Il vertice di Washington dell’Alleanza Atlantica non cambia l’approccio alla guerra in Ucraina, rifiutando ogni negoziato e promettendo altre armi a Kiev. Il conflitto a oltranza, però, non giova all’Europa, ma solo agli Stati Uniti, che vogliono una UE in posizione subordinata e la tengono sotto scacco proprio con la guerra. Una strategia, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, confermata anche dalle accuse NATO alla Cina, che rimane il vero grande rivale per gli statunitensi. Infatti, nonostante l’Italia continui a chiedere più attenzione per il Mediterraneo, proprio le nostre navi sono state mandate a Singapore e poi in Australia per un’esercitazione che vuole solo mostrare i muscoli a Pechino.



E anche il “pericolo Trump”, che vorrebbe chiudere in fretta la guerra in Ucraina, non deve trarre in inganno. Chiunque verrà eletto alla Casa Bianca farà gli interessi esclusivamente degli USA: di questo dovrebbe principalmente preoccuparsi l’Europa.

Si è chiuso un altro vertice NATO. Tutto come prima?



La NATO trae le stesse conclusioni del G7. Si parla di continuare a fornire armi all’Ucraina, stanziando 40 miliardi di dollari per l’anno prossimo, senza prefigurare nessuna svolta militare: Kiev avrebbe bisogno sì di armi, subito, ma soprattutto di 200mila soldati addestrati. Il summit di Washington arriva alle solite conclusioni, con uno sviluppo politico ancora più marcato, come i riferimenti critici alla Cina, che viene accomunata alla Nord Corea e annoverata tra i Paesi cattivi che aiuterebbero militarmente la Russia.

Si è tornati anche a parlare degli F-16, la cui fornitura è annunciata da tempo.



Se ne parla da due anni. Ne forniranno un po’ a fine estate, ma voglio vedere dove li metteranno: negli ultimi tempi Mosca ha colpito diversi aeroporti ucraini sorvegliati da droni russi. Il che vuol dire che la difesa aerea ucraina ha dei buchi. Gli F-16 non cambieranno nulla nella guerra: non so quante ore di volo siano rimaste a questi aerei, che furono consegnati a Olanda, Belgio, Danimarca e Norvegia nei primi anni 80. E poi tutti i report dicono che anche le armi più sofisticate fornite all’Ucraina nel giro di poche settimane hanno perso gran parte della loro letalità: i russi imparano in fretta ad averci a che fare e trovano le contromisure. Intanto, l’Ucraina sta perdendo terreno tutti i giorni su tutti i fronti, esclusa Kherson perché lì c’è il Dnepr.

Stoltenberg ha respinto ancora l’offerta di Putin di trattare sulla base dello status quo ed escludendo l’entrata di Kiev nella NATO. Di negoziare non se ne parla?

Putin ha offerto di negoziare in un momento in cui i russi avanzano, Tajani ha detto che il sostegno all’Ucraina serve per indurre Mosca a negoziare, ma Stoltenberg ha rifiutato la proposta del Cremlino. Il segretario della NATO dovrebbe parlare a nome di tutti i Paesi dell’Alleanza. Ha chiesto loro chi è disposto ad accettare la proposta di pace di Putin? L’hanno bocciata tutti? Penso che almeno l’Ungheria non lo abbia fatto. Quindi, a che titolo Stoltenberg dice di no? Quando attacca la Cina perché fornisce supporto ai russi, peraltro non dimostrato, si è consultato con i membri della NATO? Se sono dichiarazioni fatte a nome dell’Alleanza, devono essere condivise da tutti; se parla perché ha il via libera dagli angloamericani, c’è un problema serio: non si tratta più di un’alleanza, ci sono due nazioni che danno gli ordini e il leader ufficiale ripete gli ordini ricevuti. Tutti gli altri sono sudditi. Sono aspetti formali, ma che sono anche sostanziali, di cui nessuno si occupa.

Alla fine di questo come di altri summit si è preso di mira Pechino, accusata di sostenere la Russia nel contesto della guerra in Ucraina. La NATO ha sposato la politica americana che vede come priorità il contrasto alla Cina?

