Tutto nasce dalla visita di Henry Kissinger e di Richard Nixon a Pechino nel 1972. Di lì iniziava una storia – me lo ha ricordato la morte di Gorbaciov – che si conclude ai giorni nostri.

Oggi la crisi energetica provocata dalle sanzioni Usa e Ue, insensatamente instaurate per rispondere all’aggressione imperiale e imperialista russa all’Ucraina, invece che combattere sino in fondo una guerra giusta di liberazione dall’aggressore russo, hanno disvelato un processo scritto nella storia del mondo. I lineamenti si intravedono negli studi un tempo elaborati e ideati dai seguaci di Nicholas Spykman, il vero ideologo della politica estera nordamericana del secondo dopoguerra e che determina ancor oggi le sorti del mondo. Il tutto si è svolto per improvvise accelerazioni, errori terribili, coincidenze strabilianti. Il risultato imprevisto eccolo, ora, terrificante, dinanzi a noi.



Non bastava, secondo quelle idee, conquistare – come dicono i diligenti studiosi di una disciplina inesistente come la geopolitica – non bastava governare l’Heartland, ossia il plesso che dal Grande Medio Oriente giunge all’India, unendo così il lago atlantico mediterraneo con l’Indo-Pacifico, oceano che le moltitudini hanno oggi riscoperto.



Occorreva e occorre dominare i mari che circondano le terre del cuore del mondo e quindi neutralizzare la Russia. E questo perché la Russia, come prima l’Urss e prima ancora lo zarismo, dal Mar Baltico si snoda per l’Artico e giunge sino alle soglie della California, governando di fatto il Polo Nord e, nel mentre, vuole da sempre espandere la sua pressione sul Canale di Suez nel Grande Medio Oriente e in Nordafrica: guerre libiche e siriane docent. Per questo oggi il dominio della Crimea diviene essenziale per la Russia putiniana, come lo era per Caterina la Grande.

Il tutto è essenziale per la stessa sopravvivenza della Russia e se la Russia in questa esistenza si sente minacciata, la guerra si farà sempre più dura, sino all’atomica. E questo perché il dominio dei mari è essenziale per quel “mondo russo” che capiamo solo leggendo Dostoevskij e Solzenicyn, i quali sono i veri ispiratori di Putin e degli oligarchi che lo circondano.



Nixon e Kissinger volevano, negli anni settanta del Novecento, dividere l’Urss dalla Cina, ma così facendo, proprio mentre erano sconfitti in Vietnam, introdussero nel mondo intero, a cominciare dall’Europa, una nuova dottrina Monroe che si estendeva dal Sudamerica alle Europe tutte, a cominciare da quella Germania che poteva trovare – e avrebbe trovato – nella Cina, di nuovo, il punto di riferimento per la scalata alle vette del potere mondiale.

Occorreva, invece, fare dell’Europa un continente nordamericano. Si cominciò, dopo aver neutralizzato un De Gaulle sempre mal sopportato, scoprendo e glorificando Jean Monnet seguace di Aristide Briand e Pierre Mendes Frances, e grazie alla teoria economica di Triffin – con cui si apprendeva come governare economie a diversa produttività con una moneta unica – si iniziò, neutralizzati gli inglesi, a costruire l’Ue. Il manovratore della macchina non poteva non essere che un esponente delle potenze di terra: un tedesco, così da neutralizzarne lo spirito mondiale di potenza. La si trovò così, quella figura, in una buona guida luterana che era tornata nella Germania Est in pieno comunismo, ma che rapidamente, con il crollo del Muro e dell’Urss, sarebbe salita al vertice del potere burocratico-tecnocratico dell’Ue e di ciò che  rimaneva del glorioso Centro cattolico tedesco, ora Cdu.

La Merkel governò per trent’anni l’Ue e la consegnò nell’approvvigionamento energetico alla Russia con una naturalezza tale, che non si sarebbe mai discoperta se la storia russa non avesse cambiato verso e il neo-romanticismo etnico grande-russo (e sterminatore) non avesse di nuovo preso il sopravvento, come spesso accade nella storia russa.

La tragicità della vicenda è che ora, a difendere gli interessi dei popoli europei contro l’aggressione imperiale grande-russa, stanno le figure di coloro che quella subordinazione al dominio oligarchico grande-russo e al disegno della pax nordamericana hanno alacremente contribuito e, di più, hanno edificato con gli artifici di un potere delle borse e dei piloti automatici dell’Ue che ora si evita di evocare, ricorrendo a formule algoritmiche populistiche come il tetto del gas o i “sovraprofitti” di memoria fascista e peronista.

Bisogna, invece staccare la spina alla borsa di Amsterdam e a ritornare ai contratti fondati sugli scambi fisici. Ma i seguaci della Merkel non possono farlo. Anche coloro, come Mario Draghi, che hanno accompagnato per un tratto di strada il disegno Usa di stroncare il dominio tedesco sull’Ue, quel salto di consapevolezza e di verità non possono farlo: sono nati nel mondo della deregolazione finanziaria e della costruzione di una burocrazia europea che non ha nulla di tecnocratico, ossia che tutto è meno che fondata sul tanto decantato “merito”, quanto invece sulla raccomandazione e sulla spartizione nazionalistica e partitica.

Le conseguenze saranno terribili: attendendo la guerra nucleare si addensano le nubi della distruzione economica di un continente che nell’emergere parossistico dei prezzi delle materie prime fossili e alimentari vede una sorta di disvelamento della storia e del tradimento dei chierici che quella storia potevano almeno interpretarla, non potendosi opporre alla loro stessa creatura.

Ora la resa dei conti è giunta e inizia la distruzione. E non sarà creativa.

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