Sostenere la Libia per la sicurezza e la stabilità. Aspetti fondamentali per arrivare al voto in un Paese lacerato da anni da guerre interne e interferenze straniere. È il messaggio arrivato dalle parole pronunciate in Commissione esteri della Camera da Najla El-Mangoush, ministro degli Esteri libico. La prima donna a ricoprire questo incarico nel Paese. Un avvocato che ha avuto anche un ruolo nel consiglio di transizione che ha governato brevemente la Libia dopo i fatti del 2011.
Le sue parole sono importanti, soprattutto alla luce del cambiamento che la Libia deve fare per trovare finalmente stabilità. “Come possiamo chiedere a un cittadino libico di andare a votare se, ad esempio, ci sono milizie sul territorio che lo condizionano?”, ha chiesto la rappresentante del governo nato proprio per traghettare il Paese al voto. Dopo il fallimentare governo di Fayez al Sarraj, che nell’ultimo periodo del suo mandato ha spalancato le porte alla Turchia di Erdogan, la domanda è più che legittima. Attualmente in Libia, ad esempio, sono presenti ancora centinaia di miliziani siriani portati dal Sultano per combattere contro il generale Haftar. L’uomo forte della Cirenaica si contrapponeva a Sarraj il quale avrebbe chiesto aiuto all’Europa per contenerlo, ricevendo però solo promesse. Anche l’Italia non rispose alle richieste dell’ex premier libico quando Haftar iniziò la marcia verso Tripoli. E oggi, una delle donne (ancora troppo poche) presenti nel governo del nuovo primo ministro, Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, ha chiesto all’Italia: “Sosteneteci per la sicurezza e la stabilità, questo è prioritario”.
A questo punto è obbligatorio per il governo di Mario Draghi accogliere questo appello. Dare stabilità politica ed economica alla Libia significa risolvere un grande problema per tutta l’Europa e per l’Italia in primis: l’immigrazione. Il ministro ha spiegato, in linea con Dbeibeh, che l’immigrazione clandestina non è solo un dossier libico, ma regionale e internazionale. Il flusso di clandestini che arrivano a bordo di barconi non è più tollerabile.
Il futuro di queste persone è, nella stragrande maggioranza dei casi, costellato solo da disagio e povertà. Per non parlare del rischio terrorismo collegato. Ieri in Francia, a Rambouillet, una cittadina a 60 chilometri da Parigi, un tunisino ha assassinato una poliziotta con due coltellate al collo, dopo aver urlato “Allahu Akbar”. Sempre ieri, questa volta in Italia, a Milano, un somalo di 33 anni ha seminato il panico tra i passanti con un coltello in mano. Non solo. Nella sua folle corsa ha ferito due agenti e il padre di una bimba di 6 anni che, sempre il somalo, aveva preso per i capelli.
Due episodi diversi, ma che provano quanto sia urgente intervenire sull’immigrazione che arriva con i barconi.
Anche per questo l’Italia non può lasciare la Libia nella mani dei Fratelli musulmani e di Erdogan, rappresentante della Fratellanza, che mettono a rischio ogni forma di democrazia e libertà. Bisogna supportare il cambiamento che, adesso più che mai, passa anche attraverso l’azione delle donne.
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