Mentre l’Italia è impegnata nel cercare di arginare il Coronavirus, molti Paesi europei, seppure egualmente toccati dalla pandemia, continuano a portare avanti la propria politica estera. Il 9 marzo scorso il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto all’Eliseo il generale libico Khalifa Haftar. Obiettivo dell’incontro: cercare realizzare alcuni dei punti emersi dal vertice di Berlino del 19 gennaio in cui, tra le altre cose, si chiedeva alle parti in causa (Fayez al Serraj e Khalifa Haftar) di impegnarsi fattivamente per realizzare e monitorare un cessate il fuoco, secondo le linee concordate dalle Nazioni Unite.
Anche la Germania, meno coinvolta sul terreno libico, sembra interessata a mettere le mani su un dossier strategico. Il generale, infatti, dopo l’incontro con il presidente francese è volato a Berlino per incontrare la cancelliera tedesca Angela Merkel. La Francia e la Germania, dunque, sembrano essersi riappropriate della questione libica, sfruttando sapientemente l’ennesima “disattenzione” italiana.
La Francia è, per lo meno sin qui, sembrata molto determinata nel portare avanti questa strategia. Secondo quanto riportato dal quotidiano Le monde, dall’incontro – che non figurava nell’agenda dell’Eliseo e non ha dato luogo a nessun comunicato ufficiale – sarebbe emersa la volontà di Haftar di impegnarsi per un cessate il fuoco, previo lo stesso impegno delle altre parti in conflitto. Quel che più fa discutere, però, è il fatto che Macron avrebbe proposto un meccanismo per riattivare l’esportazione di petrolio, dopo il blocco dei pozzi da parte dell’esercito di Haftar (Lna). Come garanzia Parigi avrebbe offerto al generale di bypassare la Banca centrale libica, col rischio che parte dei proventi potrebbero arrivare direttamente alle strutture finanziarie dalla Cirenaica e magari essere utilizzate per portare avanti il conflitto. D’altra parte la Francia vedrebbe rafforzato il suo alleato e godrebbe dei privilegi derivanti dalle esplorazioni nella Cirenaica, da sempre negli obiettivi energetici d’Oltralpe. In altre parole Macron è pronto a sacrificare una parte della road map di Berlino (che per inciso chiedeva di “rispettare e salvaguardare l’integrità […] di tutte le istituzioni sovrane libiche, in particolare la Banca centrale”) sull’altare dell’interesse nazionale francese. Nulla di nuovo, verrebbe da dire.
La cinica strategia francese è quella di sfruttare la crisi interna dell’Italia per portare acqua al suo mulino. E con tutta probabilità, anche se ora anche Parigi ha dovuto operare una stretta per l’espansione del coronavirus, a differenza dell’Italia, saprà comunque mantenere in piedi la propria politica estera nonostante l’emergenza.
Ma non c’è solo la Libia nelle mire dell’Eliseo. Il nostro governo corre rischi anche su altri fronti. Secondo alcune indiscrezioni, l’Italia ha in cantiere contratti di forniture militari con l’Egitto per (almeno) 9 miliardi di euro. In primo luogo sarebbe in discussione la vendita da parte di Fincantieri di due fregate di tipo Fremm (Fregate europee multi–missione). Si tratta di un’operazione importante per rinsaldare la nostra partnership con l’Egitto, che però vede una certa preoccupazione da parte della marina militare italiana poiché si troverebbe con due unità in meno. Ci sarebbero poi altri negoziati in corso tra cui quello della vendita da parte di Leonardo di jet da addestramento e altre importanti forniture. Il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi ha varato un programma di riarmo, finanziato dagli alleati del Golfo (Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) che fa gola a molti, francesi in testa. Da un lato, dunque, l’Italia si è sin qui impegnata per conquistare importanti quote di mercato in questo settore che, unite agli importanti affari di Eni, come ad esempio il giacimento Zhor che rappresenta da solo un terzo della produzione totale di gas egiziano, ne potrebbero fare un partner indispensabile. Dall’altro l’ennesima “distrazione italiana” potrebbe favorire i nostri competitor. Anche qui i francesi sono in prima linea.
Dopo aver perso il mega-affare della vendita al Cairo di 12 caccia Rafale, giudicati troppo cari, Macron potrebbe decidere di infilarsi, di nuovo, tra le maglie della crisi interna italiana per riconquistare i rapporti col Cairo, rispolverando alcune offerte di armamenti prima rifiutate dall’Egitto. D’altra parte la storia insegna. Come dimenticare l’attivismo di Hollande che, dopo il richiamo del nostro ambasciatore al Cairo a causa dell’omicidio di Giulio Regeni, si era letteralmente precipitato da al Sisi con una delegazione di più di sessanta uomini d’affari che, “penna e contratti” alla mano, avevano siglato accordi per un valore superiore al miliardo di euro?
Detta in altri termini, anche in un momento di grande difficoltà l’Italia dovrò trovare la forza di portare avanti la propria politica estera, senza contare sull’appoggio dell’Europa ma, anzi, con il suo ostracismo (economico oltre che politico). Una situazione che ben conosciamo ma che se non riusciremo a sanare nel minor tempo possibile rischierà di avere conseguenze devastanti per il nostro futuro, non solo nel Mediterraneo.