I Paesi del Mediterraneo allargato chiamati a raccolta per discutere di sviluppo e immigrazione. La conferenza internazionale convocata alla Farnesina e voluta fortemente dall’Italia ha riunito i Paesi africani, ma anche quelli del Medio Oriente, per cercare di affrontare, insieme ai Paesi di primo approdo dei migranti, il tema delle prospettive di un’area vasta e strategica che ha bisogno di crescere per assicurare un futuro alle nazioni ora in difficoltà e garantire una gestione ordinata dei flussi delle persone che vogliono sbarcare in Europa in cerca di fortuna.



Un vertice, spiega Mauro Indelicato, giornalista de il Giornale e di Inside Over, la cui importanza consiste nel significato politico di questa chiamata a raccolta, dalla quale, si spera, potrebbero nascere accordi bilaterali sul modello di quelli che sono stati stretti dalla Ue con la Tunisia e che puntano allo sviluppo dei singoli Paesi. E con essi di tutta questa parte di mondo.



Qual è stato il senso ultimo della Conferenza internazionale su sviluppo e migranti? Che bilancio si può fare del vertice?

C’è un dato politico importante: l’Italia aspira a un ruolo da protagonista nel Mediterraneo allargato, in Nord Africa e in Medio Oriente. E’ un obiettivo dell’attuale Governo di Giorgia Meloni. Si parla a 360 gradi delle prospettive di tutta questa regione e non lo si faceva da diversi anni. C’è uno sguardo nuovo verso Paesi strategici e importanti.

Operativamente è già stato deciso qualcosa o era solo un primo ambito di confronto per condividere i problemi e la volontà di risolverli?



Il dato politico è quello più rilevante. Sotto il profilo pratico i tempi non sono ancora maturi, occorre vedere come si svilupperanno i rapporti fra l’Europa e i Paesi dell’area e le mosse politiche delle nazioni interessate. A Roma si è tracciato un percorso di collaborazione futura tra le due sponde del Mediterraneo e il Medio Oriente. L’Italia e l’Europa devono tenere conto che in queste regioni può bastare un colpo di vento per sparigliare le carte, ci sono Stati poco stabili su cui pende la crisi del grano ucraino. E’ stata tracciata la base, ora bisognerà vedere come poter costruire.

Quali sono i temi politici su cui si svilupperà questa collaborazione?

A livello mediatico è stato sottolineato il tema dell’immigrazione, però credo che l’elemento più importante riguardi gli scambi commerciali ed energetici, perché nel Nord Africa e nel Medio Oriente si punta molto sulle rinnovabili, non soltanto sul fossile e sul petrolio. C’è la volontà di discutere per rendere economicamente più stabili i Paesi dell’area. Si è parlato anche dello sviluppo di altri settori come quello agricolo per renderli indipendenti dalle tensioni tra Russia e Ucraina che bloccano il grano proveniente da Odessa. Obiettivi a lungo termine su cui si spera di fare quadrato in futuro.

Quali sono i Paesi che, insieme all’Italia, giocano un ruolo importante in questo progetto ambizioso?

Il vertice ha segnato un punto importante nei rapporti tra Italia ed Emirati arabi uniti. È stato organizzato anche su input del presidente degli Emirati, Mohammed bin Zayed, che non a caso è stato tutto il tempo accanto alla Meloni al tavolo dei lavori. Sono i due Paesi che stanno collaborando più intensamente dal punto di vista economico e della sicurezza. Abu Dabi, in questo momento, è il nostro più vicino alleato nella regione. Ciò nonostante l’Italia continua una collaborazione importante con il Qatar e con l’Arabia saudita.

E per quanto riguarda i Paesi del Nord Africa?

La lente di ingrandimento è puntata sulla Tunisia: è il Paese a noi più prossimo e da lì è partita la gran parte dei migranti diretti in Italia. Quello di ieri è stato il quarto incontro faccia a faccia nel giro di un mese tra la Meloni e il presidente tunisino Saied. E’ il Paese su cui l’Italia punta più di altri: se cade la Tunisia, che sta vivendo un momento economico molto delicato, si rischiano effetti domino importanti nella regione. Non bisogna dimenticare poi la Libia sulla quale c’è un dossier aperto che riguarda la mai del tutto finita guerra interna.

Si è parlato anche di questioni umanitarie? Non solo di flussi migratori ma del modo in cui vengono trattati i migranti?

L’obiettivo è di diminuire i flussi migratori ed evitare che i migranti possano finire nella rete dei trafficanti. E’ stata ribadita anche l’importanza della lotta alle reti criminali che gestiscono i traffici di esseri umani. Nello specifico per quanto riguarda i comportamenti da tenere con i migranti è stato chiesto ai Paesi maggiormente coinvolti da questi movimenti di rispettare i diritti umani.

Francia e Germania non sono state invitate alla Conferenza e avrebbero espresso irritazione per questa esclusione. Quali sono i motivi dei mancati inviti?

L’Europa era rappresentata dalla von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Michel. C’era anche il patrocinio della Ue a questo incontro. Per l’assenza della Francia la motivazione che serpeggia nei corridoi diplomatici è che diversi Paesi non la vedono di buon occhio. Al loro interno, infatti (basta pensare alla Tunisia, al Niger, ai Paesi del Sahel) ci sono movimenti di opinione che vedono nella Francia una potenza coloniale che ha impoverito fino agli ultimi anni queste regioni. Ci sono Paesi come il Mali, che non era presente, ma è allineato con la Russia e ha abbandonato i legami con la Francia. C’è anche chi sostiene che Parigi poteva essere invitata ma che avrebbe declinato l’invito a priori, perché infastidita dall’attivismo dell’Italia nel Mediterraneo. Fra Italia e Francia ci sono ancora degli attriti. E’ un punto politico da non sottovalutare.

Cosa ci dobbiamo aspettare, c’è un programma, sono stati già individuati altri passi da compiere nella direzione della collaborazione tra i Paesi invitati?

Al momento non ci sono programmi ufficiali. Si parte da una base: l’accordo dell’Unione europea con la Tunisia, da estendere a tutti gli altri Paesi dell’area mediterranea e mediorientale. Però non c’è un programma vero e proprio. Il memorandum firmato con Tunisi è il modello di riferimento per i rapporti con le altre nazioni. Per ora, comunque, non ci sono altri bilaterali fissati ma un’unità di intenti.

Al vertice della Nato il fronte sud dell’Alleanza atlantica è stato definito come strategico. Come vedono gli Usa, che in quest’area hanno perso molta della loro influenza, l’iniziativa dell’Italia?

Gli Stati Uniti è dai tempi di Obama che sul Mediterraneo non investono più di tanto, tant’è che oggi stanno facendo i salti mortali per rientrare nel dossier libico e contrastare l’eccessiva influenza della Russia nell’area. Devono recuperare un decennio di inerzia. Credo che l’iniziativa italiana, essendo l’Italia un Paese allineato con gli Stati Uniti nella Nato, possa essere vista da Washington come un aiuto da parte di un alleato per ridare un ruolo all’Alleanza atlantica e all’Occidente in questa delicata regione.

 

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