Forte della vittoria che sta acquisendo sul campo in Ucraina, Vladimir Putin si appresta ad affrontare e presumibilmente stravincere le elezioni presidenziali che si terranno a marzo. Una Russia che, secondo la visione che si è affermata in questi anni, pensa a se stessa come una realtà imperiale, che vede come elemento fondamentale quello della guerra, simbolo della lotta contro l’Occidente, e che è pronta a sostenerne altre proprio in virtù del ruolo che si riconosce a livello mondiale. Il Paese si è trasformato, osserva Stefano Caprio, sacerdote cattolico di rito bizantino, in Russia dal 1989 al 2002, teologo ed esperto del mondo russo, ed è diventato un’Unione Sovietica senza comunismo, sostituendo all’ideologia di un tempo quella tradizionalista ortodossa. Quello di Putin non è un potere personale, anzi è un personaggio sostituibile, rappresenta un sistema di potere di cui fanno parte anche gli oligarchi e che si è affermato nei suoi anni di governo. L’unico elemento di debolezza può venire dall’economia, che sta correndo nonostante le sanzioni, ma sta anche subendo una crescita sregolata che potrebbe comportare scompensi con pesanti riflessi sulla vita delle persone. Già ora in diverse località del Paese non ci sono elettricità e riscaldamento: un disservizio che alla lunga potrebbe indisporre la gente ed essere pagato caro anche dal potere.



Putin bolla come frottole le dichiarazioni di Biden, secondo il quale dopo la vittoria in Ucraina la Russia potrebbe attaccare un Paese Nato, ma subito dopo mette in guardia la Finlandia per la sua entrata nell’Alleanza atlantica: è propaganda in vista delle presidenziali russe?

Il motivo fondamentale è il lancio della campagna presidenziale con il filo diretto con il pubblico e poi il congresso del suo partito Russia Unita, in cui Putin ha annunciato la sua candidatura. Quando hanno modificato la Costituzione è stato deciso che il presidente poteva azzerare le sue precedenti candidature e presentarsi altre due volte con sei anni per ogni mandato. Un modo per dichiarare la fine delle confusioni di tutto il trentennio post-sovietico e l’inizio di una nuova era imperiale basata sulla vittoria in Ucraina. I russi dichiarano il loro successo sostenendo che tutte le mosse degli avversari sono state determinate da loro, perché hanno distrutto il monopolismo americano in favore di un mondo multipolare di cui la Russia è garante. Biden e la Finlandia devono stare attenti perché la vittoria ha imposto un regime di guerra permanente, ma soprattutto perché ormai Mosca determina la politica internazionale.



Le dichiarazioni di Biden sul pericolo dell’attacco a un Paese Nato forse sono state dettate dalla necessità di forzare la mano ai repubblicani che non vogliono sostenere Kiev e dalla campagna elettorale Usa. Secondo lei la Russia, alla luce di questa riconquistata consapevolezza imperiale, potrebbe attaccare qualcun altro?

Essendoci la guerra permanente, se sarà il caso la Russia non si tirerà indietro neanche di fronte alla Finlandia, al Kazakistan o a qualche altro Paese: l’importante è che ci sia una guerra in corso e che Mosca sia protagonista, compresa quella fra Israele e Palestina. La campagna elettorale non serve solo per affermare il trionfo di Putin, che è scontato, ma per condizionare le elezioni americane ed europee, nelle quali i russi si aspettano che vincano altri Putin, che si chiamino Trump o in altro modo, comunque personaggi o impostazioni più favorevoli alla Russia.



In questa visione la guerra diventa un elemento portante della nuova visione imperialista?

La guerra è la vera vittoria di Putin. Lo stato di guerra per la Russia è considerato lo stato di difesa permanente dall’aggressività e dal monopolismo americano. Ci sarà sempre bisogno di un conflitto. Fino a che c’è Putin ci sarà una guerra.

In Ucraina o da qualche altra parte si continuerà a combattere?

L’Ucraina per loro è già sottomessa dall’anno scorso, da quando hanno dichiarato annesse quattro repubbliche. Il vero scopo è quello di sovvertire il regime di Zelensky, quello che loro chiamano nazista. Quest’anno in Russia si svolgeranno queste elezioni trionfali, mentre l’Ucraina rinuncerà a votare per colpa della guerra: con questo i russi vorrebbero dimostrare addirittura la loro superiorità democratica.

Ci sarà qualcuno che oserà presentarsi come avversario dell’attuale presidente per il Cremlino?

