Sui vecchi mutui è fortunato chi ha il tasso fisso, perché non varia ed è conveniente, ma per il resto pagare un mutuo per comprarsi una casa non è più un affare come qualche tempo fa. Colpa dei tassi di interesse cresciuti notevolmente per gli interventi della Bce volti a diminuire l’inflazione. E così per un mutuo vecchio ma a tasso variabile si sborsa il 65% in più, mentre i nuovi mutui sono il doppio rispetto a prima se si parla di tasso fisso e crescono del 50-60% se sono variabili. Un incremento che sta influendo negativamente sul mercato immobiliare, come spiega Enzo Albanese, presidente di Fimaa (Federazione italiana mediatori agenti d’affari) di Milano, Monza Brianza e Lodi.



Presidente, quanto sta influendo sulle compravendite la politica di aumento dei tassi di interesse della Banca centrale europea?

Sta causando una frenata significativa in particolare sul mercato dell’usato, perché nell’arco di pochissimo tempo, dodici mesi, ha completamene stravolto le aspettative. Dopo 8-9 anni di tassi bassi per il mercato era diventato consuetudine pensare a un tasso fisso intorno all’1,5%, anche su mutui di lungo termine. E questo ha aperto una finestra per molti soggetti che ne hanno potuto usufruire. È stato il vero motivo dell’aumento delle transazioni anche nel periodo Covid. Se in 12 mesi, però, il mercato cambia in maniera così repentina molti soggetti fanno i loro conti. E i conti, poi, non tornano più. C’è bisogno di tempo: non è il 4% del tasso fisso che può creare problemi al mercato, perché diventerà la normalità, l’anomalia era il tasso all’1,5%. Ma per far sì che il mercato torni alla normalità bisogna metabolizzare quelle che sono le nuove condizioni.



L’aumento degli interessi dell’ultimo anno è stato, quindi, uno choc anche per il mercato immobiliare? In che termini dal punto di vista numerico?

Assolutamente sì. Non si può parlare di crollo, ma che ci sia una fase riflessiva del mercato è sotto gli occhi di tutti. Basta parlare con gli istituti di credito che erogano mutui. Siamo tutti in attesa dei dati del primo trimestre da parte dell’Agenzia delle Entrate, ma la sensibilità maturata nella nostra quotidianità ci dice che siamo entrati in una nuova fase, molto riflessiva, più sul mercato dell’usato che sul nuovo, perché quest’ultimo ha logiche diverse. Anche sul nuovo, tuttavia, un momento di riflessione c’è.



Il mutuo, d’altra parte, va fatto anche acquistando abitazioni nuove. Per questo un effetto tassi si vede anche lì?

Certo. Se prima pagavo 800 euro e adesso con i nuovi parametri pago 1.200-1.300 euro, è normale che io debba pensarci bene; insomma devo fare bene i conti. Molti saranno costretti, in questa fase, anche ad abbandonare l’idea di comprare casa.

La Bce aumenta i tassi di interesse per frenare l’inflazione. Ma l’inflazione in quanto tale che effetti ha sul mercato? È meglio comunque combatterla aumentando i tassi?

In Italia non andremo incontro a una situazione tipo quella dei subprime nel 2008: oltre il 95% dei mutui erogati negli ultimi tre o quattro anni sono a tasso fisso. Per i pochi che hanno scelto il tasso variabile c’è la norma che permette di passare sul fisso, anche se andando sul fisso sconto quello che sono i tassi attuali. Se tre anni fa ho fatto un mutuo col 3% a tasso fisso e durata trentennale, continuo a pagarlo all’1% per tutta la durata del mutuo. E fortunatamente la maggior parte ha fatto mutui come questo, molto convenienti. C’è chi si è fatto attrarre dal tasso variabile perché era ancor più conveniente, ma sono stati pochi.

Se faccio un nuovo mutuo, però, il tasso fisso è due volte quello di prima?

È anche più di due volte: per un privato siamo nell’ordine del 4%, mentre per un operatore i tassi sono anche intorno al 6,5-7%. Chi vuole fare un’operazione immobiliare con il supporto degli istituti di credito è più a 7 che a 6,5%. E bisogna vedere se riesce ad averlo. Non sono cambiati solo i tassi, ma sono diventati più stringenti le condizioni da parte delle banche. Vale per il privato e per il corporate.

Almeno dal punto di vista del mercato immobiliare l’aumento dei tassi di interesse voluto dalla Bce era inevitabile?

Purtroppo l’Europa ha seguito quello che succedeva dall’altra parte dell’Oceano: negli Usa c’era un aumento dei costi ma anche un aumento dei salari, l’Europa ha avuto un’inflazione dovuta più ai costi energetici. Gestire diversamente la situazione da noi la vedo difficile, perché dipendiamo molto da quello che succede dall’altra parte dell’Atlantico.

Adesso bisogna aspettare che il mercato si stabilizzi?

Pensiamo che per una stabilizzazione, se bene o male succede quello che gli economisti prevedono, cioè una riduzione inflattiva e anche una riduzione di tassi, ci vorranno 24-36 mesi.

Dal punto di vista delle banche cosa cambia?

Se guardiamo gli ultimi bilanci, poco: hanno registrato risultati pazzeschi nel primo trimestre dell’anno, con utili importantissimi.

Sostanzialmente chi paga la situazione adesso sono gli acquirenti?

I consumatori, come al solito, e anche un po’ gli operatori. Lasciamo stare i broker che fanno meno transazioni: questa situazione riguarda anche le nuove iniziative immobiliari, i tassi così alti vengono a pesare sul business plan. Un’operazione pensata a tassi intorno al 2% oggi si trova a fare i conti con il 6-7%.

Chi vuole costruire una casa ci pensa due volte?

Non parte neppure. Non trova gli acquirenti e gli diventerebbe forse anche antieconomico farlo. Quindi avremo una situazione di stallo su alcune iniziative, mentre i privati per un po’ di tempo staranno alla finestra a vedere cosa succede.

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