L’Italia è vicino all’immunizzazione di massa, ad avere la maggior parte della popolazione completamente vaccinata, e a dare la luce verde per il ritorno alla normalità. Ma la prima vera prova dell’uscita effettiva dal tunnel arriverà solo in autunno, con la ripresa del freddo. Non vi sono certezze sulla possibilità di una nuova ondata, mentre già oggi il pericolo della “variante Delta” del virus si affaccia.



In Gran Bretagna, dopo alcuni primi entusiasmi sulla ritirata dell’epidemia per la vaccinazione quasi di massa con AstraZeneca, i contagi sono tornati ad aumentare. Così sono riprese misure cautelari per l’arrivo della variante indiana, più infettiva del virus “vecchio” europeo. Forse AstraZeneca dimostra anche di essere meno “protettiva” del previsto?



Una cosa analoga è capitata in America Latina dove una vaccinazione abbastanza diffusa con prodotti cinesi non ha fermato l’avanzata del male.

In realtà ci sono ad oggi tanti vaccini in circolazione, con efficacia diversa e questioni politiche forti alle spalle: Pechino vuole il riconoscimento del suo vaccino come equipollente a quelli europei per motivi politici, anche se forse non è così nella pratica. Ci sono poi difficoltà oggettive nella produzione e distribuzione del prodotto ed è difficile pensare che otto miliardi di terrestri vengano vaccinati celermente.

Nel frattempo il virus varia, colpisce dove non si pensava e con forza inattesa, come sta capitando in India e forse comincia ad avenire anche in Europa. Non è impossibile allora pensare che nuove varianti possano arrivare in autunno e dopo la pausa estiva si ritorni a misure di cautela. Di certo le vaccinazioni anti-Covid dovranno continuare almeno per qualche anno.



Nell’antichità le epidemie si muovevano lentamente per il pianeta sui piedi dei viaggiatori o a bordo delle navi a vela o a remi. Sterminavano la gente in un posto e dopo circa un anno passavano oltre, lasciando i sopravvissuti immunizzati.

Oggi i trasporti aerei fanno viaggiare più velocemente tutto, comprese le malattie. Le moderne vaccinazioni e misure di isolamento impediscono le stragi, ma prevengono anche l’immunizzazione certa dei sopravvissuti. Ora è oltre un anno che l’epidemia è cominciata, ma non è chiaro quando davvero finirà.

Questa è la prima grande pandemia del mondo moderno, un evento epocale, e se ne sa ancora molto poco. In Cina non prevedono di togliere le misure di quarantena per gli arrivi dall’estero prima della seconda metà dell’anno prossimo, ma i tempi potrebbero allungarsi. Ci sono questioni politiche legate al virus, ma c’è anche che non si sa con certezza quale sarà l’andamento dell’epidemia nei prossimi mesi.

Inoltre, storicamente, ci sono sempre grandi crisi politiche ed economiche legate alle epidemie, dopo la malattia stessa. In questo caso la malattia è stata oggettivamente un acceleratore delle tensioni tra Usa e Cina che, per facilità di comprensione, chiamiamo seconda guerra fredda. Finita l’epidemia si entra in un territorio completamente sconosciuto e nuovo, dove tensioni e recriminazioni potrebbero esasperarsi.

Tutto questo avviene mentre in Italia la situazione politica resta estremamente fragile. A gennaio scade la presidenza di Sergio Mattarella e di fatto suona la campana anche per il governo di Mario Draghi, dove il presidente ha avuto un grande ruolo. C’è un problema di dare continuità a Draghi, come già scritto, ma c’è anche il problema che anche un eventuale Mattarella 2 non sarebbe come il Mattarella 1 di sette anni prima.

Inoltre i partiti, tutti molto deboli, oggi temono e subiscono un Draghi che vedono “comandino”. Lo vorranno per questo mandare al Quirinale per dare garanzie di continuità? Ciò potrebbe significare anche subirlo in maniera più smaccata.

Tutto ciò mentre la seconda guerra fredda è nel mezzo dell’Italia senza che l’Italia se ne renda conto. Infatti, nel Paese gente ingenua e oggettivamente impreparata ha aperto male alla Cina, in un momento in cui le tensioni intorno al paese asiatico aumentavano in maniera esponenziale.

In questo aumento di tensioni i rapporti tra alcuni leader del M5s, partito di maggioranza relativo, e la Cina sono diventati poco chiari e di fatto minano la stessa maggioranza. Non solo, lo stesso PD che guarda solo alle questioni interne del M5s e non a quelle esterne cammina oggettivamente su un filo di lana.

Né tali questioni esterne smetteranno di pesare nelle prossime settimane e mesi anche al di là delle ormai mille spaccature più o meno insanabili del Movimento tra vecchio leader carismatico Giuseppe Grillo e nuovo capo politico Giuseppe Conte, anzi.

Al G7 gli Usa nel comunicato finale volevano mettere il rischio di guerra con la Cina. L’opposizione di Germania, Francia e Italia lo ha impedito, ma così la questione politica è paradossalmente più forte, perché tutti oggi sono ben coscienti della possibile deriva futura.

Questo è particolarmente grave per l’Italia che, come nella prima guerra fredda, ha un partito “in combutta col nemico”. Allora era il Pci, idealmente legato all’Urss, oggi è il M5s apparentemente vincolato alla Cina per interessi. Diversamente da allora, i vecchi comunisti se cambiavano idea cambiavano posizione, i pentastellati invece, senza ideali, potrebbero ora essere ricattabili e quindi nell’impossibilità di cambiare posizione.

Draghi qui può combattere l’epidemia, cercare di indirizzare il Pnrr, ma come fa anche a gestire tali delicatissimi equilibri interni ed esterni? Egli cammina su un filo che, ora si vede, anche dondola e sobbalza.

Il tutto avviene mentre sta per cominciare il semestre bianco e ci saranno a ottobre furibonde elezioni amministrative. In tali condizioni sarebbe meglio andare al voto prestissimo. Ma il 90% dei parlamentari non vogliono, perché sanno che perderanno così stipendio e pensione.

Quindi la risposta pratica, e anche ragionevole, è quella per ora di spazzare lo sporco sotto il tappeto, solo che questo non è una manciata di polvere, ma un elefante.

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