Domenica scorsa Beppe Grillo se ne è uscito con una delle sue solite frasi ad effetto sulle “brigate con il passamontagna” a difesa del reddito di cittadinanza. E visto che alla manifestazione del M5s era pure presente la leader Pd Elly Schlein, è scattata l’immediata polemica dentro e fuori il suo partito per il ruolo da tenere con l’altra e concorrente forza di opposizione. Credo che la questione delle battute del guitto genovese sia solo una sciocchezza, un pretesto, anche perché la realtà ha già dimostrato come la politica di Grillo si riduca alla fine a fare solo queste battute. I fatti hanno già sottolineato la sua superficialità e incompetenza politica.
Il vero problema per il Pd non è quindi andare o scappare da un comizio grillino, ma cercare e soprattutto scegliere una propria linea politica autentica e coerente. Attaccarsi alle parole, per lo più di un (ex) comico, è solo un atteggiamento superficiale per evitare di affrontare i problemi, esattamente quanto le polemiche contro la Meloni quando si vogliono vedere a tutti i costi i risvolti fascisti delle battute di questo o quel suo collaboratore. È la sostanza che conta: il Pd è, per esempio, pro o contro il reddito di cittadinanza, lo vuole ancora oppure no? È uno dei mille dubbi che la Schlein dovrebbe sciogliere, e invece per ora gira in tondo dovendo contemporaneamente tenere a bada (anzi coccolando) la sinistra del partito e chi vuole lasciarlo proprio per questo.
Certamente le frasi scontate o di effetto della segretaria aiutano a tirare a campare per un giorno, ma davanti al primo nuovo problema pratico si ritorna daccapo, perché il Pd insiste a non voler (o poter) scegliere una linea chiara sulle cose importanti (guerra, economia, alleanze) e quindi si continua nell’equivoco. Questa insicurezza o impossibilità di scegliere avviene su tutti i fronti e la base già lo percepisce bene, soprattutto perché l’elettorato storico del partito (che è cosa diversa dai vertici e dalle strutture) comprende “a pelle” come l’anima vera della Schlein sia propria di quella sinistra radical-chic distante anni luce dai problemi di quella che fu la classe operaia.
Infatti la Schlein si esprime chiaramente su alcuni temi dove “sente” la specifica problematica (vedi quella di genere), mentre su altri è portata a sottovalutarli nella loro importanza proprio perché non sono né suoi né della classe sociale che rappresenta. Entrambe stanno all’interno del mondo della sinistra (che è di per sé una galassia), ma che avendo diverse priorità può essere tenuta insieme solo su alcuni temi (antifascismo, anti-melonismo ecc.) ma poco su altri. Questo è il punto: la base Pd non è quella che interpreta la segretaria (pensiamo ai problemi sociali) e se anche la componente operaia e pensionata nel Pd è in rapido declino, ne rappresenta comunque la massa votante. Si osserverà che la Schlein è stata votata solo pochi mesi fa (ricordiamoci, solo da poco più della metà dei votanti) ma è stata eletta – al netto di infiltrati – più “contro” l’altra faccia della leadership democratica che veniva proposta (ovvero quella propria della continuità, della struttura e della gestione del potere, non sempre limpida nei modi e nei fatti) che per meriti propri.
Diciamo che il popolo votante alle primarie Pd, peraltro negli anni sceso alla metà della metà, ha forse preferito il male minore, ma non è già più entusiasta della scelta, rischiando la Schlein di diventare presto solo la settima vittima sacrificale di un partito che usa cannibalizzare la propria segreteria. Di fondo, infatti, la vera scelta che non si vuol (o non si può) prendere in casa Pd è se puntare al voto di protesta in concorrenza a Conte-Grillo oppure lasciare ai grillini la comoda rendita dell’opposizione, che assicura comunque un bel pacchetto di voti, certi ma sterili, per faticosamente cercare la strada di costruire con altri (chi?) una alternativa seria alla Meloni oggi galoppante.
Per farlo non servono opposizioni preconcette, ma piuttosto posizioni concrete alternative e sostenibili, necessariamente non demagogiche. Gira e rigira la Schlein però, almeno per ora, le scelte non le fa e neppure le accenna, limitandosi ad una specie di ping-pong indossando contemporaneamente l’una o l’altra casacca. Una posizione di mera sopravvivenza che alla fine logora.
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