Per far fronte al nuovo scenario di guerra occorre accelerare il cammino verso l’Unione Europea di paesi come l’Ucraina, la Moldavia e la Georgia, creando una Confederazione Europea. È questa l’idea lanciata da Enrico Letta, segretario del Pd, in questa intervista, realizzata a margine dell’incontro del “Club de ilSussidiario”, momento di confronto organizzato a porte chiuse con i soci sostenitori dalla testata. All’incontro, tenutosi nei giorni scorsi a Roma, in collaborazione con Comin & Partners, hanno partecipato oltre al segretario del Pd, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, e Gianluca Comin, presidente di Comin & Partners. Ha moderato i lavori Monica Giandotti, giornalista Rai, conduttrice di Uno Mattina.



Cos’è davvero cambiato con il ritorno della guerra in Europa?

Partirei da una considerazione che ho verificato parlando con tante persone. La cesura della notte tra il 23 e il 24 febbraio, quando le truppe russe sono entrate in Ucraina, non può essere semplicemente rimarginata come se niente fosse o considerata una parentesi. È un evento di portata storica, che avrà pesanti conseguenze nei prossimi decenni.



In quali ambiti?

Una prima conseguenza rischia di essere la morte del G20, una delle costruzioni geopolitiche più interessanti degli ultimi anni. Un organismo costruito apposta per portare al tavolo della responsabilità globale potenze economiche e militari che non avevano mai assunto sulle loro spalle alcun impegno. Sia che si tratti del percorso per la sostenibilità, sia che si tratti di portare la pace laddove necessario. Parlo di potenze come la Cina e l’India. Il G20, creato nel 2008, è stato un’intuizione geniale, una novità importante, utile, interessante.  Ebbene, nel momento in cui alla recente riunione del G20 a livello di ministri delle Finanze e governatori, gli europei si alzano e se ne vanno insieme agli americani mentre parla il delegato russo è evidente che qualcosa di grave è successo. Allora dobbiamo domandarci se ci sarà ancora un G20 e che ruolo avrà. Siamo entrati in una dinamica le cui conseguenze sono imprevedibili.



Cosa può fare allora l’Europa?

In questo scenario bisogna che noi europei facciamo i conti con gli errori degli ultimi trent’anni e allo stesso tempo ci mettiamo in testa l’idea che dobbiamo essere ambiziosi in questa fase, perché se non lo siamo oggi ne pagheremo le conseguenze domani.

A cosa si riferisce?

Subito dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, l’Europa ha fatto degli errori enormi che stiamo ancora pagando. Tutte cose delle quali in tante edizioni del Meeting di Rimini abbiamo discusso insieme. Dopo la caduta del Muro furono fatte grandi promesse ai paesi dell’Europa centro-orientale. Promesse che nel tempo non sono state mantenute, quantomeno non all’altezza delle aspettative. La principale promessa era un ingresso rapido di questi Paesi nella famiglia europea. 

Cosa è successo invece? 

Si stabilì soltanto un rapporto bilaterale tra i singoli Paesi candidati e l’Unione Europea. La complessità di questo rapporto ha dilatato in maniera insostenibile i pur necessari tempi di adesione. Ci sono paesi che hanno impiegato 14 anni per entrare a pieno titolo nell’Unione Europea. Altri addirittura 16 e uno addirittura 23!

Un paradosso, quindi?

Sì. Questa lunghissima attesa ha tenuto molti Paesi in un limbo, causando una frustrazione insopportabile. Così alcuni Paesi hanno finito per preferire un rapporto più stretto con gli Stati Uniti che con gli europei. Per dirla tutta, molto francamente, quello che si respira in Polonia oggi è sostanzialmente questo. Se riconosciamo che a quel tempo fu un errore imporre tempi così lunghi per l’ingresso nell’Unione Europea, oggi dobbiamo evitare di ripetere lo stesso sbaglio con i Paesi che vogliono entrare.

Cosa propone allora?

L’ingresso non può essere solo un processo burocratico. La storia è molto più travolgente rispetto ai processi burocratici e quello che succede oggi in Ucraina deve spingerci a riflettere. Oggi non dobbiamo fare lo stesso errore. La proposta che avanzo è di creare una Confederazione Europea, al di sopra dell’Unione Europea. Occorre cioè creare uno spazio politico che metta insieme i 27 Paesi membri dell’Unione Europea, che continua a vivere normalmente, con i 9 Paesi che hanno l’aspirazione di diventare membri dell’Unione, Ucraina compresa. Paesi che in questa fase sono diventati centrali: Moldavia, Georgia, Macedonia del Nord, Albania, Serbia, Bosnia, Montenegro e Kosovo. Tutti Paesi fondamentali dentro una dinamica così cambiata.

Una nuova Europa più larga?

Esatto. Dobbiamo creare sin da subito una Confederazione Europea che abbia l’obiettivo di creare un’area nella quale questi 36 Paesi partecipano a progetti comuni e abbiano una unica identità. Poi ci sarà tempo perché ciascuno dei 9 Paesi entri a pieno titolo nell’Unione Europea.

(Attilio De Pascalis) 

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