Dopo la Commissione europea è l’Ocse a rivedere al ribasso le stime di crescita di Italia ed Eurozona. Secondo l’Interim Economic Outlook diffuso ieri, il nostro Paese quest’anno e il prossimo crescerà dello 0,8%, mentre l’area euro farà registrare un +0,6% nel 2023 e un +1,1% nel 2024. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.



Professore, quest’anno l’Italia farà meglio della media dell’Eurozona, ma, guardando al 2024, sembra che resti poi “inchiodata” mentre gli altri Paesi riprenderanno a crescere. Come mai?

La stretta monetaria della Bce riguarda tutti i Paesi dell’Eurozona, ma i suoi effetti sono differenziati. Sembra che l’impatto del rialzo dei tassi sia molto forte in Italia, in particolare sul comparto delle costruzioni e dell’edilizia. Ci sono già segnali di rallentamento sul mercato immobiliare e nel contempo è scomparso un nostro punto di forza, il surplus commerciale, diventato deficit.



Il rialzo dei tassi ha un effetto non solo sull’attività produttiva, ma anche sul bilancio pubblico, visto che cresce il costo del servizio del debito…

Sì. Si tratta di un impatto che si distribuisce nel tempo in base al calendario delle emissioni di titoli di stato e all’ammontare del debito pubblico da rifinanziare. Quindi, rischia di accompagnarci a lungo. Certo, questo porterà giovamento ai detentori dei Btp, tra cui non pochi italiani, grazie ai rendimenti più alti, ma di conseguenza anche a un aumento delle disuguaglianze, dovuto anche alle minori risorse a disposizione per interventi pubblici atte a contrastarle. Il nostro Paese ha beneficiato di un lungo periodo di tassi zero, ma non c’è stata abbastanza cautela nel ridimensionare il debito. Ora c’è da sperare che la spesa per interessi non cresca ulteriormente per non rischiare di vedere aumentare l’imposizione fiscale o ridotta la spesa pubblica.



Complessivamente, come vede la situazione del nostro Paese?

Nonostante un’occupazione in crescita, segnale forse di redditi non adeguati, fattore che contribuisce al rallentamento della domanda aggregata, e di conseguenza della produzione, le cose non vanno benissimo. È il momento di fare in modo che arrivi quanta più spinta possibile dal Pnrr. La scorsa settimana Ursula von der Leyen ha annunciato di aver incaricato Mario Draghi di preparare un rapporto sul futuro della competitività europea e se c’è un Paese che ha bisogno come il pane di una maggiore competitività sui mercati è proprio l’Italia.

Anche la Germania non è ben messa…

È ben vero che è in una situazione critica, ma già ai tempi della crisi del 2008 ha dimostrato, grazie ai suoi cosiddetti stabilizzatori automatici, di poter superare rapidamente le difficoltà. Il sostegno ai redditi era stato concentrato tempestivamente nella fascia dei percettori più ottimale. Noi dovremmo essere capaci di mettere in campo qualcosa di simile in modo da far sì che cresca il lavoro retribuito in modo adeguato, con la necessità di non sprecare un centesimo.

La conferma del taglio del cuneo fiscale per il 2024 annunciata dalla Premier Meloni va in questa direzione?

Il taglio del cuneo fiscale è positivo, purché ci sia la giusta attenzione a fare in modo che vada a beneficio dei lavoratori e non delle imprese.

L’Ocse evidenzia come l’inflazione resti più forte del previsto. Cosa occorre per sconfiggerla, tenuto conto che i rialzi dei tassi non sono stati finora sufficienti allo scopo e hanno contribuito al rallentamento della nostra economia?

Siamo in una situazione in cui c’è chi sta realizzando più profitti del ragionevole, ma, come abbiamo potuto constatare di recente, una tassazione sugli extraprofitti è difficile da attuare. Pensando all’incarico ricevuto dal nostro ex Premier, il rapporto che metterà a punto, che si potrebbe definire “agenda Draghi”, di sicuro punterà su innovazione e concorrenza. Un Paese come il nostro avrebbe tutto l’interesse ad aumentare la concorrenza e a smantellare le posizioni di rendita. È poi cruciale aumentare la produttività della Pubblica amministrazione.

Bisognerà nel frattempo sperare che la Bce, dopo il decimo rialzo consecutivo, abbia raggiunto il tasso terminale.

Voglio sperare che la serie di aumenti dei tassi sia finita, anche perché tutto il danno che si poteva immaginare è stato fatto: spero non si voglia andare oltre, seguendo la malsana idea che l’inflazione si fermi aumentando la disoccupazione.

(Lorenzo Torrisi)

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