Pochi anni prima della sua morte conobbi a Roma Gino Germani. Era ritornato nella sua patria dopo circa un’intera vita passata in Argentina, dove era divenuto quel grandissimo sociologo e intellettuale che formò una generazione di studiosi sia sud che nordamericani, primo fra tutti un mio amico del cuore, Torcuato Di Tella, il quale con il fratello Guido ha scritto la storia politica, economica e culturale di quella grande nazione tanto simile all’Italia che è l’Argentina.



Ricordo che passeggiando per Roma lentamente e faticosamente per la tarda età (doveva essere la seconda metà degli anni Settanta), Germani mi disse: “Caro Sapelli, il vero problema delle società moderne è l’ordine, non il disordine, come troppo comunemente si crede”. Sentir dir questo dal grande studioso del peronismo e quindi del disordine mi colpì così tanto che da allora non riesco più a togliermi di mente quella conversazione ogni volta che vedo sorgere sotto i miei occhi l’incrociarsi delle cause del disordine sociale.



Esse possono così sintetizzarsi. In primo luogo, un potere di comando non legittimato in forma stabile e fondato sul consenso interclassista. In secondo luogo, una circolazione delle classi politiche intermittente e frastagliata che io chiamo tanto peristaltica quanto a frattali perché rispondono, nella circolazione, sia a teste di sfondamento del potere policentriche e non a testuggine, com’era tipico dei partiti novecenteschi, sia esterne alla nazione, per cui si è nell’impossibilità di definire gli o l’interesse della nazione che non riesce infatti a portare a sintesi gli interessi che in essa di manifestano.



In terzo luogo, il disordine si scatena quando gli interessi tradeunionistici o corporativi di cliques più o meno forti si trasformano in odio tra le classi per via di un’antropologia negativa pericolosa quale, per esempio, le regole emanate per la ripresa del rapporto di lavoro nelle aziende nella nostra pandemica fase 2, per cui chi si ammalerà potrebbe denunciare il suo datore di lavoro essendo così incitato all’odio e al risentimento, provocando di contro difese preventive che conducono alla chiusura delle attività e tanto alla disoccupazione quanto d’altro canto al fallimento.

Germani aveva visto tutto ciò in quel peronismo che l’aveva costretto all’esilio dall’Argentina nel 1966 con il ritorno di Perón. Noi lo vedremo qui, questo disordine sociale che si avvicina come le nubi della tempesta che vediamo nei quadri del grande Permeke, pittore di addensamenti temporaleschi simili a quelli che socialmente vediamo all’orizzonte in Italia. Lo si può dire con la serenità di Germani. Lo sì può dire con tranquilla disperazione, senza gloria e senza tragedie che non siano quella della mediocrità che porta nel vortice.

Certo è un vortice europeo, perché il coronavirus non solo divide ciò che già è diviso, ma aggraverà le divisioni sociali tra nord e sud dell’Europa e trascinerà altresì chi è a mezzo – come la continentale Francia – sempre più verso sud. Perché il disordine sociale non è mai centripeto ma centrifugo.

Grazie avvocato Conte, lavoro fantastico, solo che non è una simulazione!

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