L’Istat ha fatto sapere ieri che la produzione industriale a gennaio è diminuita dell’1,2% rispetto a dicembre e del 3,4% in termini tendenziali. Un calo, quest’ultimo, che risente, come ci spiega Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, «del rallentamento delle costruzioni e, conseguentemente, delle attività a esse collegate, dalla metalmeccanica al legno. C’è stata anche una flessione tendenziale importante nella farmaceutica (-15,2%), che fa il paio con la caduta dell’export verso la Cina (-46,1% tendenziale, sempre a gennaio), dopo che l’anno scorso c’era stato un flusso straordinario di anti-virali contro il Covid verso il Paese asiatico».



A proposito di export, anche in questo caso il 2024 non è iniziato bene. Dai dati Istat diffusi la scorsa settimana relativi a gennaio emerge un -3,2% congiunturale e un -0,2% tendenziale.

C’è una somma di fattori che hanno fatto iniziare il 2024 in maniera fiacca sia alla produzione industriale che all’export. È difficile dare un giudizio che vada aldilà del semplice riscontro del periodo difficile che stiamo attraversando. In questo momento, infatti, la manifattura in tutta Europa è praticamente ferma e l’Italia non fa eccezione. L’unico elemento di conforto è rappresentato dagli incrementi su base annua dell’export verso alcuni mercati come gli Stati Uniti (+14,5%), il Giappone (+20%), l’area Asean (+26,6%) e i Paesi Opec (+26,3%). Tuttavia, questi dati positivi non bastano da soli a compensare il calo della domanda interna e la crisi tedesca e di gran parte dell’Europa. Purtroppo, sia per l’export che per la produzione industriale, i freni sono superiori alle spinte.



La settimana scorsa è stata diffusa anche la Congiuntura flash del Centro studi di Confindustria, che evidenzia una moderata espansione dei servizi a inizio anno. Una spinta potrà arrivare da quel settore?

Dal 2022 i servizi, insieme alle costruzioni, hanno rappresentato un buon traino per l’economia, visto che la produzione industriale già l’anno prima era tornata ai livelli pre-Covid e si è poi affievolita sia per lo scoppio della guerra in Ucraina che per la fine del Superbonus che ha garantito commesse importanti anche ad alcuni settori del manifatturiero, come l’acciaio e il legno. Tra i servizi ha ben figurato il turismo, visto che i dati Eurostat dicono che l’anno scorso l’afflusso di turisti stranieri in Italia è tornato in termini di pernottamenti ai livelli pre-pandemici. Per quanto riguarda, invece, i flussi interni, i pernottamenti sono stati di poco inferiori al 2019. Dunque, i servizi hanno dato un importante contributo alla crescita, confermato anche dai dati sul mercato del lavoro del quarto trimestre 2023, e possono senz’altro aiutarci anche quest’anno.



A proposito dei dati sul mercato del lavoro, continuano a essere positivi nonostante un’economia meno dinamica rispetto al 2021-22.

Questo aumento dell’occupazione non deve sorprendere. Infatti, a differenza del passato, dove non c’erano né investimenti pubblici, né privati nell’edilizia, c’è stata una domanda di lavoro di tipo nuovo, legata prima al Superbonus e poi al Pnrr. Se quest’ultimo funzionerà in qualche modo da staffetta con il primo, avremo un prosieguo di questo fenomeno, pur in presenza di un rallentamento di altre attività come la manifattura.

Cosa dobbiamo aspettarci, in sintesi, dal 2024?

Non sono certamente tempi entusiasmanti per l’economia. Penso che sarà un anno piuttosto stentato, molto simile al 2023, anche se saranno altri elementi e settori a non rendere troppo difficile la situazione. Il nostro asso nella manica resta il Pnrr, perché gli altri Paesi europei, a parte la Spagna, non hanno un così alto volume di finanziamenti a disposizione. L’opportunità che ci arriva dai fondi del Pnrr è unica, non solo per sostenere la domanda, ma anche per generare innovazioni di efficienza, soprattutto nel sistema pubblico, e ridurre i divari territoriali. Il Next Generation Eu, alla fine, è l’unica cosa veramente buona fatta dall’attuale Commissione europea sul fronte economico, visto che per il resto ha fatto solo disastri, soprattutto per quanto riguarda le velleitarie strategie di transizione energetica e ambientale.

Pensa che saranno modificate dopo le elezioni europee?

Immagino che saranno oggetto di una revisione, senza contraddizioni, da parte della nuova Commissione. Oppure ci dovrà essere, come auspicato recentemente anche da Gentiloni, l’emissione di debito comune per sostenere la transizione, perché continua a mancare l’equivalente dell’Ira americano e degli aiuti di Stato di altri Paesi extra-Ue.

Christine Lagarde ha intanto lasciato intendere che il taglio dei tassi da parte della Bce a giugno è possibile, ma non certo. Cosa ne pensa?

Chiaramente questa incertezza sui tassi non aiuta. Chi ha in mente di fare investimenti sta aspettando che scenda il costo del denaro. Le imprese ancora non hanno capito bene i meccanismi del nuovo Piano Transizione 5.0, nello stesso tempo aspettano che i tassi e la congiuntura migliorino.

(Lorenzo Torrisi)

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