Ci saranno solo candidati fantoccio, personaggi di contorno: si presenterà una giornalista, Ekaterina Duntsova, come un miliardario ceceno che si era già presentato in precedenza prendendo pochissimi voti. La realtà è che si vuole cominciare da zero, dicendo che è stato un errore far finire l’Unione Sovietica: si vuole costruire qualcosa che abbia quelle caratteristiche imperiali basandosi non più sull’ideologia comunista ma sui valori tradizionali.

Anche il discorso in cui Putin ha ammesso di essere stato inizialmente ingenuo nei confronti dell’Occidente e di aver capito solo in seguito che invece ha in mente solo di disgregare la Russia rientra in questo contesto?

La linea è sempre la stessa. Putin ha detto che l’Occidente allora non era quello di adesso, che si poteva trattare. La verità è che aveva debiti enormi con le nazioni occidentali e che appena è riuscito a liberarsene grazie al petrolio ha cominciato a essere più aggressivo. Già aveva in mente di andare a finire lì.

Ma ci sono dei fattori di debolezza che potrebbero creare qualche problema a Putin? Sull’economia, ad esempio, come stanno le cose: si parla di un aumento sostanzioso del Pil, ma altri analisti dicono che il Paese sta accusando qualche difficoltà subentrata dopo la guerra. Com’è la situazione?

L’analisi più realistica è quella della presidente della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina: “La nostra economia sta correndo da matti ma in realtà sta correndo troppo. È come una macchina che va oltre le potenzialità del suo motore e che quindi rischia di surriscaldarsi”. Di fatto l’economia imposta dalle sanzioni ha creato un giro perverso di concentrazione di capitali, con trucchi, aggiramenti, affari sporchi, che arricchiscono i vertici, gli oligarchi e le strutture di potere, ma pesano sulla popolazione. In questi giorni in Russia c’è la crisi delle uova, che costano dieci volte di più rispetto a due o tre mesi fa. Le importano dall’Azerbaijan o da altre parti. Emergono continuamente degli scompensi dal punto di vista economico. Il rischio è che se c’è il crollo di un’economia che sta correndo in modo artificioso e incontrollabile, perché fuori dalle regole dei mercati, la popolazione soffra al punto da rivoltarsi.

Qual è il pericolo concreto per la gente?             f

Adesso non riescono a garantire elettricità e riscaldamento in molte zone della Russia europea, ma anche in Siberia, dove si arriva a meno 30 o meno 40 gradi e in casa la gente rimane con una temperatura sotto lo zero. Siamo di fronte a un’economia che è talmente uscita dalle regole che è molto difficile prevedere il futuro. Sono in tanti a guadagnare dagli affari sporchi della Russia, a partire dai cinesi. L’Armenia e la Georgia stanno aumentando il Pil del 10% perché i russi si rivolgono a quei mercati.

Si tratta di una crescita sregolata che non dà garanzie per il futuro?

Una crescita sregolata che favorisce le strutture di potere economico, politico e militare, non la popolazione. In Russia, d’altra parte, non si sono mai preoccupati troppo della gente.

Nella società russa non c’è nessun tipo di opposizione, non ci sono rimostranze per i disservizi di cui parlavamo prima?

L’opposizione può nascere solo per lo scontento per questi scompensi economici, perché mancano i servizi, perché l’opposizione politica vera e propria è stata completamente debellata: siamo in un Paese autoritario da morire, al livello del terrore staliniano, basta uno sguardo non gradito al potere che si viene subito multati o arrestati.

Putin, quindi, in questo momento non ha niente da temere sul fronte interno?

Bisogna capire che Putin non è una personalità forte, il suo vantaggio è di essere una personalità grigia: è un nome collettivo. Se anche dovesse morire o avere una delle malattie che qualcuno gli attribuisce ogni tanto, al punto da pensare che sia già morto e che venga sostituito da un sosia, metterebbero un finto Putin o un altro. È già successo con Medvedev, che è rimasto quattro anni e poi è scomparso. C’è un sistema di potere di cui Putin è garante proprio perché non ha niente di suo. È senza idee, il capo di un meccanismo di sicurezza, contano gli eredi del Kgb.

Il sistema da chi è rappresentato, dagli oligarchi?

Gli oligarchi sono stati espulsi, sterminati o mandati via. Quelli che sono rimasti sostengono questo sistema di potere, la cui caratteristica sta nel legame tra gli oligarchi e chi detiene la forza.

Tornando al ruolo della guerra nella nuova visione post-sovietica, questo elemento può costituire un problema a livello internazionale?

Certo, bisogna che si prendano delle posizioni. L’Occidente deve dare una risposta. La Russia è contro l’Occidente che però non è una realtà unitaria, non sappiamo veramente chi è, né chi è l’Europa. E se nel 2024 vinceranno i populisti estremi in America, in Europa e in altri Paesi il mondo andrà secondo la volontà di Putin.

(Paolo Rossetti)

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