Si sta per chiudere il terzo trimestre dell’anno, che potrebbe non regalare molte soddisfazioni all’economia italiana. Secondo il report Congiuntura flash del Centro Studi Confindustria diffuso lo scorso fine settimana, infatti, ci sarà una minore crescita nei servizi, anche se si attenuerà il calo dell’industria. Vi sono, in particolare, timori sull’andamento dell’export, sceso già nel secondo trimestre, specie verso l’Ue, e sui prezzi dell’energia. Non a caso la scorsa settimana Arvedi Acciai Speciali Terni ha chiuso uno dei due forni elettrici a causa del perdurare degli alti costi energetici, tre volte superiori in Italia rispetto agli altri Paesi europei dove operano i principali concorrenti dell’azienda. Come ricorda Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, «il quadro attuale è chiaramente stazionario. Del resto, tutto il mondo avanzato, Stati Uniti a parte, sta attraversando una fase estremamente incerta».



L’Italia sta pagando anche le difficoltà complessive dell’Europa?

Fin quando non vi sarà una ripresa consistente del nord Europa, e anche della Francia, il commercio intracomunitario continuerà a essere paralizzato. Conseguentemente, dato che circa la metà dell’export italiano è diretto nel resto dell’Ue, in questo momento la nostra economia produttiva, fortemente orientata alle esportazioni, resta frenata. Devo dire che, purtroppo, su questo tema le prospettive non sono buone. In particolare, la situazione tedesca sembra quasi essere senza via d’uscita. L’Italia, quindi, cerca di fare quello che può in questo contesto di galleggiamento europeo.



Il terzo trimestre, grazie soprattutto al turismo, è quello in cui i servizi dovrebbero dare un forte contributo al Pil. Tuttavia, secondo il Centro Studi Confindustria, la loro crescita è stata tenue.

Nonostante una leggera flessione di pernottamenti di turisti stranieri a giugno, il turismo italiano rimane quello che è più cresciuto rispetto ai livelli pre-Covid tra i grandi Paesi europei. Chiaramente, però, anche i servizi stanno mostrando una dinamica piuttosto debole, quindi possiamo aspettarci di incrementare in minima misura il Pil nel terzo e nel quarto trimestre, avvicinandoci grosso modo allo 0,9% di crescita annua. Possiamo sperare che gli investimenti in costruzioni residenziali possano, con il prosieguo del Pnrr, costituire un minimo di componente aggiuntiva in grado di compensare il calo dei servizi.



Cosa dobbiamo aspettarci, invece, per il 2025?

Dipenderà anche dagli assetti geopolitici mondiali, dall’esito delle elezioni presidenziali americane, dall’impostazione che forse apparirà più chiara della politica economica della Commissione europea una volta che si sarà pienamente insediata. Forse a quel punto sapremo anche se l’Europa intende avere una politica di stimolo all’economia, anche minima, dopo la fase del Next Generation Eu, che aveva rappresentato un po’ una svolta. Bisognerà vedere anche in che misura le indicazioni del Rapporto Draghi potranno costituire un riferimento per l’azione della nuova Commissione.

C’è il rischio che, come già avvenuto a Terni, i costi dell’energia possano impattare negativamente sulla nostra industria?

Siamo in una fase di domanda e offerta deboli e, in presenza di problemi strutturali che durano da tempo, le decisioni aziendali possono arrivare a un punto critico per cui certi costi non vengono più ritenuti sostenibili. In questo momento l’acciaio europeo ha davanti a sé un futuro molto incerto, perché il problema della transizione energetica, della decarbonizzazione è sul tappeto, così come per altri settori energy intensive, per esempio quello delle ceramiche. Penso che l’Europa debba non solo ragionare sui temi importanti come l’intelligenza artificiale e la difesa, ma anche ricominciare un po’ a pensare all’ABC dell’economia.

Cosa intende dire?

Alcune scelte, recentemente operate, già causano disastri anche in settori che ritenevano di potersi avvantaggiare dalle nuove linee strategiche. Il caso della crisi dell’auto elettrica è in tal senso emblematico. Anche i produttori tedeschi più ambiziosi, accecati dal miraggio del successo dell’elettrico, ora sono costretti a ripensare le loro strategie. Si sta pensando di rinviare lo stop dell’Ue alle vendite di vetture con motore endotermico e ci si chiede perché non si possano almeno produrre le ibride dopo il 2035. C’è anche un atteggiamento di sfiducia verso un orientamento ideologico sull’auto che francamente rappresenta per una famiglia media normale europea un enorme problema in termini economici. In questo momento è davvero complicato interpretare la linea di politica economica e soprattutto industriale che l’Ue intende seguire. E questo incide negativamente sulle scelte di investimento delle imprese.

Intanto aumenta la propensione al risparmio delle famiglie. Bisognerà cercare di evitare che si registri un calo dei loro consumi?

L’aumento della propensione al risparmio era già evidente nei trimestri precedenti. Dopo la discesa dell’inflazione, le famiglie hanno ricominciato a spendere un po’. Ora l’indice dei prezzi si sta stabilizzando e sta per iniziare l’autunno, un momento in cui tipicamente la propensione al consumo delle famiglie attraversa una fase di equilibrio dinamico: può bastare la sensazione che i prezzi dell’energia riprendano a salire per determinare una frenata dei consumi.

Giovedì la Bce ha tagliato i tassi di interesse, ma è stata anche accusata di mancanza di coraggio. Cosa ne pensa?

Abbassando i tassi in maniera più consistente, la Bce avrebbe corso il rischio di generare un divario con i tassi degli Stati Uniti tale da creare più danni che benefici, in particolare tramite un deflusso di capitali dall’Ue verso gli Usa. Capisco che in Italia pesi il fatto che con un’inflazione più bassa che altrove i tassi di interesse reale siano alti, ma non si può sottovalutare questo rischio. In ogni caso, credo occorra prestare più attenzione alla strategia industriale rispetto a quella della Bce: non è abbassando i tassi che l’economia di Germania ed Europa riparte. Bisogna cambiare traiettorie strategiche per vedere ripartire l’economia: non è la Bce, ma è casomai la Commissione che può fare qualcosa in materia.

(Lorenzo Torrisi)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI