In Geschichte des Westens: Von den Anfängen in der Antike bis zum 20. Jahrhundert, Heinrich August Winkler, uomo politico socialdemocratico tedesco e grande storico, tratta il lungo percorso compiuto dalla Germania dall’oriente – che conservava la servitù della gleba sino al 1807 – all’occidente delle terre e tratteggia in un’opera fondamentale il lungo percorso che i germani compiono dalle orde raccontate da Tacito sino alle buone maniere di Norbert Elias.



In realtà, lo storico non fa che ricordare ogni volta che l’appartenenza tedesca alla civiltà europea è il frutto di un accidente storico. A differenza della Francia, della Spagna e dell’Italia, sempre una sorta di accidente sovrasta la Germania. Così non può non stupire che il Cancelliere Scholz, nel divampare di una guerra che divide non solo l’Europa, decida di recarsi in Cina sotto la pressione dell’industria automobilistica tedesca mentre la transizione digitale ed elettrica rappresenta il pericolo di quella desertificazione ripresa dall’armamentario ideologo-geopolitico tedesco in funzione di quel capitalismo sino-teutonico che costituisce l’antemurale più benevolente per tutte le transizioni europee.



Senza parlare dei molto difficili rapporti Usa-Germania si può poi assistere a un delinearsi asse franco-italiano che tuttavia non possiede nessuna arma di contrapposizione all’offensiva sino-tedesca se non una dose di puerile querelle ideologica scaturita dall’elezione di Giorgia Meloni, querelle che è un fuoco di paglia destinato a spegnersi mentre la realpolitik fa capolino e costringe gli stessi inviati in Italia come guastatori e a riporre le loro armi per lo più inefficaci quando non ridicole.

Il problema reale, tra spie camuffate da professori, è ritirare le ingiurie e addivenire a un confronto sui fatti, sui programmi. Ma è questo che in Italia non pare possibile. Partiti costruiti dal nulla e da centri di comunicazione non possono che essere lontani dalla politica. Ma questo, con la Meloni, è ora destinato a cambiare.



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