemici di questo Pd senza identità sono diventati i suoi vecchi protetti, i lavoratori dipendenti, le famiglie, tutti gli svantaggiati dall’esplosione delle disuguaglianze. Annegando in un’orgia di correttezza politica da salotto, in una melassa di lernerismo e boldrinismo, per il Pd non è mai colpa di qualcuno, le responsabilità individuali sono sempre smorzate, la magistratura ha sempre ragione…- anche qui Renzi, purtroppo perché è lui il campione del mondo dei bugiardi, si distingue in meglio – Hanno ragione solo gli intellettuali che vivono di rendita.
Insomma, come scrisse una volta l’indimenticabile Fortebraccio: “L’auto blu si arrestò davanti al portone, lo sportello si aprì, non scese nessuno: era Cariglia”. Ecco: ricordando con simpatia l’incolore e transitorissimo segretario del Partito socialdemocratico tra l’88 e il ’92, vien da dire che oggi l’invisibile politico è il Pd. Auto blu compresa.