Siamo proprio sicuri che l’uscita di scena di Angela Merkel non abbia conseguenze che riguardano l’Italia? Tra una settimana in Germania si vota, e l’unica certezza è che dopo 16 anni la cancelliera passerà la mano. Gli equilibri futuri sembrano incerti, e potrebbero passare da una lunga negoziazione. Favorito per la successione appare il socialdemocratico Scholz rispetto al cristiano democratico Laschet, in caduta libera la verde Baerbock. Buio fitto sulla coalizione di governo possibile.



Finisce un’epoca, non si sa quale sia aprirà. Quel che è indiscutibile è che tutti, Unione Europea e singoli Stati, dovranno fare i conti con il nuovo corso. Qualunque esso sarà. Per un periodo lunghissimo la signora kanzlerin ha rappresentato un punto fermo con cui confrontarsi. E anche, vista dall’Italia, una sponda di estremo rilievo. Momenti di frizione non sono mancati, specie all’epoca del primo governo Conte. Ma in linea di massima la Merkel si è dimostrata un’amica del nostro paese. È stato così anche durante la pandemia: se l’Unione ha messo da parte la politica del rigore di bilancio tanto cara ai “frugali”, è  perché Merkel (e Macron) hanno valutato che non si poteva lasciare affondare l’economia italiana. Il Next Generation Eu è nato sul triangolo Berlino-Parigi-Roma. Nella discussione del luglio 2020 chi tentennava (olandesi, austriaci, ecc.) ha dovuto cedere alle pressioni della Merkel. Del resto, la Germania ha bisogno dell’Italia, tanto come mercato quanto come partner industriale. E naturalmente il discorso vale anche al contrario.



Qualche dato per capire: dal 2008 al 2018, secondo Eurostat, lexport italiano verso la Germania è passato da 37 a 58 miliardi di euro (+56%) mentre lexport tedesco verso lItalia è salito da 50 a 68 miliardi di euro (+36%). Le auto tedesche sono fatte per il 30% da componentistica italiana. Per il nostro paese non esiste intreccio più forte.

All’Italia serve una Germania che non si richiuda, che mantenga verso la crescita l’indirizzo della politica economica europea. Certo, poi dobbiamo anche dimostrarci all’altezza, specie agli occhi di un nuovo governo tedesco in partenza magari non così bendisposto. Spendere bene i fondi del Pnrr, e non rallentare sulla via delle riforme sarà fondamentale. Draghi in questo senso, è la miglior polizza di assicurazione per evitare un ritorno di fiamma dei paesi frugali.



In questo senso, il rapporto privilegiato con Berlino è per l’Italia persino più importante di quello con Parigi, dove pure si avvicina una delicata fase elettorale. Macron ha discrete chances di riconferma, ma ha patito un pesante colpo d’immagine per via dell’accordo a tre fra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, con relativo contratto miliardario per sottomarini di fabbricazione francese finito nel cestino.

Logico aspettarsi che Macron possa rispondere a questo schiaffo cercando di accelerare sulla via della difesa comune europea. Ne parlano da settimane anche Mattarella e Draghi, che la ritengono una necessità, specie dopo la crisi afgana. Se ne parlano i francesi, però, è  lecito sospettare che lo facciano per averne la guida (sono gli unici europei che possiedono l’arma atomica). Una mossa quindi tutta politica, mentre il rapporto con la Germania è giocato essenzialmente sul versante economico. La Francia di Macron sembra fare di tutto per qualificarsi con il vero centro dell’Europa. Non a caso la diplomazia transalpina spinge per la firma entro l’anno del trattato del Quirinale, per strutturare il rapporto privilegiato con l’Italia, in parallelo a quanto fatto da decenni con la Germania. Del trattato si parla da tempo, ma in Italia non c’è la stessa fretta che dimostrano i francesi.

In entrambi i rapporti, con la Francia e la Germania, sono impegnati tanto Mattarella quanto Draghi. E si tratta di un’alchimia complicata, dal momento che l’Italia ha bisogno di entrambi i partner, cercando di evitare la subalternità. La tela di Palazzo Chigi, cauta ed equidistante, e quella del Quirinale, che a volte è sembrato mostrare maggiore simpatia per la Francia, ma che ha una solida amicizia anche con il presidente federale tedesco Steinmeier, da cui si recherà in visita di congedo l’11 e 12 ottobre.

La sfida per il Quirinale prossimo venturo passa anche per la definizione delle priorità italiane in politica estera ed europea. Se ben giocato, il peso dell’Italia può fare la differenza.

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