C’è Borghi che non vuole ridurre l’uso del contante, e però vuole fare la flat-tax: ovvio, vuole anche uscire dall’euro. C’è Di Maio che non ha la più pallida idea di come gestire le crisi Whirlpool e Knorr, per non parlare dei cassintegrati dell’Ilva o della Fca mandata al diavolo dai francesi. Il Paese è imballato, e Moody’s, in un report, liquida con una solenne pernacchia l’embrione di politica economica di questo governo gialloverde sempre più surreale i cui due dioscuri, però, emettono ieri – dopo due mesi di scontri indiretti sanguinosi – una nota congiunta per dire: “Il governo deve andare avanti”.



È il solito pasticcio all’italiana, talmente vieto e trito che neanche più lo spread reagisce come una volta, cioè sembra non dare più peso all’enormità delle cose dette che però non corrispondono mai a quelle fatte e nemmeno fattibili.

Per fortuna che ancora per sei mesi a Francoforte qualcuno ci ama, pur senza dirlo: è Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea. Che ieri ha lanciato un messaggio netto: la politica monetaria deve affrontare con energia la flessione delle aspettative di inflazione. Le decisioni prese, all’unanimità, dal consiglio Bce nella riunione di giugno puntano tutte in questa direzione. La cosiddetta forward guidance (strategia di spinta monetaria alla crescita) è stata prolungata: i tassi resteranno fermi fino alla metà del 2020. Le Tltro – le aste di liquidità a lungo termine finalizzate ai prestiti per le imprese – hanno caratteristiche piuttosto generose, al punto da farne uno strumento non solo tecnico. La Bce, infine, ha detto chiaramente di essere pronta ad agire nel caso in cui la situazione dovesse peggiorare. Non torniamo al cosiddetto “quantitative easing” ma poco ci manca.



E i tedeschi che dicono? Niente, per ora, perché sono smarriti politicamente e nei guai economici (si fa per dire) anche loro.  Dunque non si oppongono alle preoccupazioni della Bce sull’incertezza alimentata dalla lenta evoluzione dell’economia globale con la connessa riduzione della già bassa inflazione.

Le cause avvistate dalla Bce sono essenzialmente il protezionismo americano e la Brexit. La Bce non ha strumenti contro gli effetti dell’aumento dei dazi, ma questo accentua l’apprensione. Per i mercati finanziari, la globalizzazione del commercio era la garanzia di un mondo multipolare e pacifico. Se questo mondo non è più garantito dai commerci, l’apprensione esplode.



Quindi: apprensione per il quadro internazionale, crescita lenta, inflazione bassa, e tassi bassi, per stimolare produzione e inflazione…

Come risolverla? Draghi non ne parla in pubblico ma si sa che sta scegliendo tra un nuovo taglio dei tassi o la riapertura dell’acquisto titoli (Qe).

Nessun riferimento diretto in questo orizzonte all’Italia finché Draghi sbotta quando gli chiedono che ne pensa dei minibot, evocati da qualche scienziato del governo per farsi ridere dietro. Draghi non ha riso e ha detto: “O sono moneta, illegale, o sono debito”.

Nel frattempo le apprensioni per il lento andamento dell’economia contagiano tutto il mondo. Martedì scorso, la banca centrale australiana ha ridotto i tassi di interesse ai minimi storici. Sono ben più ricchi di noi, ma fan fatica anche loro.