Il decreto Rilancio? “Può consentirci al massimo di galleggiare, ma non è adeguato a darci la spinta per una ripresa economica significativa”, dice Stefano Folli, editorialista di Repubblica. L’incognita maggiore della crisi economica è la sua onda d’urto prossima ventura, uno scenario a fronte del quale le misure adottate appaiono insufficienti e tardive. C’è da augurarsi, dice Folli, che non si materializzi il “collasso economico” al quale andremmo incontro se l’Italia si fermasse, non per il Covid, ma per gli effetti disastrosi, “apocalittici”, di una economia che non riparte. A quel punto si imporrebbe un governo di unità nazionale forzata, “molto diverso da ogni ipotesi che abbiamo immaginato fino a oggi”.



Potremmo dover assistere ad un crollo del Pil a doppia cifra. Qualcuno ha parlato del 12%.

I provvedimenti del decreto ci permetterebbero di affrontare solo l’inizio della tempesta.

Sulla sanatoria degli immigrati è stato scontro fino all’ultimo. Sono cambiati gli equilibri nella maggioranza?

La mia impressione è che alla fine i 5 Stelle accetteranno tutto. C’è sempre stata una differenza tra la loro retorica e le loro decisioni. Se il Governo decide di ricorrere alla fiducia, non penso che si lamenteranno troppo.



Come va a finire in Parlamento se si vota sul Mes?

Se sul Mes si votasse oggi il Governo potrebbe cadere, ma non saranno i 5 Stelle ad aprire la crisi. Ad eccezione di una parte minoritaria che vorrebbe tornare sulle barricate, gli altri resteranno attaccati a Palazzo Chigi per gestire questa fase di declino governativo. E troveranno un alibi per sostenerlo. Detto questo, un incidente parlamentare può sempre succedere.

Costruire un’alternativa a questo governo è possibile?

È molto difficile, a meno che non sia un’ipotesi di unità nazionale, anch’essa ardua da costruire politicamente, per ovvie ragioni.



Quali sarebbero?

Non si tratta soltanto di mettere le forze di maggioranza d’accordo con Berlusconi, cosa che già non sarebbe semplice. Vuol dire anche trovare un accordo con forze come FdI e Lega, che non la pensano su tutto allo stesso modo.

Però un possibile governo di unità nazionale lei non lo esclude del tutto.

Ci si potrebbe arrivare se il collasso economico fosse drammatico. Non solo una recessione di una decina di punti, ma molto peggio, il paese che non tiene più, misure che si dovessero rivelare sbagliate e controproducenti, la gente che fa la fame e scende in strada.

Se andasse così?

Un simile scenario apocalittico potrebbe favorire un accordo di unità nazionale in cui alle forze politiche spetterebbe soltanto il compito di sostenere in Parlamento un Governo ad alto tasso di competenza tecnica.

Chi potrebbe guidarlo?

Impossibile dirlo. Ma sarebbe molto diverso da quello che abbiamo immaginato fino a oggi, vale a dire un’ipotesi alternativa sulla quale i partiti si accordano a tavolino.

E che Governo sarebbe?

Sarebbe la risposta straordinaria ad una situazione eccezionale che per fortuna non intravediamo all’orizzonte.

Dovremo affidarci al vincolo esterno, cioè all’Europa?

I vincoli europei ci aiutano a non sprofondare, ma non saranno quelli che ci permettono di riprendere a correre. Non dimentichiamo che in fondo ai vincoli europei c’è la competizione commerciale. Fino a ieri era l’export la nostra forza, insieme a un residuo di industria e al turismo. Ma sono tutte forbici che si vanno allargando.

Se le nostre imprese esportatrici non riuscissero più a sostenere il Pil?

Gli sviluppi sarebbero drammatici.

Il Quirinale non potrebbe propiziare soluzioni politiche alternative?

Può entrare in gioco solo se esistono le condizioni, che al momento non ci sono perché il governo è debole ma tiene. Il giorno in cui si dovesse profilare la caduta della maggioranza, ancor prima di arrivarci il Quirinale interverrebbe, nei modi non invasivi propri di Mattarella.

Cina e Vaticano hanno un ruolo in questa crisi politica?

La Cina in Italia sta giocando pesantemente e credo che voglia separarci dal resto dell’Europa. Il Vaticano, per le sue ragioni anche nobili, ha bisogno di un buon rapporto con Pechino. Le due cose si intrecciano.

(Federico Ferraù)

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