Non è un momento facile per l’economia europea: nell’area euro, il Pil nel secondo trimestre dell’anno è cresciuto dello 0,3% su base trimestrale, ma dopo la Germania anche Olanda ed Estonia sono entrate in recessione tecnica. E il nostro Paese, complice anche la stretta monetaria operata dalla Bce, dopo il +0,6% del primo trimestre ha fatto registrare un -0,3% in quello successivo. Secondo Stefano Barrese, Responsabile della divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, ospite oggi del Meeting di Rimini, «l’Italia ha fondamentali forti e lo ha dimostrato in questi mesi crescendo più di molti importanti competitor internazionali.
Certo, c’è un rallentamento temporaneo causato principalmente dalla lotta all’inflazione, ma la crescita continua pur con minore slancio rispetto al 2022. Si tratta peraltro di una situazione che possiamo riscontrare a livello globale, la crescita del Pil mondiale nel biennio 2023-24 è prevista su livelli modesti, fra il 2 e il 2,5%, con l’Eurozona su livelli anche inferiori, tra lo 0,6% di quest’anno e l’1,1% nel prossimo. Ma l’Italia continuerà a essere un punto di riferimento dell’economia europea, per il 2023 ci attendiamo un aumento del Pil intorno all’1%, più della media europea.
Un risultato reso possibile da un tessuto produttivo sano, che come Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo siamo impegnati ogni giorno a sostenere, e che vedrà un contributo importante arrivare dai servizi e in particolare dalla filiera del turismo. Fondamentale continuare a investire verso la tecnologia nei processi produttivi, nei magazzini, negli acquisti e nelle vendite, per ridurre i consumi energetici e per le strategie di economia circolare. Il nostro Paese resta forte, solido, con un settore famiglie e imprese tra i più distintivi d’Europa».
Il rallentamento della produzione industriale e le difficoltà dettate dal rialzo dei tassi di interesse colpiscono in modo particolare le Pmi, cuore del nostro sistema produttivo. Cosa si può fare per aiutarle?
Se oggi siamo in grado di segnare certi risultati lo dobbiamo alla capacità delle piccole e medie imprese di trasformarsi e adattarsi, con una flessibilità che trova nel sistema delle filiere italiane un ulteriore punto di forza e distintivo. Filiere corte e ramificate a livello locale e molto diffuse nei distretti industriali, che offrono esempi positivi su cosa possono fare le imprese per rafforzarsi, crescere e offrire maggiori prospettive occupazionali. Dal 2015 Intesa Sanpaolo investe sulla crescita e gli investimenti di queste imprese attraverso Programma Sviluppo Filiere, a oggi sono oltre 860 le filiere che hanno aderito con un beneficio diretto per circa 20.000 fornitori che complessivamente muovono un giro d’affari di oltre 97 miliardi di euro. Oltre a questo, il nostro intervento a supporto delle Pmi si è tradotto in oltre 19 miliardi di euro di credito a medio e lungo termine nei primi sei mesi di quest’anno. Sono 1.900 le aziende sostenute nel ritorno alla normale operatività da inizio anno, con beneficio nella salvaguardia dei posti di lavoro. A conferma del nostro ruolo di riferimento per l’economia reale, abbiamo infine stanziato oltre 30 miliardi di euro a favore di imprese e famiglie per contrastare l’impatto dell’aumento dei costi e dell’inflazione, dando la possibilità di sospendere o rimodulare mutui e prestiti, allungandone la durata, in particolare e unici tra tutti, fino a 40 anni per gli under 36 e permettendo rateizzazioni a tasso zero.
Uno dei grandi problemi delle imprese, specie quelle piccole, che pure sarebbero disposte ad assumere, è trovare dipendenti con le giuste competenze. Come si può risolvere questa criticità?
