La leadership nordamericana – come ci hanno insegnato Kindleberger e Schlesinger – si fonda sulla capacità di creare un sistema vassallatico mondiale che dia un potere asimmetrico ai vassalli e ne regoli i gradi di autonomia, così da negoziare tale grado di influenza volta a volta a seconda delle sfide che via via il sistema internazionale incontra.



Ecco la differenza tra l’imperialismo Usa, che per l’arcipelago vassallatico ha bisogno del dollaro e delle armi, e quello che fu l’impero inglese, che governava con il divide et impera e la superiorità intellettuale delle sue classi dirigenti.

Se si guarda a quello che può essere il futuro del sistema internazionale – ora che l’accordo anti-cinese tra Usa, Australia e Uk sembra definire un nuovo confronto con la Cina di lunghissimo periodo – si rimane colpiti dall’incapacità di ritrovare un nuovo legame con gli Stati europei e in primo luogo la Francia e la Germania.



Obama è stato nel suo secondo mandato l’ultimo interprete di questo disegno, a Occidente con l’arco del patto commerciale con l’Ue, e a Oriente con il patto trans-Pacifico che escludeva la Cina e dava al Vietnam (nemico millenario della Cina) un ruolo di punto archetipale.

Le cosiddette primavere arabe avrebbero dovuto creare dei nuovi vassalli islamici moderati e maneggiabili: l’ignoranza dell’intelligence Usa e la demagogia democraticista azzerarono il progetto disvelando la rinascita del neofondamentalismo wabita e salafita. E d’altro canto il neogollismo francese e il serrato intreccio tedesco con la Cina fecero fallire quel progetto.



Biden esprime ora più pulsioni, dettate dalla ricerca del potere elettorale con cui riunire all’interno degli Usa un establishment in pezzi. Di qui il susseguirsi di contraddizioni in cui l’imperialismo Usa va incontro, non sapendo sostituire il potere delle armi con l’egemonia. Per questo ci si ritira dall’Afghanistan dimenticando che in quelle terre l’aristocrazia Pashtun lottava già negli anni Venti del Novecento per togliere il velo alle donne e per modernizzare un insieme di insediamenti tribali instabili.

I re afghani modernizzatori sono morti in Italia, ma nessuno lo sa, nessuno lo ricorda. È l’ignoranza che guida oggi un Biden prigioniero della lotta interna al Partito democratico americano e incapace di riconoscere che il rapporto con gli Stati europei prima che con l’Ue è essenziale per il nuovo fronte del superamento dell’unipolarismo Usa. Ma per dominare l’Indo-Pacifico non si può far a meno della Francia, importante come l’Australia e la Nuova Zelanda. Pensiamo all’India: su alcuni suoi regni la Francia ha dominato sino all’inizio del Settecento, sino alla Guerra dei trent’anni. Gli Usa sono obbligati dalla storia a occuparsi del mondo: debbono farlo con la diplomazia e le relazioni atte a confrontarsi certo con l’aggressività cinese, ma proprio per questo idonee a favorire nuova relazione privilegiata con l’Europa favorendone una trasformazione profonda, come da tempo auspichiamo su queste pagine benevolenti.

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