Due fatti in rapida successione aggiornano il quadro politico in Niger. Ieri la giunta militare golpista ha formato un governo, composto da 21 ministri e presieduto dall’economista Ali Mahaman Lamine Zeine. Per tutta risposta, i Paesi della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) riuniti ad Abuja (Nigeria) hanno dato mandato ai militari di mobilitare una forza di intervento armato. Non è ancora il via all’operazione militare, quanto piuttosto un nuovo avvertimento. Nello stesso tempo, infatti, autorità dell’Ecowas hanno ribadito la volontà di ripristinare l’ordine “con mezzi pacifici”. I militari di Niamey hanno fatto sapere che in caso di intervento il presidente Bazoum verrebbe giustiziato.
Abbiamo fatto il punto con Giuseppe Morabito, generale dell’esercito con all’attivo diverse missioni in numerosi teatri operativi, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation.
Il governo nigerino appena varato dalla giunta militare è una sfida al vertice Ecowas di Abuja. Forse anche alla Francia. Adesso cosa dobbiamo aspettarci?
Partiamo dell’evidenza che l’Ecowas minaccia di intervenire militarmente in Niger, quando quattro degli Stati membri più potenti dell’organizzazione sono guidati da governi golpisti. Era naturale che il processo di legalizzazione del golpe non si fermasse alla nomina di un civile al Governo del Niger, il cinquantottenne Lamine Zeine, economista, nominato il 7 agosto. È conosciuto dai nigerini e vanta una reputazione di tecnocrate capace e competente.
Cosa intende per legalizzazione del golpe?
L’ex segretario generale del ministero della Difesa del Governo Bazoum, il generale Didilli, è stato nominato alla guida dell’Hacp (Alta autorità per il Consolidamento della pace), un’istituzione pubblica nata nel 1995 che si occupa, prevalentemente, di controllare gli accordi di pace concordati con i gruppi ribelli Tuareg. Il generale golpista Tchiani ha iniziato a costruire la struttura del Governo impiegando ex componenti della giunta Bazoum.
L’obiettivo?
Togliere argomenti e forza a coloro, africani e occidentali, che vorranno mettere in discussione questo avvicendamento di potere nello scenario africano.
L’Ecowas sembra inseguire la situazione. Come commenta la decisione del summit di Abuja?
Come ho già rilevato, un intervento armato va attentamente organizzato e occorre tempo. Va evidenziato che i partner occidentali e africani del Niger sono divisi sulla questione dell’intervento militare per restituire il potere ai civili. È un elemento aggiuntivo non di poco conto.
Cosa sta facendo l’Unione Europea?
Sta seguendo da vicino la situazione e sostenendo con forza le azioni e le decisioni prese dall’Ecowas, ma la situazione è in evoluzione e ogni mossa va valutata con molta attenzione.
Può essere più esplicito?
Anche non riconoscendo il colpo di Stato militare e coloro che hanno preso il potere in modo illegittimo, bisogna riflettere sulle conseguenze che potrebbero esserci se la minacciata sospensione di tutti gli accordi e programmi Ue attivi con il Niger fosse attuata.
La Francia si affida alla Ue e all’iniziativa dell’Ecowas oppure ha una sua strategia indipendente?
Parigi farebbe bene, questa volta, ad agire di concerto con tutto l’Occidente, anche perché nella questione sta intervenendo pesantemente la Russia.
Per l’Italia sarebbe di grande importanza sapere quale rapporto intende instaurare Niamey con le autorità libiche della Tripolitania e della Cirenaica, senza contare l’indecifrabile Fezzan. Cosa sappiamo in proposito?
Il colpo di Stato in Niger potrebbe effettivamente avere un impatto significativo sulla situazione in Libia in diverse aree. Al momento il governo golpista non fa politica estera con la Libia ma se americani, francesi e italiani saranno costretti a cessare le operazioni in Niger, questo darà alle organizzazioni terroristiche molto più spazio di manovra. È probabile un impegno del gruppo Wagner da parte del nuovo regime militare, ma non saranno in grado di compensare il sostegno occidentale e come conseguenza è prevedibile un aumento delle attività terroristiche anche nel sud della Libia.
E sul fronte dei flussi migratori?
Si può presumere che il nuovo regime in Niger non avrà alcun particolare interesse ad arginare l’immigrazione clandestina. Anzi, è del tutto possibile che promuovano tacitamente l’emigrazione, anche alla luce degli sviluppi demografici in Niger. Ci si può aspettare un aumento significativo del numero di valichi di frontiera verso la Libia.
Se la situazione in Niger dovesse degenerare ulteriormente e scoppiasse una guerra civile?
È probabile che alcune delle tribù del Fezzan libico si impegnerebbero nei combattimenti, il che potrebbe a sua volta destabilizzare ulteriormente la Libia meridionale, mentre non credo che questo avverrebbe per le due macro-aree che si affacciano e si fronteggiano sul Mediterraneo. Va detto però che le basi aeree di Al Khadim, a sud di Al Bayda, e di Hun-Waddan presso l’oasi di Al Jufra, sembra siano utilizzate come basi logistiche, punti di sosta e rifornimento per voli Wagner a sud del Sahara.
Questo cosa comporta?
Se Wagner stabilisce una solida presenza in Niger, l’importanza delle sue basi in Libia aumenterà. Diventerà ancora più difficile far uscire Wagner sia dalla Libia, sia dallo stesso Niger.
Ci sono le condizioni perché l’Italia possa avere un suo ruolo nell’area?
La nostra Ambasciata in Niger è ancora aperta; vuol dire che il Governo italiano pone molta attenzione a quanto avviene in Niger e intende fare una azione diplomatica attenta. Va detto che sanzioni pesanti potrebbero peggiorare la situazione e regalare il Niger a Russia e Cina. Il “Piano Mattei” potrebbe avere dei fastidi da una guerra nell’area e azioni azzardate francesi creerebbero ancora più danni all’immigrazione clandestina di quanti ne hanno create con le sciagurate iniziative in Libia ai tempi di Gheddafi.
(Federico Ferraù)
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