Il pensatore politico più acuto di cui L’Italia si fregia, ossia l’amico di una vita Lodovico Festa, è in grado di coniare massime che nella loro semplicità racchiudono l’unità del molteplice e quindi l’universale, come sono stati in grado di fare solo i grandi profeti dell’elitismo politico Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca. Quella che più mi pare idonea per interpretarefunzioni e destini dell’Ue dopo la recente tormentata ma non meno importante rielezione di Ursula von der Leyen è la seguente che suona se ben ricordo così: “Quando non si trovano più politici sopra le parti non si può che scegliere quelli sotto le parti”. Siano le parti imprese, associazioni, partiti, istituzioni…
È quello che è successo nel Parlamento europeo con la sunnominata esponente del Ppe: era già lì e nel disastro incombente, poiché tutto crolla e si sgretola e anche la burocrazia celeste che tutto decide e governa ha il mal di capo, non c’era la necessità di ricercare qualcun altro. Di lì la sua rielezione, ma risicata assai e con una decomposizione incombente dei gruppi di partito in quel Parlamento solo di nome (non avendo la possibilità di emanare leggi con potere compulsivo, ma solo di approvare o respingere direttive della celeste burocrazia tutto regolante). Partiti che nazionalmente sono in decomposizione in Francia per macroniano influsso, in Germania per incapacità di liberarsi del potere costruito dalla Merkel da quando da circa un ventennio la Russia è stata dapprima liberisticamente depredata dall’anglosfera e quindi rifiutata dopo le speranze d’integrazione del primo decennio del nuovo millennio, speranze che sono state abbandonate e sostitute da un neo nazionalismo imperialista da parte Russa e da un roll back inquietante da parte Usa a cui l’Ue non ha saputo non opporsi, dal momento che farlo non ha senso alcuno, senza impegnarsi ad accompagnarlo con una politica competitiva e di difesa del patrimonio industriale europeo.
Invece di far questo l’Ue è divenuta incurabile di transizioni immaginarie e proprio per questo distruttrici dell’esistente. Tutto è stato distrutto sull’altare della retorica green (che continua come dimostrano i voti dei più fanatici sostenitori della di nuovo Presidente) e della frenesia regolatrice che impedisce ogni innovazione e rinnovamento mortificando l’imprenditorialità mentre si favorisce la rendita.
La guerra continua in Ucraina e si accende sempre più nel Grande Medio Oriente, ma nulla muta. Trump viene eletto Presidente Usa e ciò che muta è solo il peso relativo delle destre in Europa e la rassegnazione dei socialisti che dopo Timmermans e Scholz non sanno più che pesci pigliare mentre le varianti neo conservatrici e reazionarie si lanciano alla caccia di sostegni istituzionali e di posti da manovratore costi quello che costi.
Certo le eccezioni al trasformismo ci sono e in tutti i lati dello schieramento politico europeo, ma l’aria che si respira è di finale di partita, per citare l’immortale Beckett.
Immersi nella sabbia con la sola testa che blatera e continua a blaterare di transizione mentre l’unione bancaria non fa un passo innanzi, il debito comune per investimenti competitivi e di difesa e riattivazione insieme dell’industria continentale viene sostituito da nuovi bonus e nuovi regolamenti. Il distacco con gli Usa cresce e la crisi ormai endemica della bomba demografica cinese si avvia a presentare il suo conto in un mondo disteso sull’abisso che l’Ue in questo cinquantennio di fallimenti ha accumulato.
E dopo le guerre di stermino balcaniche ora ci attendono quelle “quasi atomiche”, mentre i veri problemi (migrazioni perenni, disuguaglianze sociali sempre più forti, anomia e angoscia sempre più intense nelle anime degli abitanti di terre sempre più a rischio) rimangono sempre dov’erano da anni.
Ben arrivata signora von der Leyen.
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