Alla crescente domanda di scenario predittivo sull’Ue e dell’euro, il think tank dello scrivente ha risposto che vede prevalente la probabilità sia di tenuta, sia di ripresa della crescita e rilievo geopolitico dell’area nell’arco dei prossimi 5 anni. Il 2024-25 segnato da criticità e poi meglio. Pertanto le sensazioni pessimistiche che hanno suscitato il picco di domande sull’oggetto a fine 2023 sono state valutate di probabilità molto inferiore, pur non potendo escludere casi peggiori. Ma, appunto, questa annotazione non deve impedire la costruzione di scommesse sulla realizzazione più probabile del caso positivo.



Argomentazione. Il più delle domande riguardava dubbi sulla ripresa della Germania, centro motore del mercato europeo, ora in crisi multifattoriale, sintetizzabile come transizione difficile da un modello mercantilista trainato da un export senza selettività geopolitica a uno più selettivo a causa del nuovo bipolarismo conflittuale combinato con un certo invecchiamento tecnologico e di modello interno.



Nel biennio 2022-23, in effetti, tale tendenza è stata evidente. Ma è rilevabile, pur in modi meno evidenti, una forte reattività del sistema tedesco anche se oscurata dalle difficoltà di coesione del Governo corrente. Tuttavia, tale difficoltà non ha impedito l’avvio di un forte adattamento: riarmo, investimenti di sicurezza energetica, impulso alla competitività tecnologica, ecc. Semplificando, la crisi interna e di transizione sta risvegliando una Germania attiva piuttosto che invalidarla. Pertanto, la configurazione corrente del sistema globale che mostra un G2 dominante dove l’America ha incluso un’Ue passiva e la Cina una Russia isolata dal G7 appare provvisoria sul lato dell’alleanza tra democrazie (e non necessariamente duratura su quello dei regimi autoritari).



Le élite tedesche – rosse, verdi, blu e bianche – hanno già individuato una strategia: convergere di più con l’America chiedendo in cambio uno spazio di mantenimento del mercantilismo residuo non modificabile in tempi brevi. E tale analisi – molto esplicita nell’ambiente del Partito popolare – deriva dall’evidenza che l’America abbia limiti di presidio globale e bisogno di un maggiore ingaggio integrativo europeo, per esempio più contributi per i costi del conflitto in Ucraina, che implica maggior peso dell’Ue e della Germania. Il dettaglio del come dipenderà dall’esito delle elezioni in America a fine 2024, ma sul piano macro la convergenza tra Ue germano-centrica e America è probabile con esiti economici positivi dal 2026 in poi.

La Francia? È il vero malato d’Europa, ma è nuovo interesse di tutti aiutarla a guarire. In questa ipotesi di scenario l’interesse economico e finanziario dell’Italia è di convergere con la Germania, ma non contro la Francia, tuttavia aumentando la propria forza negoziale con Berlino via partenariati bilaterali con America, Regno Unito, Giappone e India. In parte tale strategia è in atto, ma va appuntita. Buon 2026.

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