L’Istat ha diffuso la seconda stima del Pil nel quarto trimestre del 2023, confermando la crescita congiunturale dello 0,2% dell’economia italiana già indicata nella stima preliminare di fine gennaio. Rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente la variazione tendenziale è stata invece del +0,6%, in lieve rialzo rispetto allo 0,5% della stime preliminare di due mesi fa. Una piccola crescita, in sostanza, che è apprezzabile se si considera che l’Italia ha l’inflazione più bassa di tutta l’Ue e di conseguenza anche i tassi d’interesse reali più alti che di sicuro la crescita non la stimolano.



Altrove nell’Euro area la crescita, in base ai dati al momento disponibili, è stata nulla se non negativa: -0,3% congiunturale in Germania e Pil fermo in Francia, Austria e nell’intera area dell’euro. Fanno eccezione in positivo solo la Spagna, con +0,6%, e il Portogallo, con +0,8%, e in misura minore Belgio e Olanda (+0,3% ciascuno). In termini tendenziali l’Euro area è al +0,1%, la Francia allo 0,7%, ma la Germania a -0,2%, l’Olanda a -0,8%, l’Austria a -1,4%, la Finlandia a -1,6%. In sostanza molti Paesi sfoggiano segni meno, e diversi non da ora, nella totale indifferenza della Bce riguardo alla necessità di iniziare a tagliare i tassi d’interesse.



In relazione al dato italiano, la crescita dello 0,2% è spiegata soprattutto dalla crescita degli investimenti (+2,4%), dalla domanda estera netta (con export +1,2% e import -0,2%) e dalla domanda delle amministrazioni pubbliche, componenti che hanno fornito contributi positivi rispettivamente dello 0,5%, 0,4% e 0,1%. In negativo, invece, i consumi delle famiglie e delle istituzioni private non profit che hanno contribuito in negativo per 0,8 punti percentuali e portato a -0,2% il contributo della domanda interna; nullo, infine, il contributo della variazione delle scorte.

Osservando il Pil dal lato dell’offerta è risultato in crescita dell’1,1% il valore aggiunto dell’industria, trainato ancora una volta dal forte incremento delle costruzioni, cresciute del 4,7%; in lieve calo invece sia l’agricoltura (-0,3%) che i servizi (-0,1%). In crescita dello 0,8% sono risultate infine le ore lavorate, dello 0,5% le posizioni lavorative e dello 0,6% le unità di lavoro, valori tutti superiori a quello della crescita del Pil.



Pochi giorni fa l’Istat aveva reso noto anche i dati relativi all’intero anno 2023, ancora più interessanti sia per il dato della crescita complessiva, pari allo 0,9% e lievemente superiore alle attese, che per il contributo a esso apportato sia dal lato delle componenti della domanda che dai settori produttivi dal lato dell’offerta. Dal lato della domanda interna vi è stato infatti nell’anno un incremento del 4,7% degli investimenti fissi lordi, anche qui trainati dalle costruzioni, e dell’1,2% dei consumi finali nazionali, mentre riguardo all’interscambio con l’estero le importazioni sono diminuite dello 0,5% e le esportazioni sono aumentate dello 0,2%.

La domanda nazionale al netto delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito positivamente alla dinamica del Pil, rispettivamente per 2,0 e 0,3 punti percentuali, mentre a riportare la crescita totale allo 0,9% è stata la variazione delle scorte, con un contributo negativo di 1,3 punti. In sostanza una quota rilevante della maggior domanda che si è manifestata nell’anno 2023 è stata soddisfatta utilizzando scorte che si erano accumulate nell’anno precedente. Dal lato dell’offerta, il valore aggiunto ha registrato aumenti reali del 3,9% nelle costruzioni e dell’1,6% nei servizi e una riduzione del 2,5% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dell’1,1% nell’industria in senso stretto.

Anche in questo caso la valutazione è che poteva andare peggio ma anche decisamente meglio.

Come andranno i prossimi trimestri? Gli unici in grado di dircelo sono i vertici della Bce, ma se essi, come è prevedibile, non cambieranno direzione di marcia sui tassi d’interesse, o lo faranno troppo poco e troppo tardi, le economie europee sono destinate a restare immobili.

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