Si sono tenute, a Ginevra, le elezioni per il Consiglio presidenziale libico, composto da tre membri, uno per ciascuna delle principali regioni in cui è diviso il paese (Fezzan, Tripolitania e Cirenaica) e per il nuovo premier, i quali avranno il compito, secondo le disposizioni dell’Onu, di condurre la Libia alle prime e vere elezioni nazionali il prossimo 24 dicembre. Quattro liste, di cui due eliminate subito al primo turno, e altre due che sono andate al ballottaggio: la prima composta preminentemente da membri della città di Misurata, l’altra da personaggi legati alla Fratellanza musulmana e all’islam politico: “La Fratellanza musulmana – ci spiega in questa intervista il generale Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista – è l’unica vera forza che ha un’autentica organizzazione e presenza politica sul territorio. L’Italia però ha sviluppato rapporti anche con loro, e soprattutto chiunque vinca non si deve temere per la presenza dell’Eni in Libia, tanto radicata e utile alla Libia stessa”.
A sorpresa non si è presentato come candidato premier l’attuale vice-presidente Ahmed Maitig, il personaggio politico libico più vicino all’Italia e su cui il nostro paese contava molto. Come mai, secondo lei? E che peso avrà questa sua mancanza nei rapporti tra Italia e Libia?
Direi che il fatto che non si sia candidato è indifferente. I rapporti con l’Italia sono abbastanza ramificati, soprattutto grazie alla presenza dell’Eni e alle imprese italiane presenti nel paese nordafricano. I nostri rapporti non dipendono da una sola persona, ma sono plurimi, diversi e abbastanza flessibili.
Maitig però è sempre stato l’unico a mantenere un dialogo aperto con l’Italia.
Sì, noi però abbiamo mantenuto un dialogo aperto anche con i leader della Fratellanza musulmana di Misurata, che hanno un forte peso, e soprattutto con la National Oil Company, la compagna petrolifera statale libica, che è molto legata all’Eni. I legami sono molto forti con l’Italia.
In vista delle elezioni volute dall’Onu, solo due liste sono andate al ballottaggio, una legata alla città di Misurata e l’altra fortemente legata ai Fratelli musulmani. Quest’ultima è risultata vittoriosa con Mohammed al Manfi eletto nuovo premier della Libia. Cosa può significare questo successo?
La Fratellanza musulmana è una delle poche forze organizzate politicamente esistenti in Libia, e sicuramente avrà un peso nonostante sia contrastata dagli elementi più laici, che fanno capo al generale Haftar. Al Manfi però pur essendo legato all’islam politico non fa parte dei Fratelli musulmani. I nostri rapporti sono abbastanza buoni anche se sono stati erosi dal sostegno che la Fratellanza riceve dalla Turchia e dal Qatar, elementi fondamentali per gli equilibri libici.
Lo scontro politico si è concentrato sui candidati di Misurata, mentre Tripoli e Tobruk, al centro della guerra civile, sembrano tagliate fuori. Che peso ha Misurata?
Misurata è stata il caposaldo della resistenza a Gheddafi e dispone di un consiglio politico e militare molto coeso e di forze armate molto più forti di quelle di Tripoli, che sono sparpagliate fra diverse milizie.
Questi personaggi di Misurata saranno in grado di portare una Libia unita alle elezioni di dicembre?
Il problema fondamentale è mettersi d’accordo sugli utili del petrolio e del gas. Questo è l’elemento che può permettere una Libia unita, con la sponsorizzazione di Russia e Turchia. Il vero motivo dei conflitti in Libia è che non si trova un accordo sulla divisione degli utili delle fonti energetiche del paese.
Comunque la presenza dell’Eni è garantita?
Sicuramente. I libici non possono farne a meno, tra le varie compagnie petrolifere mondiali esistono degli accordi taciti a non farsi sgambetti l’una con l’altra, perché finirebbero per perderci tutte.
Si può dire che le varie fazioni libiche hanno tutte bisogno dell’Eni?
Sì, perché l’Eni fornisce il gas per l’elettricità libica. Se ci fossero tensioni forti tali da cacciare l’Eni, nessuno sarebbe in grado di sostituirla, tranne forse i cinesi, i soli che potrebbero mandare le squadre di tecnici necessarie a subentrare alla manodopera garantita dall’Eni.
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