Prima la convocazione per lunedì prossimo delle parti sociali al Viminale per parlare della prossima manovra. Un’iniziativa che ha provocato la stizzita risposta del premier Conte: la Legge di bilancio si discute a Palazzo Chigi e con i dicasteri competenti, senza sconfinamenti di ruoli. Poi gli emendamenti della Lega al decreto sicurezza, con la richiesta, tra le altre, di concentrare i poteri decisionali in fatto di contrasto all’immigrazione nelle mani del Viminale: proposta seccamente respinta dal M5s. A seguire le polemiche sul caso Spadafora e in serata l’annuncio: “Ho proposto a Conte il nome del prossimo ministro per le politiche Ue, aspetto l’ok. Noi siamo pronti”. Insomma, Matteo Salvini gioca sempre più a tutto campo e ieri per lui è stata una giornata politica che è possibile rubricare come “tutti contro Salvini”. Dove vuole arrivare il leader della Lega? “Vuole arrivare a pesare quanto i sondaggi dicono che pesi – risponde Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera -, cioè praticamente come il capo del governo. Finché riesce in questa operazione, Salvini non ha bisogno di andare a votare”.
Altrimenti?
Se questa operazione gli venisse impedita da un’opposizione insormontabile dell’alleato di governo o del premier o dell’Europa, allora forse potrebbe essere tentato.
I Cinquestelle non sembrano però così forti, non crede?
Hanno le armi spuntate, nel senso che mugugnano, ogni tanto avanzano qualche ripicca, ma tutti sanno che non vogliono e non possono tornare a votare. Quindi non hanno la possibilità di arrivare fino allo scontro.
C’è un braccio di ferro anche con Conte?
Il presidente del Consiglio è più che altro un consigliere d’amministrazione indipendente, non un azionista del governo, quindi può svolgere quel ruolo, e lo ha fatto più che bene per esempio sulla vicenda europea.
Salvini non ha praticamente ostacoli sulla sua strada?
L’unico vero freno è quella specie di pilota automatico del rispetto dei vincoli europei, che è inserito costantemente nel sistema italiano, a causa del nostro enorme debito pubblico. Agisce un po’ da freno automatico quando qualcuno comincia a “sbarellare” alla guida. E questo a un certo punto potrebbe condizionare Salvini fino al punto da fargli ipotizzare il ricorso alle urne, e cioè se nella prossima Legge di bilancio non riuscirà a ottenere la flat tax che ha in mente.
Le ultime schermaglie di Salvini, secondo lei, sono una tattica per indurre a far cadere il governo o l’ennesimo capitolo di una strategia di logoramento del M5s?
Salvini va preso in parola: lui dice quel che vuole fare. E dice anche che gli altri glielo devono far fare, senza mettere i bastoni tra le ruote. E’ chiaro che questo logora i Cinquestelle. Lo abbiamo visto alle Europee e lo vediamo nei sondaggi. Ma è quasi una conseguenza: se Salvini potesse, crescerebbe all’infinito senza logorare il M5s. Ma non può, perché i due elettorati si muovono in un certo senso specularmente. La sua tattica è diventare sempre più forte e per farlo deve dimostrare che fa le cose che promette.
A questo decisionismo di Salvini, giusto o sbagliato che sia nelle scelte, la politica italiana è un po’ disabituata. Ma agli italiani piace?
Il decisionismo piace a tutti, non solo agli italiani. Ma è un po’ esagerata la fama di decisionista che circonda Salvini.
Perché?
In realtà, le uniche decisioni che ha mantenuto, molto rigorosamente e con risultati apprezzabili per l’opinione pubblica, sono quelle sulla chiusura dei porti. Se però facciamo un giro d’orizzonte su ciò che vorrebbe Salvini, dalla Tav alla flat tax, vediamo che non le ha ancora ottenute. Non è detto che non le ottenga: per esempio la Tav si farà, perché anche lì c’è il pilota automatico. Ma deve darsi molto da fare per averle. Dopo un anno di governo, se Salvini avesse avuto lui il 32% e il M5s il 17%, avrebbe realizzato molte più promesse. Ciononostante questo piglio è elettoralmente molto apprezzato.
Evitata la procedura d’infrazione, l’immigrazione è tornata prepotentemente alla ribalta. La Lega ha chiesto super-poteri da concentrare nelle mani del ministro dell’Interno. Che ne pensa? Lo stop agli sbarchi porterà ancora più consensi? Sarà un’estate all’insegna di Salvini superstar?
E’ ovvio che un controllo rigoroso dell’immigrazione oggi, in tutta Europa, non solo in Italia, porta consensi. Non c’è dubbio. Va però detto che c’è chiaramente in atto una strategia polemica nei confronti di Salvini per tentare di forzare il blocco, ma questa strategia fa il suo gioco, gli consente di riportare in primo piano quell’emergenza sbarchi che in realtà non ci sarebbe. Tutto gioca per lui, anche gli avversari. Siamo arrivati al minimo possibile di sbarchi e semmai il problema resta quello di una ricontrattazione con l’Europa e anche con i paesi extra-Ue del Mediterraneo per provare a redistribuire gli eventuali futuri arrivi e per creare dei canali per i rimpatri. E’ un’operazione diplomatica, che non si fa con le navi militari.
Dopo l’estate, arriverà l’autunno, con il nodo dei conti pubblici e dell’economia che non cresce. Ci aspetta una Legge di bilancio molto complicata. Sul taglio delle tasse si giocherà una partita dura sia all’interno del governo che con la Ue?
L’Italia intanto ha già preso degli impegni sul 2020 per evitare adesso la procedura d’infrazione, impegni che andranno ovviamente mantenuti. Ora si tratta di vedere come va la congiuntura, cioè se la crescita è tale da garantire entrate fiscali e da far scendere il numeratore nei rapporti deficit/Pil e debito/Pil. Mi pare che al momento abbiamo dei vincoli rigorosi, a partire dall’impegno che lo stesso governo ha preso di voler evitare l’aumento dell’Iva, e parliamo di una cifra superiore ai 20 miliardi di euro. Non ci sono grandi risorse per un taglio fiscale e, secondo me, è chiaro che il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia stanno pensando a un taglio fiscale diverso e meno oneroso di quello che ha in testa Salvini. Vedremo se accetterà un compromesso oppure no.
La miccia per una crisi di governo può arrivare allora dal nodo dell’autonomia regionale?
No. Si passa l’estate senza crisi di governo.
Tutto rinviato all’autunno?
E rinviare all’autunno significa rinviare al 2020, perché a ottobre bisogna cominciare a lavorare sulla Legge di bilancio. Non vedo in giro la volontà e l’orientamento di forzare una scadenza elettorale prima dell’anno prossimo.
Nel frattempo come vede i rapporti tra Lega e M5s?
Come adesso. Sono andati avanti in una campagna elettorale permanente per un anno, possono andare avanti così per altri sei mesi. Poi, certo, può sempre succedere il patatrac. Non mi sembra però che Salvini abbia deciso di andare al voto, anzi mi sembra che abbia deciso di non andarci almeno fino alla prossima primavera.
(Marco Biscella)