Ieri nel primo pomeriggio il rendimento dei titoli di stato europei è salito dopo l’uscita del dato sulla spesa per i consumi negli Stati Uniti, cresciuta a settembre dello 0,6% rispetto al mese precedente e del 6,2% rispetto a dodici mesi prima. La spesa è migliorata anche al netto dell’inflazione. L’andamento dei salari non tiene il passo con la spesa per i consumi e il tasso di risparmio è sceso, ma gli acquisiti delle famiglie americane sono ancora forti; tutto quello che si può aggiungere sulla precarietà di un rialzo che avviene intaccando i risparmi o sul peggioramento delle prospettive economiche non cambia la situazione contingente. La Federal Reserve continua a non avere scuse per cambiare politica monetaria e fermare il rialzo dei tassi; l’economia americana è ancora forte, il mercato del lavoro è ancora in eccesso di domanda, i consumi vanno bene e l’inflazione rimane ai massimi. Se la Federal Reserve rialza i tassi, allora anche la Banca centrale europea sarà obbligata a seguire per evitare un indebolimento eccessivo dell’euro che peggiora l’inflazione dell’eurozona.
Nei giorni in cui si conferma la forza dei consumi americani si nota un’altra grandezza. Il prezzo del gas in America a un mese ieri aveva lo stesso valore, alla seconda cifra decimale, di dodici mesi fa e quotava un po’ meno del doppio dei valori di due anni fa. Il prezzo europeo, invece, sempre a un mese, era il 50% più alto di dodici mesi fa e otto volte più alto di quello di due anni fa. Questo dopo un ritracciamento sensibile negli ultimi due mesi a causa delle temperature eccezionalmente miti.
Non è una sorpresa che la crisi che in America si vede all’orizzonte ma non c’è, in Europa invece si vede già nei consumi. Questa divaricazione non sembra destinata a ridursi. La tedesca Basf, la principale società chimica al mondo, qualche giorno fa ha dichiarato che ridurrà permanentemente la propria base produttiva in Europa. La capacità che lascia l’Europa viene portata nei Paesi che hanno bassi costi energetici tra cui gli Stati Uniti. Le decisioni delle imprese che chiudono stabilimenti per gli alti costi energetici hanno conseguenze di medio lungo termine e hanno appena cominciato ad avere impatti sull’economia.
Nei prossimi mesi il diverso stato di salute dell’economia americana rispetto a quella europea verrà confermato. Nelle crisi precedenti, sia nel 2008 che nel 2014, l’America ha poi tirato dietro anche l’Europa nella ripresa. Questa dinamica si può ripetere solo se l’Europa riesce a risolvere la crisi energetica alla velocità della luce. Altrimenti quello a cui stiamo assistendo è l’inizio di un nuovo paradigma in cui il Vecchio continente assume progressivamente le caratteristiche di un Paese emergente anche nei confronti del dollaro e degli Usa.
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