La Russia secondo il nuovo ministro della Difesa, Andrej Belousov. Che cosa spinge il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a lasciare l’incarico innalzando di un salto quantico la “posizione” dell’Alleanza Atlantica contro Mosca? Le risposte possibili sono molte, ma di certo nessuna può essere ascritta al teorema “non sapevamo che l’Europa si sarebbe spaccata su questo”.
Il quartier generale della Nato sa bene, invece, che è in corso un feroce repulisti ai vertici delle forze armate russe. Nelle ultime tre settimane diversi miliari di alto rango sono stati arrestati e tra questi è finito in manette il vicecapo di stato maggiore russo, il generale Vadim Shamarin, accusato di corruzione. L’imputazione è relativa all’appropriazione indebita, che prevede fino a 15 anni di carcere e una multa pari a 100 volte l’importo della tangente, ma la vera accusa è quella di “deviazione”. Deviati, e perciò arrestati, anche il capo della direzione principale del personale del ministero della Difesa, Yuri Kuznetsov, poi l’ex comandante della 58esima armata, Ivan Popov e, prima di loro, Timur Ivanov, vice ministro della Difesa. Ma alla base di questa rimozione ci sarebbero una serie di errori militari, prima ancora che la corruzione.
Nell’estate 2023 silurare Popov avrebbe gettato ulteriore benzina sul fuoco, alimentato dalla rivolta della Wagner di Evgeny Prigozhin. Con il nuovo mandato presidenziale, il Capo dello Stato Vladimir Putin ha chiarito invece che il presidente preferisce la lealtà alla competenza e che il nuovo ministero della Difesa avrà innanzitutto il compito di far marciare tutti uniti verso un unico fine.
Il segnale eclatante di questo passo di marcia è avvenuto con la defenestrazione del ministro della Difesa Sergej Shoigu, l’uomo forte di Putin, sostituito con Andrej Belousov, ovvero l’homo oeconomicus della tergiversante economia russa. Dall’avvicendamento al vertice a oggi sono accaduti tre fatti nuovi. Belousov ha detto sì al lancio di Cosmos 2576, un’arma contro-spaziale nella stessa orbita gravitazionale di un satellite americano. Inoltre ha avviato nuove esercitazioni nucleari tattiche ai confini con l’Ucraina, intensificando i bombardamenti dentro il Paese occupato. Infine ha rivendicato il legittimo possesso di alcune miglia quadrate di territorio marittimo davanti a San Pietroburgo, sottraendolo alla giurisdizione di Finlandia e Lituania.
Come rilevano gli analisti di mezzo mondo, nelle ultime settimane la Russia si è presentata sulla scena mondiale con un nuovo impeto. Si dirà che l’ultima provocazione, quella delle acque territoriali improvvisamente rivendicate, era stata pubblicata in bella mostra sul sito del ministero della Difesa della Federazione, ma poi rimossa in meno di 24 ore. Ciò non di meno, anche le mosse richiedono almeno uno sforzo interpretativo in grado di giustificarle.
Se partiamo da alcuni tratti del profilo del nuovo ministro della Difesa, Belousov, non troviamo ancoraggi ad esperienze di guerra, né difensive né offensive. Troviamo solo economia: laureato presso l’Università Statale di Mosca nel 1981 in economia cibernetica, una carriera accademica presso l’Accademia delle Scienze, un primo incarico ufficiale con Putin in qualità di direttore del dipartimento di economia e finanza nel 2008, Belousov ha poi brevemente ricoperto il ruolo di ministro dell’Economia, marcando il passaggio ad un’economia di guerra.
Ed è qui che va trovata la chiave della nuova fase politica di Putin: integrare l’economia di guerra nel sistema produttivo del Paese, che andrà riorganizzato per renderlo capace di guidare l’ammodernamento e la crescita in un contesto di permanente tensione geo-politica. La scelta di Putin di affidare a un economista il ministero della Difesa ha così sorpreso gran parte degli osservatori internazionali, ancor più della defenestrazione di Sergej Shoigu, “promosso” a segretario del Consiglio di sicurezza, in realtà allontanato dal Cremlino in seguito alle accuse di corruzione che hanno coinvolto il suo staff. L’uomo giusto, Belousov, per realizzare i desideri dello Zar nei prossimi sei anni di mandato, con il compito di rendere il ministero della Difesa il vero driver dello sviluppo economico dentro la Federazione. L’obiettivo è quello di integrare i conti economici della guerra e le trasformazioni industriali derivanti dal protrarsi del conflitto in Ucraina all’interno dell’economia generale della Federazione, non solo per evitare gli errori dell’ultimo decennio dell’epoca sovietica, quando le spese militari assorbivano buona parte del prodotto nazionale lordo provocando un lungo periodo di stagnazione economica, ma soprattutto per favorire la radicale ristrutturazione del settore industriale.
Nel corso dei due anni di guerra, l’economia russa ha infatti mostrato anche un’inaspettata stabilità, a dispetto di quanti vedevano nelle sanzioni lo strumento chiave per indebolire le ambizioni di Mosca. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2024 la Russia potrebbe crescere del 3,2%, superando tutte le altre economie avanzate del mondo occidentale e piazzandosi al terzo posto su scala mondiale dopo India (+6,8%) e Cina (+4,6%). Il motivo di questa accelerazione risiede proprio nelle crescenti spese di bilancio, che vedranno aumentare del 70% la spesa per la difesa nel 2024, arrivando a circa il 30% del bilancio della Russia e superando il 6% del Pil.
Ma la massiccia immissione di denaro fresco nelle casse dell’industria militare viene in parte redistribuita in diversi settori economici, come ad esempio siderurgia, veicoli, elettronica e dispositivi ottici. La priorità del nuovo mandato di Putin sarà dunque quella di rendere strutturale la militarizzazione dell’economia, preparando di fatto il Paese a una prospettiva bellica di lungo termine. E Belousov è risultato il candidato ideale per guidare questo processo, perché possiede, oltre alla solida formazione accademica, una visione del mondo che coincide in toto con quella di Putin. Non a caso nell’intervista rilasciata in occasione del Forum economico di San Pietroburgo del 2023, aveva esposto la propria visione geopolitica e le prospettive di sviluppo del mondo moderno, ritagliando per la Russia un ruolo di “guardiano dei valori tradizionali dell’Occidente”.
L’economia di guerra made in Cremlino possiede un tratto comune, speculare ed opposto con quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Negli ultimi due anni anche il comparto bellico americano ha fatto registrare una crescita enorme, grazie alle esportazioni verso i Paesi alleati europei, impegnati sia in un riarmo generale sia nel sostegno militare a Kiev. Si stima che il 64% del denaro stanziato da Washington per l’Ucraina, pari finora a 60,84 miliardi di dollari, rientri nelle casse americane andando a sostenere diversi settori industriali connessi anche indirettamente con l’industria bellica. A questi effetti, che insieme alla pandemia hanno modificato l’assetto dell’economia americana degli ultimi anni, va aggiunto l’impatto del conflitto sul comparto energetico americano, che ha visto gli Stati Uniti diventare nel 2023 il maggiore esportatore mondiale di Gnl, stimolando investimenti nel settore per oltre 100 miliardi di dollari. Un processo che anche il prossimo inquilino della Casa Bianca sarà chiamato a gestire.
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