Gli Stati africani raccolti nell’Ecowas hanno assunto rispetto alla questione del gruppo di comando golpista in Niger una soluzione che pare interlocutoria e incerta, ma che invece è densa di insegnamenti.
In primo luogo, certo non si rifiuta qualsivoglia intervento militare, ma nel contempo si prende tempo per riorientare la politica estera di quelle nazioni africane raccolte nell’Ecowas in una guisa che pone le basi per una nuova e diversa politica. Mi riferisco all’orientamento che le borghesie di quegli Stati stanno assumendo rispetto alle vecchie centrali europee dell’accumulazione capitalistica. Il rifiuto della giunta golpista del Niger di continuare a rifornire di uranio le centrali francesi apre una nuova prospettiva dei rapporti tra centro e periferie capitalistiche. Le antiche borghesie compradore africane – ossia dipendenti dalle “super borghesie” europee – stanno scegliendo vie diverse, ma tutte orientate al radicamento “nazionale”: una via organica al superamento della dipendenza. Le architravi politico-economiche degli inizi di questa nascita autoctona sono la Nigeria e il Marocco.
Non a caso queste due nuove grandi potenze nazionali – né anglosferiche, né francofile – sono impegnate nella costruzione di quello che sarà uno dei più grandi sistemi di trasmissioni gasifera del mondo: un sistema che dovrebbe rendere meno dipendente sia dagli Usa, sia da ciò che rimane della Russia imperiale, di fatto già sconfitta nella guerra di aggressione all’Ucraina. Naturale che una simile trasformazione impensierisca profondamente sia la Francia, sia gli Usa, sia la Russia.
Tutti questi blocchi borghesi globali rispondono in forme confliggenti tra di loro e dimostrano che una nuova fase di conflitti interimperialisti si è aperta proprio scaricando la crisi sui rapporti economici politici e militari tra centro e periferia.
Ma in un sistema di relazioni internazionali a frattali ormai esistono molti centri e molte periferie. I due più grandi centri, ossia Usa e Cina, vanno verso un decoupling economico, mentre le periferie cercano a tentoni un percorso di nascita di borghesie non più compradore (ossia che trovano il loro tasso di profitto intermedio e meno subalterno nelle relazioni economiche di ogni genere tra centri e periferie) e quindi dotate di un più alto grado di autonomia. I modelli sono quelli del Kazakistan, della Turchia e del Brasile, che si ispirano a una multilateralità estesa tanto nelle reti economiche, quanto nelle relazioni diplomatiche.
Fuori controllo, in questa frattalica composizione di forze tra politica ed economia, sta l’offensiva jihadista, che crea continuamente situazioni di crisi. E altresì fuori controllo è la lotta tra nazioni africane anglosferiche e francofone che ha la sua acme nella questione congolese, ossia dei due Stati congolesi che emanano ancora i fetori di un genocidio a guida francese che segnerà per molto tempo le relazioni interstatali.
Insomma, la questione del Niger è decisiva per come si evolverà e per come già si è evoluta l’Africa sub-sahariana.
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