Salvatore Abruzzese, nel suo articolo uscito in occasione della scomparsa di Silvio Berlusconi, riconduce giustamente l’emergere del berlusconismo alla crisi della Democrazia Cristiana.

Lord Acton ha scritto che il potere corrompe ed il potere assoluto corrompe assolutamente. Attraverso l’esercizio del potere la Democrazia Cristiana progressivamente si trasforma da partito che difende laicamente una certa idea dell’uomo (l’immagine cristiana della persona umana) in partito dello Stato e del potere. Guadagna il consenso non intorno ad un progetto di società, ma distribuendo benefici alle diverse categorie sociali che la votano.



Per la verità questa corruzione della politica non è un fenomeno solo italiano. Questa distribuzione di benefici si fa però tanto più difficile quanto più il Prodotto interno lordo smette di crescere. Negli anni 80 non c’è più un surplus da redistribuire ma, se mai, dei sacrifici da affrontare insieme. Per un poco il sistema tiene, continuando a redistribuire ricchezza che non viene prodotta, cioè aumentando il debito pubblico. Naturalmente a un certo punto il peso del debito diventa troppo alto ed il sistema cessa di funzionare.



Chi aveva capito tutto era stato Aldo Moro. Moro voleva la democrazia dell’alternanza. Voleva che la Dc andasse all’opposizione per potersi liberare dalle incrostazioni clientelari e tornare ad essere partito di proposta politica ispirato ad una visione cristiana della persona umana. Per portare la Dc all’opposizione era necessario che il Pci governasse. Ovviamente, perché questo fosse possibile, il Pci doveva liberarsi integralmente dalla sudditanza all’Unione Sovietica e dare garanzia della sua piena accettazione del sistema democratico occidentale. L’interlocutore ovvio di questo progetto era Berlinguer. Prima dell’alternanza, inoltre, era necessario un periodo (breve) di governo comune di Dc e Pci per scrivere insieme le regole del nuovo sistema. Nel nuovo sistema il vincitore delle elezioni doveva avere tutto (e solo) il potere di governare.



Tutto il potere di governare: il sistema precedente, consociativo, dava all’opposizione poteri di veto che impedivano al governo di sviluppare un serio progetto politico.

Solo il potere di governare: il sistema consociativo dava al governo la possibilità di comprare il consenso determinando assunzioni e carriere in tutte le aree della vita del Paese. Era necessaria una riforma liberale e meritocratica che sciogliesse l’intreccio insano di affari e politica.

Moro e Berlinguer sono morti senza portare a termine questo disegno.

Negli anni 90 il vecchio sistema crolla. Mani pulite poteva essere l’occasione per imporre una riforma morale della politica. È stata invece pilotata in modo tale da distruggere socialisti e Dc risparmiando il Partito comunista. Il Paese si avviava verso un regime autoritario, non comunista ma guidato dal Partito comunista. Ci si avviava non per una intenzione autoritaria della sinistra ma per la mancanza di una forza equilibratrice che garantisse, appunto, una democrazia dell’alternanza.

Quel processo politico lasciava senza rappresentanza una vasta area del Paese che per ragioni economiche, sociali e culturali non si sentiva rappresentata dalla sinistra e non avrebbe mai votato per la sinistra. In quell’area (più o meno la metà del Paese) potevano in quel momento mettere facilmente le radici movimenti autoritari di destra e nostalgici del fascismo. La Dc, travolta dalla sua crisi, rinunciò a rappresentare il suo elettorato.

È qui che entra in campo Berlusconi. Berlusconi offre a quest’area del Paese una rappresentanza democratica. Bisogna qui riconoscere anche i meriti di Fini. Avrebbe potuto rilanciare il vecchio Msi con tutte le sue nostalgie fasciste. Decide invece la svolta di Fiuggi e la nascita di Alleanza nazionale. Forza Italia reclama esplicitamente l’eredità della Democrazia Cristiana, rassicura i ceti clienti della Dc che temevano la vendetta dei “comunisti” ma anche avanza una proposta liberale di separazione dell’economia dalla politica, di ripristino della logica del merito e della competizione leale, di liberazione delle energie vitali del Paese. Soprattutto esprime fiducia nella capacità dell’Italia di uscire dalla crisi e di riprendere la via dello sviluppo. Il suo successo deriva dalla paura del “comunismo” ma anche dalla sua proposta di liberare le energie del Paese. Berlusconi si offre come costruttore di uno dei pilastri della democrazia dell’alternanza.

Il disegno non è riuscito.

La democrazia dell’alternanza chiede un livello elevato di legittimazione reciproca delle forze politiche. Una parte della magistratura decise invece di delegittimare Berlusconi e di dividere il campo politico secondo le linee della guerra civile del 1943-45. Delle inchieste di quegli anni contro Berlusconi nessuna è andata a buon fine. Berlusconi davanti all’offensiva giudiziaria ed alla minaccia per il suo patrimonio e per la sua persona ha perso lucidità. La sua guerra personale con la magistratura ha oscurato il disegno politico. Ovviamente la democrazia dell’alternanza non può sussistere senza una livello alto di legittimazione reciproca. E non può iniziare senza un accordo per dettare le nuove regole di sistema. C’è stato invece il massimo di delegittimazione reciproca e la paura ossessiva dell’“inciucio”. C’è stata la lotta all’ultimo voto per vincere le elezioni che ha esposto l’uno e l’altro schieramento ai ricatti di tutte le lobbies che potevano offrire qualche migliaio di preziosissimi voti.

La democrazia dell’alternanza chiede partiti democratici. Io feci entrare Berlusconi nel Partito popolare europeo in cambio della promessa di fare un partito vero insieme con gli ex democristiani. Per un poco Berlusconi ci ha provato, poi ha pensato che per la guerra che doveva combattere lui contro i giudici un partito democratico sarebbe stato un impaccio e forse anche un pericolo.

Il compito di fare la grande riforma e di rimettere in movimento un sistema bloccato è ancora davanti a noi.

Su Berlusconi le parole più vere le ha dette l’arcivescovo di Milano: ha cercato il suo bene ed anche il bene della Nazione. Non sempre ha saputo tenerli distinti e non sempre ha privilegiato il bene della Nazione. È stato un cattivo cristiano ma non peggiore di me. Non sarò io a scagliare la prima pietra.

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