Come si è potuto constatare la scorsa settimana, più il tempo passa, più le previsioni sull’economia italiana peggiorano. Secondo il Fondo monetario internazionale, infatti, il 2022 si chiuderà con un Pil al +2,3%, pari alla crescita acquisita a fine 2021, segnale di una crescita zero e di una probabile recessione tecnica.
Inoltre, complici le ultime dichiarazioni dei vertici della Bce, i rendimenti dei Btp sono saliti rendendo più alto il costo del debito per le casse pubbliche in un momento in cui, nella risoluzione con cui è stato approvato in Parlamento il Def, i partiti chiedono al Governo di tenersi pronto a uno scostamento di bilancio. Come evidenzia Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, «la situazione è complicata, difficile e incerta, perché in effetti più si va avanti, più le previsioni peggiorano. E certo non aiutano le notizie che arrivano dalla Cina, secondo le quali c’è il rischio di un lockdown anche a Pechino».
Che implicazioni potrebbe avere una decisione di questo tipo?
Da un lato, andrebbero riviste le previsioni sul Pil della Cina. Dall’altro, sappiamo bene il ruolo che il gigante asiatico ha nelle catene del valore globali e quindi ci sarebbero conseguenze importanti anche per il resto del mondo.
Intanto in Europa, dopo la vittoria di Macron, si guarda alle decisioni che prenderà la Bce nei prossimi mesi.
Sappiamo già che verranno gradualmente ridotti gli acquisti di titoli di stato. Dopodiché è probabile che la Bce monitorerà con ansia l’andamento dei prezzi e dell’economia. Non appena quest’ultima desse segno di ripartire davvero, allora la Bce comincerà ad alzare in misura visibile i tassi. Altrimenti farà di tutto per tenerli il più in basso possibile, perché sa benissimo che gli effetti di un rialzo sulla crescita, soprattutto per un’economia come la nostra, sarebbero immediati e negativi.
Nei giorni scorsi c’è stata un’apertura a un rialzo dei tassi già quest’anno, con una decisione da prendere probabilmente a luglio.
Sì, ormai pare assodato che a luglio verrà presa una decisione sui tassi. Tuttavia, penso che più che indicare una data, la Bce delineerà un percorso, lasciando intendere che ci sarà un perdurante sostegno all’economia, accompagnato da un’attenzione costante all’andamento dei prezzi. Non dimentichiamo, poi, che la Banca centrale europea continuerà comunque a investire i proventi dei titoli di stato che ha in portafoglio.
Intanto stanno crescendo i rendimenti dei Btp e ciò riduce gli spazi di manovra per il Governo italiano.
Certamente non si possono attuare politiche espansive della spesa come stanno chiedendo le forze politiche. Ci saranno le elezioni amministrative a breve, ma penso che nessun partito si spingerà fino a mettere davvero in crisi il Governo. Il problema è che con questo Pnrr è difficile vedere una vera ripartenza dell’economia.
A questo proposito, cosa pensa del giudizio di Standard & Poor’s secondo cui le riforme che l’Italia attuerà nell’ambito del Pnrr possono mitigare i rischi per l’economia derivanti dal conflitto in Ucraina?
Standard & Poor’s e i grandi valutatori internazionali sembrano aver avuto con l’Italia questo tipo di atteggiamento: in passato hanno registrato le nostre difficoltà e hanno tagliato il rating, dopo però hanno visto che il Paese non è affondato e hanno quindi iniziato una marcia indietro dando qualche giudizio positivo. Resta il fatto che in questo momento l’opinione sull’Italia è debolmente buona. Anche perché un punto di forza del nostro apparato produttivo è saper fare un po’ di tutto e questo, se la Cina continuerà ad approvvigionare a singhiozzo il resto del mondo, potrebbe essere un vantaggio per le nostre imprese che potrebbero vedere aumentare i loro ordini. La nostra economia non è quindi in stato comatoso, come rischia invece di diventare quella tedesca. Con ripercussioni che però ci toccheranno, visti i legami tra i nostri apparati industriali. Sulla Germania va poi detta una cosa.
Quale?
Che sconta anche una difficoltà politica. La coalizione semaforo è troppo eterogenea: verdi, liberali e socialdemocratici hanno tre linee diverse tra loro confliggenti. Finora è riuscita a reggere anche perché non ha preso molte iniziative. Forse ora, dopo la vittoria di Macron, cambierà qualcosa anche in Germania.
Ci vorrà uno strumento europeo visti gli spazi d’azione ridotti per il Governo e le difficoltà delle famiglie italiane a causa del caro energia e dei prezzi alimentari?
Certamente. Ursula von der Leyen si è sentita poco nelle scorse settimane in cui le elezioni francesi erano entrate nel vivo. Adesso potrà forse prendere l’iniziativa. Teniamo comunque presente che le nostre difficoltà non saranno particolarmente urgenti fino alla fine dell’estate.
Perché?
Perché fino ad allora ci aiuterà il turismo. In questi giorni ho potuto vedere con i miei occhi quanto siano forti i flussi turistici sia europei che interni. Fino a settembre-ottobre questo ci consentirà di restare a galla nonostante la tempesta. Il vero problema è cosa accadrà dopo, anche perché ci troveremo nel momento in cui il Governo dovrà predisporre la Legge di bilancio per il 2023. Mi auguro che per allora l’Europa avrà preso posizioni di maggior coordinamento, di supervisione generale e anche decisioni in termini di fondi e finanziamenti anti-crisi.
Molto dipenderà anche dall’evoluzione del conflitto in Ucraina. Pensa ancora che il 9 maggio possa essere una data chiave?
Penso sia possibile. A me sembra che l’avanzata russa in Donbass si sia fermata. Non arrivano notizie particolareggiate dal campo, ma pare di capire che l’esercito ucraino stia tenendo, anche grazie alle armi ricevute dall’Occidente. Vero è che la Russia non sta usando tutta la sua potenza di fuoco non nucleare. E può darsi che questo risponda all’esigenza di rafforzare le basi di una trattativa che potrebbe riemergere la prossima settimana. Mi auguro che ciò accada e mi sembra che la visita del Segretario generale dell’Onu ad Ankara, Mosca e Kiev possa esserne un preludio.
(Lorenzo Torrisi)
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