Nona visita del nostro ministro degli Esteri in Libia. È il segnale di una svolta. “L’Italia si sta ponendo come interlocutore privilegiato per la Libia, basti pensare alle nomine di Elisabetta Belloni a capo dell’agenzia di coordinamento dei servizi segreti, di Gianni Caravelli a nuovo direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna, ndr) e di Pasquale Ferrara a direttore generale per gli affari politici e di sicurezza al ministero degli Esteri, nomine che fanno capire come il nostro paese stia puntando sulla Libia per un rilancio internazionale”.
A dirlo Michela Mercuri, docente di storia contemporanea dei paesi mediterranei all’Università di Macerata ed esperta di Libia, autrice, insieme a Paolo Quercia, di Naufragio Mediterraneo. Come e perché abbiamo perso il Mare Nostrum, di prossima uscita. Ci sono poi i primi segni di un asse Italia-Francia, sostenuto dagli Stati Uniti, per la pacificazione e la stabilizzazione della Libia, “una alleanza che farebbe comodo a entrambi i paesi. La Francia infatti ha un ruolo importante nel Sahel, che è il principale luogo di transito di migranti, ma anche l’area in cui si stanno riorganizzando le milizie jihadiste e criminali che lucrano sul traffico dei migranti”. La settimana prossima, poi, il premier libico Abdel Hamid Dbeibah sarà a Roma, dove oltre a incontrare il premier Mario Draghi, parteciperà al Business forum organizzato alla Farnesina con le aziende italiane in Libia.
Il presidente della Camera dei rappresentanti della Libia, Aguila Saleh, ha confermato il suo pieno sostegno all’organizzazione delle elezioni il prossimo 24 dicembre. Qual è il cardine del processo di consolidamento dello Stato? Tripoli, Misurata, Bengasi?
Con l’elezione di Dbeibah abbiamo visto una Libia abbastanza unita nei suoi vari centri di potere, ma si è trattato soltanto dell’elezione di un premier di transizione. Probabilmente gli scontri fra le varie città-stato Tripoli, Misurata e Bengasi verranno fuori proprio nel momento delle elezioni. Ogni città ha naturalmente un peso specifico.
Nei dettagli?
Tripoli è il centro nevralgico, la capitale. Ha importanti milizie. Misurata ha altrettanto personaggi di spicco e importanti milizie, come l’ex ministro Bashaga. Poi c’è Bengasi, che in questo momento appare defilata, ma potrebbe rivelarsi un ago della bilancia nel futuro processo elettorale. Tutte e tre saranno decisive nelle possibili elezioni. Non dobbiamo dimenticare che potrebbero esserci colpi di scena come la candidatura del figlio di Gheddafi, che potrebbe rimescolare le carte.
Che ruolo gioca oggi Haftar e qual è l’attuale posizione dell’Egitto?
Haftar è sempre presente, anche se si dice che sia malato, ma sembra non voler mollare la presa. Proprio pochi giorni fa ha inaugurato una parata militare significativa per ricordare l’operazione del 2014, ma soprattutto per mostrare che esiste ancora e ha un potere forte dal punto di vista militare. Bisognerà capire quale sarà il suo ruolo, visto anche lo stato di salute. Ha due figli impegnati politicamente e militarmente che al momento ne fanno le veci.
E l’Egitto che lo sosteneva?
L’Egitto continua a essere corteggiato da molte potenze europee come Italia, Francia e altri paesi per motivi energetici ed economici. Rapporti che hanno rafforzato il suo ruolo in Libia, dove ha abbandonato la posizione filo-Haftar e si è posto come attore che tenta di mediare una soluzione unitaria, facendo il tifo per la stabilizzazione. In questo momento è allineato con tutti i partner internazionali. Anche all’Egitto fa comodo una Libia stabile con cui si possano fare affari e dove il terrorismo è sconfitto. Avrà un ruolo importante nel futuro.
Di Maio si è recato ancora in Libia, si parla di un disegno condiviso con Parigi per il futuro del paese nordafricano: cosa sappiamo di questo? È solo una buona intenzione strategica o c’è qualche elemento in più?
Una alleanza in ottica futura farebbe comodo a Italia e Francia, perché Parigi gioca un ruolo importante nel Sahel, che è il principale luogo di transito di migranti, ma anche l’area in cui si stanno riorganizzando milizie jihadiste e criminali che lucrano sul traffico dei migranti. Un asse Italia-Francia sarebbe importante in questo senso per porsi alla guida di una Europa latitante e indecisa anche in chiave anti-russa e anti-turca con il supporto americano, paese che avrebbe tutto l’interesse a sostenere questo asse anche per gli Usa in chiave anti-russa. Un asse che operi nel Sahel potrebbe essere una soluzione che per ora rimane una buona idea sulla carta. Va poi detto che Macron deve fare attenzione al tema migranti, perché fra un anno si gioca la riconferma all’Eliseo con una candidata forte come la Le Pen e il tema dell’immigrazione diventa per lui fondamentale.
A questo proposito, la ministra degli Esteri libica, Najla el Mangoush, ha chiesto a Di Maio di muoversi per intercettare le rotte dei migranti molto prima che arrivino a rischiare la vita in mare, ai confini sud del paese. L’Italia ha da poco nominato un console onorario nella regione meridionale della Libia e guida la missione Eubam, impegnata nella sicurezza dei confini libici contro i trafficanti di esseri umani e il terrorismo. Come procede questa missione?
È una missione difficile, perché non c’è dubbio che il problema migratorio, e questo è stato capito solo parzialmente, non riguarda solo la Libia, paese di passaggio. L’Unione Europea dovrebbe affrontare il tema partendo dall’Africa, dal Sahel. Sono lì le organizzazioni criminali in connessione con i jihadisti. Fino a quando non spezzeremo questa catena, missioni come Eubam possono essere forse utili a qualcosa, ma non bastano.
Il premier libico Abdel Hamid Dbeibah lunedì sarà a Roma, dove incontrerà il premier Mario Draghi e parteciperà al Business forum organizzato alla Farnesina con le aziende italiane. Che importanza riveste questa visita?
Questa visita potrebbe essere importante se l’Italia saprà sfruttare le opportunità, puntare sulla Libia per ridare slancio alla propria proiezione internazionale, anche come si diceva prima. Va sottolineato come il nostro paese si stia ponendo come interlocutore privilegiato per la Libia: basta guardare a quello che sta accadendo, nomine di personaggi importanti per i rapporti con la Libia, che fanno capire proprio come l’Italia stia puntando su questo paese.
In conclusione: può ancora saltare tutto?
La Libia è ancora un paese in cui tutto può accadere. Haftar sta mostrando i muscoli, ci sono tanti problemi come la presenza di attori stranieri, Turchia e Russia hanno basi sul terreno, c’è una povertà endemica da risolvere per evitare proteste popolari che potrebbero essere sfruttate da milizie. Ci sono tante incognite. Se tutto può ancora saltare, è difficile dirlo, ma certamente ci sono numerosi fattori di difficoltà.
(Paolo Vites)
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