Tra l’economia, la finanza, la politica e la geopolitica non sono poche le incognite e gli appuntamenti importanti che caratterizzano il 2024 appena iniziato, tanto che per Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, la parola chiave per quest’anno è “attesa”.
A suo avviso quale sarà il Paese protagonista in positivo dal punto di vista economico?
È difficile francamente trovarne uno. Forse gli Stati Uniti possono esserlo, anche se l’impressione è che dietro ai dati incoraggianti, soprattutto dal punto di vista finanziario, si nasconda una debolezza sostanziale: pensiamo ai divari sociali che non sono diminuiti, anzi. Si tratta, quindi, di un positivo con molte zone d’ombra. Per gli altri Paesi la situazione è decisamente peggiore.
Anche per l’India, che ormai cresce più della Cina?
Indubbiamente c’è una forte crescita in India, ma non è ben chiaro cosa ci sia dietro: c’è un certo grado di positività, ma è difficile da puntualizzare bene.
Che evoluzione ritiene ci sarà nei rapporti tra Stati Uniti e Cina?
Pechino non può fare a meno del mercato americano, anche per via della situazione di debolezza strutturale della sua economia. Washington, invece, ha bisogno delle terre rare prevalentemente controllate dalla Cina. Oltre a questi fondamentali ci sono altri intrecci tra le due superpotenze e non credo che lo scontro tra loro andrà oltre le parole. Tutto potrebbe ovviamente peggiorare se qualche incidente, magari anche solo casuale ma di una certa entità, desse maggiore importanza alla questione di Taiwan. Anche se lo ritengo poco probabile, visto che una situazione di conflitto durante la campagna elettorale non gioverebbe all’Amministrazione americana uscente.
A proposito della campagna elettorale americana, quali ricadute economiche potrebbe comportare per noi europei?
Attualmente il quadro delle presidenziali è molto incerto, a partire dal fatto se Trump potrà correre o meno. In ogni caso penso che non ci saranno grandi ricadute nei prossimi mesi. L’unica criticità potrebbe esserci nel caso in Europa ci fossero altre sanzioni importanti nei confronti delle big corporation tecnologiche americane. A quel punto, infatti, non è da escludere che Washington, sotto banco, si senta in dovere di difenderle.
C’è il rischio che nel 2024 si possa ampliare il divario di performance economica tra Stati Uniti ed Europa?
Abbiamo già una situazione per cui l’Europa si trova in stallo, basta guardare alla situazione della sua principale economia, la Germania. Cè quindi il serio rischio che si ampli il divario economico tra le due sponde dell’Atlantico.
All’interno dell’Europa come vede la situazione dell’economia italiana?
L’Italia è tra i Paesi europei non messi troppo male. Grazie anche al turismo, che è stato fondamentale nella ripartenza post-Covid, possiamo sperare in un anno positivo, seppur con uno zero virgola. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che i flussi di stranieri sono importanti anche per i comparti tessili e agroalimentare. Credo che oltre all’attuazione degli investimenti del Pnrr dovremo concentrarci per risolvere la questione dell’ex Ilva di Taranto, che resta la più grande acciaieria europea: ormai è chiaro che ArcelorMittal non ha un interesse reale per lo sviluppo di quell’impianto, che è però cruciale per la nostra siderurgia, quindi penso che alla fine un intervento dello Stato sia la soluzione che può trovare tutti d’accordo.
Si può fare qualcosa per far sì che quella dell’Italia non sia una crescita da zero virgola?
Se si riuscisse a portare alla luce parte dell’economia sommersa ci sarebbe qualche decimale di Pil in più e un maggior gettito fiscale che potrebbero rappresentare un segnale positivo che i mercati finanziari accoglierebbero positivamente con quel che ne consegue.
A proposito di mercati, l’anno scorso ci sono stati i timori di una crisi bancaria negli Usa e immobiliare in Cina. Tutto passato?
L’immobiliare in Cina continua a non andare bene. Arginare una crisi del genere è possibile, ma occorre del tempo. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il problema è che se permane una crescita finanziaria con alle spalle una crescita dell’economia reale molto più bassa, anche se positiva, prima o poi questo viene a galla: non possiamo dire quando e come. La Fed, infatti, si tiene molto abbottonata e non esclude altri aumenti di tassi.
I mercati puntano su tagli dei tassi sia negli Usa che in Europa già nella prima parte dell’anno: potrebbero restare delusi dalle Banche centrali?
Magari negli Usa no, ma in Europa temo di sì. Con una crescita più debole e un’inflazione core che diminuisce lentamente, per il momento credo che alla Bce non si possa parlare di taglio dei tassi, anzi, non è da escludere che la Presidente Lagarde si stia tenendo in tasca un piccolo aumento, anche inferiore al quarto di punto, giusto per poter segnalare che l’Eurotower non intende abbassare la guardia sull’inflazione e che il taglio dei tassi non è dietro l’angolo.
Cosa pensa, invece, del nuovo Patto di stabilità: è un buon compromesso?
Non lo so, bisognerebbe analizzare bene tutti i dettagli dell’accordo prima di potersi pronunciare. In ogni caso credo che per tirare le somme occorrerà aspettare l’autunno.
Perché?
Perché prima non ci sarà la nuova Commissione europea. Le elezioni si terranno, infatti, a giugno, poi ci sarà la pausa estiva e solo in autunno potremo capire esattamente che cosa ci riserva il futuro.
Restiamo, quindi, in attesa…
L’attesa è forse l’elemento unificante di questo inizio anno. Tutti aspettano qualcosa, anche sui campi di battaglia. I nodi si scioglieranno a partire da marzo/aprile, quando si capirà qualcosa in più sulle presidenziali americane. Più in là, al momento, c’è ancora nebbia.
(Lorenzo Torrisi)
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