La NATO ormai è composta da Paesi che hanno un rapporto di sudditanza con gli USA: ci sono nazioni, Italia in testa, che chiedono maggiore attenzione al fianco Sud, al Mediterraneo, la cui instabilità è evidente da anni. Un’instabilità che risale al 2011, conseguenza diretta delle primavere arabe, sovvenzionate dagli USA, e della guerra scatenata da angloamericani e francesi in Libia. Ma i nostri alleati continuano a negare a Roma un maggior impegno sul fianco Sud. In compenso, utilizzano la NATO per mobilitarla sul fronte che interessa di più a loro, quello del Pacifico. Così abbiamo un gruppo navale italiano, con la portaerei Cavour, che era a Singapore e oggi in Australia per esercitazioni che servono a mostrare i muscoli alla Cina: agli americani non interessa provare a mettere in sesto quel fianco Sud che hanno contribuito a destabilizzare.

Una conferma dei rapporti di forza?

È la dimostrazione della sudditanza con cui gli europei affrontano i temi strategici. I vuoti in geopolitica non esistono: se li lasciamo noi in Africa, li stanno riempiendo russi, cinesi e turchi, come succede nel Sahel. Però accettiamo di mandare 15 aerei da guerra in Australia e un gruppo navale con la portaerei. Non vedo la necessità di impegnare l’Italia nello stretto di Taiwan, mentre mi piacerebbe che i nostri alleati ci dessero una mano nel Nordafrica.

La Meloni ha chiesto che sia italiano l’alto rappresentante NATO per il fronte Sud. Ce lo concederanno? O sarà comunque un contentino?

Anni fa ci hanno dato l’hub di Napoli, che di fatto è un centro studi sul Mediterraneo meridionale; se anche questa carica dovesse andare a un italiano, non si tratterà di una svolta. Non vedo né nella NATO né nella UE la volontà di dare all’Italia uno spazio di manovra.

Un eventuale arrivo di Trump come nuovo presidente degli Stati Uniti potrebbe cambiare qualcosa nella NATO?

Considerato che Biden non è in grado di intendere e di volere, e che quindi dietro di lui continueranno a governare i neocon, chiunque vinca nelle presidenziali farà gli interessi degli americani. E l’interesse degli USA da molto tempo è di avere un’Europa più povera e più indifesa, vassalla ed esposta a costante minaccia di guerra. La proposta di ingresso dell’Ucraina nella NATO meriterebbe che i Paesi che non sono d’accordo manifestassero il loro dissenso. I Paesi europei non vogliono l’Ucraina nell’Alleanza, perché vorrebbe dire guerra perenne con la Russia. Chiunque vinca in America, insomma, avrà l’interesse di impoverire e tagliare le gambe all’Europa: che sia Biden o Trump non cambia.

Trump, però, è già stato esplicito su come agirà in relazione alla guerra in Ucraina.

Il 9 luglio ha scritto su X: l’America ha dato più di tutti agli ucraini, per pareggiare i conti gli europei dovrebbero sborsare 100 miliardi di dollari. Nel suo primo mandato aveva sostenuto che l’Europa doveva spendere di più per la difesa. Ed è meglio se quel qualcosa in più lo si spende comprando dagli americani. A Trump interessa chiudere il conflitto e, secondo me, Orbán sta facendo l’ambasciatore del piano di pace del tycoon: l’ha portato a Kiev, a Mosca, in Cina e in Turchia, non in Europa perché non conta niente. Infatti, tornerà in America a riferire com’è andato il giro.

Come se nel esce?

A questo punto, chi non condivide l’idea che la guerra debba proseguire a oltranza deve alzarsi in piedi e dirlo anche all’opinione pubblica. Trump può cambiare il conflitto, decidere che finisca, ma non ha interesse a far scoppiare la pace: potrebbe dire che l’Europa non è stata all’altezza della sfida e che deve spendere di più, comprando, appunto, armi americane. L’industria militare europea, d’altronde, è il principale concorrente di quella USA sui mercati che acquistano armi occidentali.

(Paolo Rossetti)

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