Il panico dilaga nell’eurocrazia. La burocrazia celeste deve essere caduta in una sorta di vertigine che fa rivoltare nella tomba i regolatori hegeliani che sulle orme di Kojève e poi dei vari Delors hanno costruito quel senso di impunità e di suprema arroganza che pervade i confezionatori di dossier preparatori delle riunioni a cui con regolarità si apprestano le classi politiche europee. Solo così si può spiegare che sia giunta sui tavoli del Consiglio europeo di giovedì e venerdì la proposta di requisire le risorse finanziare russe depositate in conti esteri.



Si stima che grazie ai multipli se ne possano ricavare centinaia di miliardi di euro. Non si può non trasecolare. Vorrebbe dire alienare, dall’Europa tutta, qualsivoglia investimento e qualsivoglia deposito di capitali extraeuropei scatenando tutte le corti di giustizia, tutte le istituzioni di quella giustizia dei mercanti su cui i teorici dell’arbitrato internazionale hanno scritto pagine indimenticabili. Vorrebbe dire condannare tutti gli Stati europei a divenire dei paria finanziari che espropriano capitali e risorse e di cui, quindi, non si fiderebbe più nessuno. Una vera e propria catastrofe.



Comprendete bene che l’economia di guerra è divenuta una sorta di nuova politica comune europea come la PAC e i vari Recovery fund che sono dilagati dopo la pandemia. La mutualizzazione dei debiti serve alla costruzione di un’intensificazione dell’impegno militare a fianco dell’Ucraina, dicono i macroniani a oltranza. Ma non si tratta solo di questo. Si tratta di lacerare indefinitamente ogni possibilità di trattativa con la Russia imperiale espropriandone le risorse. Rimarrebbe solo la guerra, mentre – come ho cercato di dimostrare la scorsa settimana sulle pagine di quest’area di libertà che è Ilsussidiario.net – fermare la guerra è possibile purché non si instauri un gioco a somma zero dove non c’è trattativa possibile.



Anche con gli aggressori si può e si deve trattare. Ma espropriarne le risorse implica creare le condizioni non solo per continuare la guerra, ma per aumentarne la pericolosità e l’intensità.

E che dire poi dell’Europa patria del diritto, quando si giunge a discutere di calpestare la fonte della possibilità dell’equilibrio e della dispersione delle tensioni internazionali: ossia la circolazione dei capitali, che può sì incentivare il conflitto con la concorrenza che può farsi conflitto militare, ma che di quest’ultimo può anche essere un ostacolo formidabile, tenendo fluidi i canali di comunicazione tra i lottatori quale che sia l’intensità della battaglia.

Le guerre si possono e devono fermare. Basta non affidarsi alla burocrazia celeste dell’UE.

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