La ricerca di personale qualificato è tra le priorità di un’impresa che vuol essere competitiva, ma anche tra le maggiori difficoltà in ottica prospettica. Le imprese oggi faticano a trovare competenze sul territorio, soprattutto quelle necessarie per gestire la transizione tecnologica ed ecologica, facendo emergere come lo sviluppo trovi nel capitale umano la risorsa necessaria. Dobbiamo investire di più, partendo dalla formazione dei giovani. Vanno rafforzati i percorsi di formazione tecnica, in quelle materie nelle quali c’è bisogno nelle aziende così da garantire occupazione e consentire alle imprese di poter essere all’avanguardia nella generazione di risultati partendo dalla collaborazione con gli istituti tecnici e professionali. Devono essere definite politiche e piani per far crescere le competenze, agire sulle politiche del lavoro e rendere il nostro Paese attraente per i giovani italiani e stranieri. In questi anni abbiamo sviluppato diverse iniziative destinate ai giovani, al diritto all’istruzione, alla formazione e all’accesso al mondo del lavoro, elementi che sono entrati a pieno titolo nel Piano d’Impresa del nostro Gruppo e che oggi assumono un valore più rilevante in quanto finalizzato allo sviluppo economico, alla creazione di nuova occupazione, alla valorizzazione e alla difesa dei talenti italiani, alla riduzione delle diseguaglianze tra le varie aree del Paese. Un esempio per tutti è “Per Merito”, il nostro programma per garantire il diritto all’istruzione per gli studenti più meritevoli, finanziandone le spese senza chiedere altre garanzie se non il rispetto del piano di studi e con piani di restituzione fino a 30 anni consentendo loro di continuare il proprio percorso universitario e di specializzazione senza preoccupazioni economiche anzi, al termine degli studi la banca prevede un periodo ponte sospendendo i pagamenti fino a due anni, per favorire la ricerca di un impiego.
Esistono, però, anche giovani, ben preparati e formati, che scelgono di andare all’estero perché non si sentono sufficientemente valorizzati nel nostro Paese. È possibile evitare questa perdita di capitale umano, visto anche lo squilibrio demografico crescente in Italia?
Solo attraverso una riflessione condivisa tra istituzioni, associazioni di categoria e le realtà più rappresentative del Made in Italy sarà possibile invertire questa tendenza e restare competitivi per le sfide che ci attendono come sistema Paese. Il nostro obiettivo è sostenere le nuove generazioni nello studio, nel lavoro e nei progetti di vita. Lo stiamo facendo anche con i mutui, alla luce dell’aumento dei tassi, ad esempio agli under 36 abbiamo riservato una minirata con un tasso molto vantaggioso e soprattutto con una durata di 40 anni e con la possibilità di finanziare il 100% del valore dell’immobile. Un ulteriore vantaggio è poter pagare rate ridotte di soli interessi fino a 10 anni, garantendosi un periodo iniziale in cui l’esborso mensile è minore, coerentemente con altre esigenze di spesa legate all’acquisto di una nuova casa.
Per il nostro Paese sarà importante sfruttare al meglio il Pnrr. Come, secondo lei, sarà possibile fare in modo che porti beneficio alle Pmi e ai territori?
Il Pnrr è il piano di impresa trasformativo del Paese, ora è il momento di raggiungere gli obiettivi che ci assicurano il funding per rafforzare un percorso di crescita sostenibile e strutturale. Intesa Sanpaolo è impegnata nello svolgere il ruolo di “cinghia di trasmissione” del Pnrr, cercando di soddisfare in anticipo le esigenze finanziarie delle imprese, attraendo risorse verso l’economia reale, mettendo in connessione i grandi progetti con il tessuto economico-produttivo italiano. Sono circa 9.000 le aziende che in Italia hanno avuto accesso ai bandi del Pnrr grazie all’affiancamento con la nostra banca. Abbiamo infatti raddoppiato le risorse del Pnrr, mettendo a disposizione di imprese e famiglie 410 miliardi di euro in finanziamenti a medio e lungo termine, 270 dei quali dedicati imprese.
Nel 2022 l’Italia, come il resto d’Europa, ha dovuto fare i conti con la crisi energetica. A suo avviso, ne siamo usciti? E che lezione possiamo trarne?
