Primo giro di consultazioni. “Disponibili a impegnarci in una maggioranza politica”, “pronti ad appoggiare un governo istituzionale”, ma da Renzi arriva un no all’incarico a Conte. Il Pd invece lo sostiene.

A domanda sui numeri, Paolo Cirino Pomicino, deputato andreottiano per sei legislature, due volte ministro, è perentorio. Non è un problema di pallottoliere. “La maggioranza non c’è” dice al Sussidiario. Per Pomicino sta nel Pd il bandolo della crisi. Il partito di Zingaretti ne porta tutta la responsabilità. Per cominciare, “in questa vicenda si è vista per intero l’inesperienza politica di Conte”.



Dove la ravvisa, onorevole Pomicino?

Non si risponde ad una crisi politica con la ricerca dei numeri. Non è l’unica anomalia.

Ce ne dica un’altra.

In nessuna democrazia parlamentare si consegna la guida del governo ad una persona non eletta. È vero, c’è il precedente di Ciampi (1993-94, ndr), ma l’ex governatore di Bankitalia aveva un’esperienza di politica economica e di politica tout court non di poco conto. Va però detto che da quella nomina è iniziato l’arretramento della politica nella guida della società italiana. E altri poteri l’hanno sopravanzata.



Un’altra anomalia?

La debolezza del Partito democratico. Come si può accettare come premier la stessa persona che aveva governato con la destra? nessuno in Italia ha mai guidato maggioranze di segno opposto.

Ha seguito la conferenza di Renzi dopo le consultazioni?

Sì, l’ho seguita e anticipo la sua domanda. A mio giudizio è sempre più difficile che possa esistere un Conte ter, per il semplice fatto che o si cambia la maggioranza ma non il presidente del Consiglio, o resta questa maggioranza ma si cambia premier.

Secondo lei Renzi ha chiuso definitivamente a Conte o no?

Ipotizziamo che si ricostituisca la maggioranza dopo qualche preambolo di discontinuità. Se il presidente del Consiglio è ancora Conte, allora bisogna riaprire i manicomi… Il punto è un altro.



Ce lo dica.

Davanti alle obiezioni di Italia viva, che non sono cominciate ieri ma due mesi fa, il Pd, che è il vero partito di maggioranza, avrebbe dovuto convocare i partiti e trovare un accordo. Ma c’è un altro errore del Pd.

Quale sarebbe?

Il Pd ha lasciato che la crisi, tutta politica, fosse gestita dal presidente del Consiglio. Non esiste una cosa del genere nella democrazia parlamentare, a maggior ragione se il premier è un non eletto. Tocca ai partiti risolvere le questioni politiche.

A quale scenario ci porta tutto questo?

Non ci troviamo davanti a una crisi di governo, ma di sistema, nella quale i partiti non sanno più giocare il ruolo che la Costituzione gli attribuisce. I partiti, a cominciare dal Pd, abbiano un sussulto, riscoprano i fondamentali della politica e della gestione parlamentare. A quel punto non potranno che dare un segnale di discontinuità.

Tradotto?

Non potrà essere solo programmatica, più efficienza, più capacità eccetera. Queste sono solo dichiarazioni. La vera discontinuità è la sostituzione del presidente del Consiglio.

Chi incaricare? Un politico, un tecnico?

Ritengo che debba essere un politico. Possibile che su 945 parlamentari, più quelli europei, non se ne trovi uno da mettere alla guida del paese?

Il colore? Giallo o rosso?

Se anche i numeri danno a M5s il ruolo di partito di maggioranza relativa, è nel Pd che si deve trovare una soluzione, perché M5s è screditato. Diversamente, il governo sarà sempre più debole.

Si parla di Gentiloni, Sassoli, Franceschini…

Non intendo fare nomi.

I partiti sembrano pensare solo alle tattiche per condizionare l’elezione del presidente della Repubblica.

Sarebbe meglio ripetere l’esperienza di Napolitano. Intendo dire: piuttosto che andare alla ricerca del messia, meglio affidarsi alla saggezza della prima repubblica, anche se a volte non ha dato risultati brillanti.

Torniamo a Palazzo Chigi. Un accordo va trovato.

Se il parlamento non riesce ad esprimere un capo del governo, a quel punto è meglio che si torni a votare.

Allora il voto non è un tabù per lei.

Certamente no, però mi sentirei a disagio se pensassi di ritrovarmi nel 2024 in questa stessa situazione. Si usino questi due anni per ripristinare il primato della politica.

Come?

Cominciando ognuno col dire chi è. Zingaretti è socialista? O è un democratico cristiano di sinistra? Perché la sinistra, senza nessuna aggettivazione, è solo un segnale stradale. Vale per tutti, anche per la destra.

Ce l’ha col Pd?

Nel ’76, quando nessuno volle governare con la Dc, la Dc lo fece da sola, dimostrando di essere l’architrave del sistema politico. Oggi questo ruolo è del Pd, ma il Pd non può esercitarlo perché in quel partito non sanno più chi sono.

Non abbiamo toccato l’ipotesi di un governo tecnico, ma mettiamoci anche la formula istituzionale. Mattarella ci sta pensando.

Mi fa venire in mente ciò che disse Guido Carli quando fu invitato da Andreotti ad assumere la guida del Tesoro (1989, ndr). Accettò, ma pose una sola condizione: che gli altri due ministri finanziari fossero politici.

E perché?

Glielo chiese anche Andreotti. Da tecnico – gli rispose Carli – ti dico che il governo dei tecnici o è un’illusione, o è un’eversione.

(Federico Ferraù)