Oltre al dato sull’inflazione di aprile (+8,3% tendenziale dal +7,6% di marzo), l’Istat ieri ha comunicato che nel primo trimestre del 2023 l’export extra-Ue è aumentato dell’1,3% rispetto al trimestre precedente, mentre l’import da Paesi fuori dall’Unione è calato del 19,2%. Una conferma del buon andamento della domanda estera che ha contribuito, insieme ad altri fattori, a far crescere il Pil nei primi tre mesi dell’anno dello 0,5% superando le attese.



Come spiega Marco Fortisdirettore della Fondazione Edison e docente di economia industriale all’Università Cattolica di Milano, “la nostra economia sta andando bene, soprattutto in termini comparati. Infatti, rispetto al quarto trimestre del 2019, l’ultimo prima del Covid, il Pil italiano è cresciuto del 2,4%, mentre quello francese dell’1,3%. Germania e Spagna sono, invece, ancora sotto rispettivamente dello 0,1% e dello 0,2%”.



Come si spiega questo andamento così positivo?

Mi sembra di poter dire che questo rafforzamento strutturale è figlio delle politiche economiche che negli ultimi anni hanno favorito gli investimenti e il miglioramento della competitività e della produttività.

Ci sono dei dati che possono dimostrarlo?

Se guardiamo il contributo al Pil degli investimenti in macchinari e impianti vediamo che nel 2016, anno successivo all’introduzione del super ammortamento, è stato dello 0,48%, nel 2017 dello 0,4% e nel 2018 dello 0,3%. Un ciclo di questo genere, con tre anni consecutivi in cui gli investimenti in macchinari hanno dato un contributo così importante al Pil, non si era mai visto negli ultimi 20 anni. Vuol dire che siamo entrati nel Covid con una macchina lanciata in corsa che ha dovuto frenare per i lockdown, finiti i quali è ripartita a razzo. Basti pensare che questi investimenti nel 2022 hanno offerto un contributo al Pil dello 0,61%, mentre l’edilizia residenziale, con tutto il superbonus, è arrivata a un contributo dello 0,55%. E non è tutto.



Cosa intende dire?

Che questi investimenti hanno permesso un rafforzamento delle imprese che si vede anche nei dati relativi all’export. Basti pensare che fatte 100 le esportazioni del 2015, l’Italia è arrivata a 151 nel 2022, contro il 129 di Francia e Germania. Credo che ora sarà importante cercare di dare continuità tramite il Pnrr a questa dinamica che ha visto finora protagonista il settore privato, ma che dovrebbe veder crescere il ruolo del settore pubblico con la messa a terra degli investimenti in opere infrastrutturali e in digitalizzazione.

Alla fine del primo trimestre la crescita acquisita per il 2023 è pari allo 0,8%. Dove potrà arrivare il Pil alla fine dell’anno?

In questo momento le condizioni sono ideali per fare meglio dell’1% previsto nel Def. Prudentemente si può stimare che nei prossimi tre trimestri cumulati la crescita possa essere dello 0,4-0,5%. La domanda estera sta tenendo, la Cina si sta riprendendo e stanno aumentando anche i flussi di turisti provenienti dal Paese asiatico. Il Governo ha varato un ulteriore taglio del cuneo fiscale che dà sollievo ai redditi meno alti e questo potrebbe consentire una tenuta di consumi. Bisognerà vedere se le imprese andranno avanti con investimenti dopo l’esaurimento di Industria 4.0, ma, come detto poc’anzi, è auspicabile che si comincino a mettere a terra gli investimenti del Pnrr. Secondo me, quindi, non dovrebbe essere impossibile andare oltre l’1%. E vorrebbe dire aver ribaltato per sempre il paradigma dell’Italia fanalino di coda.

La fine del superbonus, quindi, non peserà più di tanto…

Sono talmente tanti gli elementi che stanno spingendo l’economia che anche il venir meno di un impulso come il superbonus non ha determinato un cambiamento improvviso di direzione.

Vede dei fattori di rischio per la crescita dell’economia italiana?

In questo momento francamente mi sembra che ci sia un mix ottimale di condizioni e che gli elementi negativi potrebbero essere solo quelli imponderabili, come un avvitamento drammatico e improvviso del conflitto russo-ucraino piuttosto che tensioni di altra natura.

L’inflazione, risalita ad aprile, potrebbe pesare sulla crescita?

L’inflazione ha avuto questo rialzo ad aprile, ma non mi sembra che ci siano delle circostanze che possano impedire quel calo del tendenziale addirittura sotto il 3% che la Commissione europea prevede per la fine dell’anno. In un contesto di questo tipo conta molto anche la fiducia, che in questo momento per famiglie e imprese mi sembra si trovi in un momento favorevole. Girando tra le aziende sento notizie positive, non solo la conquista di quote di mercato.

A che cosa si riferisce?

In tanti settori della meccanica le nostre imprese sono le uniche in grado oggi di consegnare. Negli ultimi tre anni siamo diventati il Paese industrializzato più affidabile per i clienti. Questo è un cambiamento di paradigma importante che aiuterà il nostro export in futuro, quando la Cina ripartirà a pieno regime.

(Lorenzo Torrisi)

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