Le imprese italiane stanno operando in un contesto internazionale fragile e turbolento, dominato dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente.

L’autunno 2024 è caratterizzato da un indebolimento della crescita che rischia di far perdere lo slancio degli ultimi anni che ha visto l’economia italiana performare meglio di quelle di Francia e Germania per crescita del Pil e dell’occupazione tra il 2021 e il 2024, nonostante le condizioni avverse conseguenti all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, uno shock energetico, la stretta monetaria più pesante della storia dell’Euro, la caduta del commercio internazionale e le incertezze derivanti dallo scoppio della crisi in Medio Oriente.



L’analisi della complessa fase congiunturale è delineata nel Rapporto “Italia, la grande officina delle piccole imprese” pubblicato stamane in occasione dell’Assemblea annuale di Confartigianato a cui ha partecipato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’elevata instabilità geopolitica e il crescente utilizzo dei dazi indeboliscono la ripresa del commercio internazionale e riducono la produzione manifatturiera, con una crisi più acuta per moda e meccanica. Il clima di incertezza frena gli investimenti delle imprese, con ricadute sul tasso di crescita: a ottobre scende il clima di fiducia delle imprese, portandosi su un livello minimo da aprile 2021.



Per il prossimo anno si prospetta un indebolimento dell’attività edilizia, dopo una lunga fase espansiva. Le previsioni della Commissione europea pubblicate a metà novembre indicano per il 2025 in Italia una flessione del 3,8% degli investimenti in costruzioni. Nel corso dell’estate del 2024 si osserva una tenuta dell’attività nelle costruzioni, con il relativo indice della produzione che nel trimestre luglio-settembre 2024 segna un aumento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. L’intervento sulle detrazioni edilizie contenuto nel disegno di legge di bilancio frena l’attività di ristrutturazione delle abitazioni, allontanando l’Italia dal raggiungimento degli ambiziosi obiettivi previsti dalla direttiva green degli edifici.



I consumi di beni e le vendite al dettaglio sono in flessione, mentre tiene la spesa per i servizi. La spesa delle famiglie nel secondo trimestre del 2024 aumenta dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, dinamica sostenuta dall’aumento dell’1,1% della spesa per i servizi mentre quella per i beni scende dello 0,3%. Il basso profilo dei consumi di beni è confermato dalla debolezza delle vendite al dettaglio, il cui volume nei primi nove mesi dell’anno segna un calo dello 0,7% su base annua. A ottobre la fiducia dei consumatori evidenzia un’evoluzione sfavorevole, con un peggioramento delle aspettative. Il turismo non conferma la crescita dello scorso anno: tra gennaio e settembre del 2024 le presenze turistiche ristagnano, con aumento su base annua delle presenze straniere che compensa il calo delle presenze dei turisti italiani.

La domanda interna è sostenuta da un buon andamento del mercato del lavoro, che a settembre 2024 registra un aumento di 301mila occupati in un anno (+1,3%, sostenuto dall’aumento di 331mila dipendenti permanenti, pari al +2,1%), pur segnando, dopo tre mesi di crescita, un calo su base mensile del numero di occupati. Rimane elevata la carenza di manodopera, in particolare di quella maggiormente qualificata: a novembre 2024 risulta di difficile reperimento il 47,9% delle entrate previste dalle imprese, quota che sale al 60,1% per gli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine.

Il nuovo ciclo di politica fiscale delineato dal Piano strutturale di bilancio, caratterizzato da una riduzione del deficit e da un contenimento della spesa pubblica primaria, si associa a una politica monetaria che ha determinato un caro tassi più pesante per le imprese italiane rispetto alle omologhe europee, riducendo la domanda di prestiti e la propensione a investire delle imprese, ostacolando una complessa doppia transizione, digitale e green. Le imprese italiane a settembre 2024 hanno visto salire il costo del credito di 337 punti base rispetto a giugno 2022, mese precedente all’inizio della stretta monetaria: si tratta di 40 punti in più rispetto ai 297 punti in più registrati in Eurozona e dell’aumento più consistente tra i maggiori Paesi europei. A settembre 2024 i prestiti alle imprese sono diminuiti del 2,4%, mentre la dinamica degli investimenti delle imprese dal primo trimestre del 2024 è entrata in territorio negativo e nel secondo trimestre dell’anno segna un calo del 2,3% su base annua. La Bce ha avviato un percorso di allentamento delle condizioni monetarie, ma che rimane ancora incerto nella sua intensità, dipendendo dall’evoluzione della congiuntura. La crescita “zero virgola” dell’economia dell’Eurozona rende auspicabile, fin dalla prossima riunione del Consiglio della Bce del 12 dicembre, un deciso taglio dei tassi di cinquanta punti base.

Agli alti oneri finanziari si associa un livello dei prezzi di elettricità e gas che rimane ampiamente al di sopra dei livelli del 2021, anno precedente allo scoppio della crisi energetica. Il conflitto in Medio Oriente mantiene una elevata volatilità dei prezzi delle commodities energetiche.

Il percorso di miglioramento dei conti pubblici delineato dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029 limita all’1,5% il tasso annuo di crescita della spesa primaria netta. Tale vincolo – introdotto dalla riforma del Patto di stabilità e crescita – in presenza di una maggiore rigidità delle uscite per previdenza, sanità e lavoro pubblico potrebbe spiazzare la spesa pubblica per gli investimenti, per gli interventi a sostegno delle attività economiche e per la difesa del territorio, questi ultimi resi sempre più necessari per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Sono opportuni gli interventi di riduzione della pressione fiscale, a fronte di un carico fiscale che in Italia nel 2024 rimane più alto di 1,7 punti di Pil rispetto alla media dell’Eurozona. L’indebolimento di una spinta fiscale espansiva può derivare anche dai ritardi nello stato di avanzamento delle opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che a inizio ottobre 2024 registra una spesa complessivamente sostenuta di 53,5 miliardi di euro, pari al 27,5% del totale delle risorse finanziarie del Piano (194,4 miliardi).

Nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Bce, Commissione europea, Eurostat, Istat, Mef, Unioncamere-Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e Upb.

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