La crescita dell’economia italiana è condizionata da una bassa performance della spesa pubblica e della qualità dei servizi pubblici che riduce la competitività delle imprese. La stratificazione delle norme, una gestione non ottimale dei processi della Pubblica amministrazione (Pa) e lo scarso uso delle tecnologie digitali nelle relazioni con i cittadini alza la pressione burocratica, che diventa spesso insostenibile.
Liberare l’economia dai “lacci e lacciuoli” deve diventare un obiettivo strategico per il Paese, per garantire la sostenibilità del sistema delle imprese e della finanza pubblica. Tra le riforme previste dal Pnee, quelle che intervengono sui servizi della Pa determinano il maggiore impatto sul Pil. Va nella direzione giusta della semplificazione l’intervento varato nel Consiglio dei Ministri lo scorso 3 luglio per affrontare la carenza di coordinamento dei controlli sulle attività economiche.
Nell’arco degli ultimi tre anni, caratterizzati dalle incertezze per la guerra in Ucraina, dalla bolla dei prezzi dell’energia, dalla stretta monetaria e dalla crisi del commercio internazionale, l’Italia segna una crescita del Pil pro capite tra il 2021 e il 2024 del 6,4% davanti al +3,3% della Francia e alla crescita zero’ della Germania. Tra il 2019 e il 2024, l’economia italiana registra una crescita del rapporto investimenti/Pil di +3,6 punti percentuali, davanti alla Germania (+0,7 p.p.) e alla Francia, che segna una riduzione (-1,4 p.p.).
Mentre l’economia reale privata si caratterizza per un marcato dinamismo, la spesa pubblica, dopo gli interventi per contrastare la pandemia e la crisi energetica, nel 2023 sale a 1.151 miliardi di euro, il 55,2% del Pil, portando l’Italia dal 7° posto tra i 27 Paesi dell’Unione del 2019 al 3° posto del 2023 dietro a Francia e Finlandia. Nonostante l’alta spesa, è carente la qualità dei servizi offerti dagli enti pubblici: secondo l’ultima rilevazione di Eurobarometro a maggio 2024 solo il 34% dei cittadini italiani è soddisfatto dell’offerta dei servizi pubblici, 20 punti percentuali in meno del 54% della media Ue, con l’Italia che si colloca al penultimo posto tra i 27 Paesi dell’Unione, davanti solo alla Grecia.
Il 79% delle imprese è gravato dal continuo cambiamento della legislazione e delle politiche, una quota di tredici punti superiore alla media del rilevata nelle imprese dell’Unione europea. Una ricerca in Normattiva – il portale della legge vigente dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato – evidenzia che al 2 luglio 2024 sono 123.850 gli atti normativi vigenti pubblicati negli ultimi cento anni, dal 2 luglio 1924. Nelle ultime raccomandazioni all’Italia della Commissione europea si chiede di “rafforzare la capacità amministrativa per gestire i fondi Ue”. Secondo il monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato, al 29 febbraio 2024, rispetto a 75,1 miliardi di euro di risorse programmate nell’ambito dei Fondi strutturali 2021-2027, lo stato di avanzamento dei pagamenti si ferma che si ferma allo 0,94%.
Sempre tra il 2019 e il 2024, l’Italia segna una crescita del 9,2% del volume di esportazioni manifatturiere, di gran lunga migliore del +1,4% della Germania, mentre la Francia segna una flessione (-1,3%). Si registra questo straordinario risultato delle vendite del made in Italy sui mercati internazionali nonostante sulle imprese italiane gravino oneri burocratici superiori a quelli del competitor europei, con l’83% degli imprenditori che è ostacolato dalla complessità delle procedure amministrative, quindici punti sopra al 68% della media Ue.
Tra il 2021 e il 2023 il mercato del lavoro italiano registra una crescita dell’occupazione del 4,5%, facendo meglio di Germania (+4,0%) e Francia (+3,1%). Sul costo del lavoro, però, grava un cuneo fiscale del 45,1% di 3,5 punti superiore al 41,6% della media europea. Inoltre, il 56% delle imprese indica come un problema per l’azienda le normative restrittive in materia di lavoro, nove punti superiore al 47% della media europea.
I servizi digitali rappresentano un driver della crescita dell’economia italiana. Tra il 2019 e il 2023 il valore aggiunto dell’intera economia è cresciuto del 4,2% mentre quello dei servizi di informazione e comunicazione è salito del 17,8%. Nonostante questo dinamismo sul lato dell’offerta, è in ritardo la digitalizzazione delle relazioni tra Pa, cittadini e imprese. Secondo la rilevazione di Eurostat, in Italia nel 2023 il 41,3% dei cittadini interagisce via internet con la Pa, oltre tredici punti inferiore al 54,3% della media Ue. Secondo l’ultimo aggiornamento del Digital Economy and Society Index (DESI) elaborato dalla Commissione europea, nel 2024 per l’indicatore dell’offerta di servizi pubblici digitali per le imprese l’Italia si colloca al 23° posto tra i 27 Paesi dell’Ue, mantenendo la stessa posizione del 2023 ma perdendo tre posizioni rispetto al 20° posto del 2022.
L’apporto del turismo alla crescita può essere depotenziato da una scarsa qualità dei servizi pubblici locali. Il valore aggiunto generato dal turismo vale il 6,2% del totale economia, un contributo che poggia sulle presenze dei turisti che nel 2023 sono salite dell’8,5%, arrivando al massimo storico. Il Lazio, registrando lo scorso anno un aumento delle presenze del 27,2%, è risultata la regione italiana più dinamica. L’81,4% delle presenze turistiche della regione si concentra nel comune di Roma, la terza capitale dell’Ue per presenze turistiche dopo Parigi e Berlino. Ma sull’attrattività turistica della capitale pesa una bassa qualità dei servizi pubblici di trasporto e di spazzatura delle strade. Roma, infatti, è all’ultimo posto tra le capitali europee con una soddisfazione media per trasporti e pulizia che si ferma al 19,4%, ampiamente al di sotto del 51% di Parigi e del 63,4% di Berlino.
Dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono attesi dei miglioramenti nell’efficienza della macchina pubblica, con 9,6 miliardi di euro di investimenti per digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pa. Nel 2026, ultimo anno del Piano, l’Ufficio parlamentare di bilancio stima un livello del Pil superiore di 2,9 punti percentuali rispetto allo scenario di base. Secondo le valutazioni contenute nel Def 2024, poco meno della metà dell’impatto deriva dalle riforme della Pa, da una maggiore efficienza della giustizia civile e degli appalti pubblici.
Con l’avvio della procedura di infrazione per deficit eccessivo per l’Italia si apre un’era di politica fiscale restrittiva, nella quale i decisori pubblici – Governo e Parlamento – dovranno ridurre il tasso di crescita della spesa pubblica, privilegiando i tagli della spesa improduttiva, ma cercando di tutelare gli investimenti pubblici e i processi di miglioramento della qualità dei servizi pubblici, presupposti per liberare dalle zavorre le imprese e per mantenere l’economia italiana su un sentiero di crescita sostenibile.
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