L’Istat ha confermato che il Pil nel terzo trimestre dell’anno è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente, con una crescita tendenziale dello 0,4%. La crescita acquisita per il 2024 è stata, invece, portata al +0,5% dal +0,4% previsto poco più di un mese fa. Un dato che sembrerebbe rendere comunque impossibile arrivare a fine anno al +0,7% previsto da Fmi e Commissione europea. Tuttavia, come ci spiega Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, «le cose non stanno affatto così».
Come mai?
Perché quest’anno ci sono quattro giorni lavorativi in più rispetto al 2023, di cui due nel quarto trimestre. Per calcolare la crescita acquisita i dati trimestrali vengono destagionalizzati, quindi il risultato è inferiore ai valori grezzi che sono poi quelli che contano per calcolare il Pil finale dell’anno.
È possibile stimare a quanto corrisponda la “vera” crescita acquisita per quest’anno?
Sì, basta prendere i dati grezzi dei primi tre trimestri di quest’anno e confrontarli con quelli dello stesso periodo del 2023: il risultato è una crescita dello 0,7%.
In linea con le stime di Fmi e Commissione europea…
Sì, ma se consideriamo che abbiamo ancora un quarto trimestre con due giorni lavorativi in più rispetto all’anno scorso, penso che potremmo anche chiudere il 2024 leggermente meglio.
L’indice PMI manifatturiero italiano di novembre diffuso ieri è sceso ancora a 44,5 punti rispetto ai 46,9 di ottobre, in linea con il resto d’Europa. La situazione critica della manifattura non peserà sul dato di fine anno?
È vero che perdura la crisi della manifattura europea che penalizza anche il nostro export intracomunitario. Tuttavia, bisogna anche considerare che nel quarto trimestre ci saranno ulteriori investimenti legati al Pnrr. Inoltre, le attività dei servizi, stimolate dai consumi delle famiglie, che sono cresciuti nel terzo trimestre dell’1,4% rispetto al trimestre precedente, potrebbero fornire un importante contributo alla crescita.
Potrebbe esserci un impatto negativo sui conti pubblici visto che la crescita sarebbe comunque inferiore a quella stimata dal Governo?
Guardi, noi siamo l’unico Paese del G7 che ha riportato il rapporto debito/Pil ai livelli pre-Covid e stiamo continuando a farlo. Infatti, prendendo i dati della Banca d’Italia sul debito pubblico e quelli di Istat sul Pil, emerge che il rapporto debito/Pil nel terzo trimestre dell’anno è pari al 136,3%, quando nello stesso trimestre del 2019 era pari al 136%. Non possiamo trascurare poi il fatto che il Piano strutturale di bilancio italiano è stato promosso la settimana scorsa dalla Commissione europea e contiene una traiettoria virtuosissima di finanza pubblica, con un avanzo primario di 37 miliardi di euro nei prossimi due anni.
Cosa pensa, invece, delle difficoltà della nostra manifattura?
La manifattura italiana sta soffrendo, ma non perché non competitiva, bensì perché, salvo per quel che riguarda l’automotive, la difficoltà di altri Paesi europei, in primis la Germania, ed extra-Ue penalizza il nostro export. Stiamo pagando non solo la crisi del modello tedesco basato sui bassi costi del gas russo, ma anche il fallimento delle politiche green europee, soprattutto per quel che riguarda l’auto elettrica.
Paghiamo, quindi, anche gli errori di Bruxelles…
La Commissione von der Leyen-1 è riuscita brillantemente a creare il Next Generation Eu per uscire dalla crisi generata dalla pandemia, ma allo stesso tempo a varare il Green Deal e a implementarlo in modo ideologico, anche con la complicità dei produttori tedeschi di auto convinti di poter primeggiare nella mobilità elettrica, con risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti: siamo passati da una pandemia di tipo sanitario a una di tipo economico. Purtroppo la crisi europea è in gran parte frutto delle scelte della stessa Ue.
Dunque, la Commissione von der Leyen dovrebbe quanto meno rivedere le politiche relative alla transizione all’auto elettrica.
Sì, ma servono decisioni rapide. Purtroppo l’Europa sta pagando anche le difficoltà politiche dell’asse franco-tedesco: ci toccherà quanto meno aspettare le elezioni anticipate in Germania e capire cosa accadrà al Governo francese.
(Lorenzo Torrisi)
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