Nel secondo trimestre il Pil nell’Eurozona è cresciuto dello 0,3%, ma con una certa eterogeneità tra i principali Paesi dell’area: si va dal -0,1% della Germania al +0,8% della Spagna. In mezzo il +0,3% della Francia e il +0,2% dell’Italia. Un dato, quest’ultimo, coincidente con la stima formulata la scorsa settimana da Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, secondo il quale, vista la crescita acquisita arrivata al +0,7% a metà anno, «basterà anche procedere a passo di lumaca per raggiungere il +1% a fine 2024. Credo che la nostra economia sia stata prevalentemente trainata dai servizi. L’Istat parla infatti di una diminuzione del valore aggiunto nell’agricoltura e nell’industria».



L’Istat parla anche di un contributo positivo della domanda interna. Significa che i consumi stanno tenendo?

Sì, perché non credo che gli investimenti stiano facendo faville, sia per via delle incertezze relative al piano Transizione 5.0, sia per il calo delle costruzioni dovuto alla fine del Superbonus 110%, anche se potrebbe esserci stata una crescita dell’edilizia pubblica. Bisognerà, però, aspettare i dati definitivi di inizio settembre per scoprirlo.



Intanto la Francia è andata meglio di noi, con un dato in linea con la media dell’Eurozona…

Si tratta di un dato dovuto per ben due terzi all’andamento positivo del commercio estero, su cui ha influito, come spiegato dall’Insse, la consegna di una grande nave, un po’ come avvenuto l’anno scorso nel terzo trimestre.

Cosa pensa, invece, della crescita della Spagna?

Il Paese iberico sembra viaggiare a una velocità doppia rispetto agli altri. Questo è dovuto in parte al fatto che ha recuperato più tardi i livelli pre-Covid, e quindi gode ancora di questa spinta di risalita, e in parte alla messa a terra del suo Pnrr: sono stati fatti molti investimenti in sanità e istruzione in Spagna.



La Germania, intanto, dopo la ripresa del primo trimestre, ha fatto registrare un altro dato negativo.

Vedremo se il -0,1% sarà rivisto al ribasso come accaduto al dato dell’ultimo trimestre del 2023. Al momento l’economia tedesca sembra essere su un’altalena in cui le fasi di discesa sono più intense di quelle di risalita. Abbiamo avuto un altro segnale che la Germania non è ancora uscita dalla crisi.

Al netto della consegna di una grande nave, le due principali economie europee appaiono sostanzialmente ferme.

La Francia presenta qualche elemento di vitalità in più, anche se l’indagine sulla situazione di imprese e famiglie di luglio è stata negativa. Considerando che già erano in corso i preparativi per le Olimpiadi, forse i giochi non daranno un forte contributo all’economia. Il problema più critico della Francia resta la crisi del suo modello di welfare, che favorisce sostanzialmente la tenuta consumi interni, ma a caro prezzo, visto che il debito pubblico continua a crescere, molto più del nostro.

In Francia c’è anche un problema politico non indifferente…

Sì, la situazione politica appare confusa, ma è difficile immaginare che nascerà una maggioranza di governo che imporrà una stretta fiscale. Potenzialmente, quindi, la Francia potrà crescere anche grazie alla spinta della spesa pubblica.

Qual è, invece, la criticità dell’economia tedesca?

Il sistema produttivo tedesco mi sembra veramente impiombato in questo momento. Sta attraversando una crisi sia di costi che di modello di produzione, anche a causa della fine dell'”Eldorado” cinese che in Germania pensavano forse sarebbe stato eterno.

Non sembra esserci nemmeno una classe politica che pensa di rilanciare l’economia con delle riforme, come avvenuto in passato.

La Germania replica in piccolo, entro i suoi confini, la situazione vista a livello europeo: per poter tenere in piedi delle maggioranze si ricorre a un coinvolgimento importante di partiti ambientalisti non propriamente pro industriali, che rappresentano poi la negazione stessa di quel grande Paese industriale che è la Germania.

(Lorenzo Torrisi)

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