Nel primo appuntamento del 2024, Federal Reserve e Banca centrale europea hanno lasciato invariati i tassi di interesse, creando non pochi malumori, soprattutto in Europa. Tuttavia, Fondo monetario internazionale e Ocse sembrano dar loro ragione: nei loro ultimi report, infatti, hanno evidenziato che l’inflazione è in discesa, e continuerà a scendere, ma hanno invitato le Banche centrali a essere prudenti e a non tagliare troppo presto i tassi. Per comprendere meglio la situazione, Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, ci ricorda che «occorre distinguere l’inflazione headline da quella core. La prima, a differenza della seconda, comprende anche due grandezze, energia e beni alimentari, i cui prezzi variano anche in base a circostanze che non sono puramente economiche, come le guerre o le avversità climatiche. Negli ultimi mesi, l’inflazione headline è scesa molto più di quella core, che resta ancora distante dal 2%. Dal punto di vista delle Banche centrali, quindi, l’inflazione non è ancora sconfitta».
Per far scendere l’inflazione core basta, quindi, tenere alti i tassi di interesse?
No. Bisognerebbe che i Governi attuassero una politica economica volta a favorire una crescita della produttività del lavoro. In questo modo aumenterebbe l’offerta e, quindi, i prezzi scenderebbero. Generalmente sul fronte pubblico questo può avvenire tramite investimenti diretti alla realizzazione o alla manutenzione di infrastrutture fisiche, come quelli previsti nel Pnrr.
Occorrerebbe anche incentivare gli investimenti privati che non sono favoriti da tassi di interesse elevati?
Sì, ma occorrerebbe prima mettere in campo una vera politica industriale, cosa che non si fa da parecchio tempo, soprattutto in Europa. Ce ne stiamo accorgendo ora che Byd, emergente costruttore di automobili cinese, si appresta ad aprire impianti sul territorio dell’Ue e, grazie a un vantaggio tecnologico, soprattutto sul terreno delle batterie, potrebbe diventare in breve tempo leader del mercato delle vetture elettriche, visto anche il prezzo a cui vengono vendute.
Di fatto i produttori europei rischiano di essere spiazzati…
Non è un caso che l’Amministratore delegato di Stellantis abbia parlato della necessità di sussidi per mantenere la produzione di auto elettriche nel nostro Paese. I produttori europei sono molto preoccupati, perché i cinesi stanno ponendo le basi per diventare i leader dell’automotive. E se cominciano ad avere stabilimenti sul suolo dell’Ue diventa complicato pensare a una difesa tramite barriere doganali. Questo discorso sull’automotive vale per anche per altri settori dell’industria europea: non sembra esserci più la forza propulsiva per mantenere o creare una leadership, la prospettiva è quella di essere superati. Per questo servirebbe una politica industriale, possibilmente europea. Finora si è risposto realizzando prodotti che costassero meno, invece serve innovazione.
A suo avviso l’Ue dovrà rivedere il percorso di transizione energetica, quanto meno a livello di obiettivi intermedi?
Penso che la logica sia questa. Nel frattempo saranno necessari dei chiarimenti, a partire dalla possibilità di considerare o meno il nucleare come fonte di energia pulita.
Intanto le previsioni economiche mostrano che rischia di ampliarsi il distacco tra Ue e Usa.
Sì, anche se va detto che gli Stati Uniti non stanno attraversando un momento molto florido. Restiamo sul caso dell’auto elettrica: Tesla sembrava leader mondiale indiscussa, ma nell’ultimo trimestre del 2023 è stata battuta proprio da Byd. Se guardiamo a Wall Street, le sue quotazioni sono di fatto trainate da sette titoli, mentre gli altri non hanno performance così straordinarie.
Pensa ci sia il rischio in prospettiva che possa aumentare la competizione tra Ue e Usa anziché una collaborazione?
Di fatto gli Usa con l’Inflation reduction act, che offre incentivi a chi produce all’interno dei suoi confini, e l’Ue con il Carbon border adjustment mechanism, una sorta di tassa sui beni prodotti con alte emissioni inquinanti, hanno varato misure che vanno nella direzione opposta rispetto a una collaborazione. Quindi, questo rischio esiste.
(Lorenzo Torrisi)
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