La disgregazione francese è giunta non alla sua acme, ma al suo disvelamento, che sarà tra cinque anni, al momento della nuova battaglia presidenziale, dove il processo di ricomposizione partitica si sarà compiuto in guisa non federativa rispetto alla struttura senza legittimazione dei Trattati Ue. E quindi inizierà il processo di decomposizione (per la ricerca di una vera legittimazione democratica) oggi solo all’inizio. E questo perché la Francia – volontà neo imperiale sempre che mai giunge a esserlo in atto – rende manifesta la fibrillazione di un impero europeo che non è mai stato – anch’esso, ma per via tecnocratica e non storica – in grado di esserlo e che proprio per questo – debole, confuso, diviso – è stato e sarà aggredito sia dal neo imperialismo russo, sia da quello cinese, sia da quello neo ottomano. La Francia anticipa nella sua sfera di cristallo ciò che muterà nel mondo futuro.
Le trasformazioni future saranno in primo luogo quelle delle relazioni internazionali. Al multilateralismo liberale dominante ideologicamente e guidato dagli Usa si opporrà il realismo di potenza delle nazioni imperiali che a tale multilateralismo si oppongono, forti dell’ipocrisia delle teorie liberiste (su cui scrisse pagine indimenticabili Steven Kramer, advisory di Bush jr.): teorie che alternavano e alternano “l’egemonia” con il “dominio” delle armi, dominio che fu divisivo sia degli Usa, sia dell’Ue nel 2003 in Iraq e nel 2011 in Libia.
Anche l’establishment Usa, infatti, è profondamente diviso, così come il variegato drappello di Stati di media potenza che contro di esso trova non un punto di unione, ma, invece, di “desistenza cauta” dall’alleanza con esso, rifiutando il neoimperialismo etnico putiniano.
Un mondo nuovo internazionale si profila, di relazioni a frattali, instabile e con le medie potenze che assumono una funzione sempre più importante: di mediazione, di contenimento, di reazione vassallatica, così come fu nella crisi dell’equilibrio europeo cinque-seicentesco che generò la Guerra dei sette anni e ricompose tutte le relazioni di potenza non solo in Europa (tra Francia e Spagna con l’emersione della Prussia e della Russia, mentre il Regno Unito si avviava al trionfo), ma altresì nelle Due Americhe e in India, aprendo la via, di fatto, a quel mondo che oggi sta mutando.
La situazione attuale è simile a quella or ora evocata. Sarebbe bello ricordarlo di più, per far capire che la storia e la storiografia sono importanti. La Nato, oggi, dimostra la necessità costante di una leadership militare nelle relazioni mondiali. Così come la Guerra dei sette anni spostò sui vertici delle montagne del potere mondiale, tramite il Regno Unito, quell’asse di potenza verso l’Atlantico (le Americhe e il Commonwealth e l’Olanda) che oggi si depotenzia, così oggi il mondo nuovo sposta l’asse di potenza verso l’Indo-pacifico.
La guerra di aggressione russa all’Ucraina inizia in Europa ma finisce nel Pacifico, di nuovo – secoli dopo – gli oceani decidono le sorti del mondo. L’India avrà un ruolo decisivo perché può, a differenza della potenza cinese, rispondere con flessibilità alle disfide politiche interne, così come ha dimostrato la gestione del Covid che queste due super potenze in fieri in guisa e tanto diverse hanno implementato.
Il mondo nuovo economico che si va delineando si accompagna anch’esso a una realtà a frattali. Lo shock della logistica e dalla finanziarizzazione dell’economia dei trasporti, con prezzi dei noli alle stelle e delle materie prime alimentari ed energetiche in salita costante, costringe alla riconsiderazione dell’interdipendenza che si considerava “bene illimitato”, mentre esso è e sarà sempre più un ben scarso: di qui forme di riverticalizzazione delle grandi companies e una riconsiderazione della territorialità prossima delle forniture.
Dinanzi a tutto ciò la politica del futuro è destinata a una riclassificazione formidabile non solo per l’anomia che porta all’astensione elettorale e al nichilismo di massa, ma per la verticalizzazione delle decisioni planetarie di fatto – inevitabilmente – elaborate con trattati internazionali oppure con “organi di trattati non federali e non imperiali” (come l’Ue, ma anche su piccola scala il MerCoSur e su più ampia scala l’Asean, i recenti accordi indo-pacifici e del Centro Asia su ispirazione russo-cinese). Tali Trattati delegano e delegheranno sempre più a poteri non eletti la decisione politica che è e sarà non legittimata e sostituita dalla direttiva o dall’accordo di potenza.
Un mondo nuovo di grande interesse si appresta a configurarsi: Behemoth o Leviathan?
Come sempre – e come scrissi più volte – l’Africa rimane il punto di coagulo di tutte queste tensioni e trasformazioni, a partire dalla necessità di ripensare ai paradigmi energetici e alimentari e alle loro forme di proprietà, così come la pandemia ha dimostrato e come nessuno ha compreso.
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