Credo che la situazione geopolitica ed economica di questo ultimo biennio abbia messo in risalto in maniera potente l’importanza per ognuno di noi di fare scelte sostenibili. La sostenibilità non è solo ambientale, ma è energetica, digitale, finanziaria, di governance. Oggi la situazione energetica si sta normalizzando, l’Italia è stata in grado di dimostrare una capacità di reazione sulla quale in pochi avrebbero puntato, grazie proprio agli elementi di solidità e flessibilità che contraddistinguono il nostro sistema produttivo. Ma il tema della sostenibilità per le imprese è centrale, la potenza trasformativa che traduce impatta positivamente sull’evoluzione dei modelli di business, di rapporto con le filiere produttive e di posizionamento competitivo a livello internazionale. Dobbiamo avere maggiore consapevolezza degli elementi di forza del nostro Paese e investire fortemente nelle transizioni green e digitale, per questo stimoliamo con finanziamenti dedicati gli investimenti con obiettivi Esg, che adottano i principi della sostenibilità ambientale e dell’economia circolare, dell’impatto sociale e della governance. Sull’innovazione tecnologica e la digitalizzazione abbiamo un ruolo di capofila in Italia, perché su questo fronte investiamo direttamente come Gruppo 5 miliardi di euro nell’arco del nostro Piano d’Impresa 2022-2025, in particolare nel cloud, nell’intelligenza artificiale, nella cyber-sicurezza e nella nostra nuova banca digitale isybank che in poche settimane ha già 10.000 nuovi conti aperti.
Come il Paese e le Pmi potranno affrontare al meglio la necessaria, e non facile, transizione energetica?
Devono farlo, ormai non è più una scelta procrastinabile. La transizione energetica, inizialmente legata alla strategia di mitigazione del cambiamento climatico, oggi è diventata indispensabile per l’urgenza di ridurre la dipendenza europea dai consumi di combustibili fossili. Il nostro Gruppo anche su questo fronte ha attivato un sistema di iniziative sia finanziarie che di supporto, in partnership con altri soggetti pubblici e privati, che si traduce nel programma Motore Italia Transizione Energetica, basato sull’incentivare gli investimenti in energia da fonti rinnovabili e su una specifica progettualità dedicata alle Comunità Energetiche Rinnovabili. Abbiamo messo a disposizione 76 miliardi di euro per investimenti in questa direzione, inserendoli tra gli interventi a supporto della transizione energetica e ambientale fissata nel Pnrr. Abbiamo inoltre una linea di finanziamento S-Loan Cer a cui è si può abbinare la garanzia green di Sace con un’agevolazione sul tasso di interesse, a cui viene riconosciuta una ulteriore premialità nel caso in cui l’impresa destini parte dell’energia prodotta e non autoconsumata alla Comunità energetica rinnovabile. Soluzione che si affianca a quelle già previste per le Pmi e le Mid–Cap che intendono investire per ridurre il proprio impatto ambientale attraverso progetti per una trasformazione sostenibile riconducibili alla linea di finanziamenti S-Loan, iniziativa unica nel panorama bancario italiano, avviata nel 2021 sempre in sinergia con Sace.
Sostenibilità ed Esg come si integrano in questa strategia?
Sostenibilità e Esg sono obiettivi molto sfidanti che possono essere ricondotti anche alla bioeconomia circolare, un pilastro per decarbonizzare l’economia, diminuire l’uso di risorse non rinnovabili, massimizzare l’efficienza di quelle rinnovabili e garantire anche una maggiore sostenibilità delle filiere. Nell’ultimo Rapporto sulla Bioeconomia in Europa realizzato dalla nostra Direzione Studi e Ricerche insieme a importanti realtà, la bioeconomia si apre a molteplici settori comprendendo l’agricoltura e le relative filiere agro-alimentari, il sistema moda, i bio-prodotti, il legno, la carta, fino ai rifiuti organici, alla bioenergia e alla chimica bio-based. La Bioeconomia europea ha generato nel 2022 un output di circa 1.740 miliardi di euro, occupando oltre 7,6 milioni di persone. L’Italia si posiziona al terzo posto per valore della produzione. Ciò significa che la partita si gioca su questi aspetti e Intesa Sanpaolo è strutturata per dare sostegno a tutte quelle aziende che decidono di migliorare i propri obiettivi Esg e di sostenibilità aiutandole anche a certificare il loro percorso per migliorarne la competitività interna e internazionale.
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