Ieri, in vista del Consiglio europeo della prossima settimana, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha incontrato a Roma il presidente del Governo di Spagna, Pedro Sánchez, il primo ministro della Repubblica portoghese, António Costa, e in collegamento video il primo ministro della Repubblica ellenica, Kyriakos Mitsotakis. Il fatto rilevante consiste nelle dichiarazioni congiunte, che si differenziano da quelle rese manifeste recentemente dai leader francesi, tedeschi e olandesi sui temi energetici e sulla politica economica e di difesa da perseguirsi. Si è assistito a un fenomeno straordinario: l’emersione delle faglie storiche che attraversano il continente europeo.
Portogallo, Spagna, Italia e Grecia condividono, infatti, una “formazione economico-sociale” che si distingue dalle “altre Europe”: continentale franco-tedesca, scandinavo-balcanica e dei Paesi Bassi. La “modernizzazione senza sviluppo” è il concetto che meglio evidenzia la specificità dell’Europa meridionale rispetto alle “altre Europe”. L’Europa del Sud è caratterizzata da una società civile debole, insieme all’assenza speculare di un forte apparato statale. Di qui il ricorso costante, soprattutto in Italia (che per questo si distingue all’ interno del plesso dell’Europa del Sud), delle forme di una moderna “dittatura romana intermittente” che sottrae al Parlamento la sua forza legittima con il ricorso ai personalismi tecnocratici. Anch’essi diversi tra di loro: prima il teutonico Monti, oggi l’atlantico Draghi, che bene interpreta in forma dirigente la situazione di oggi.
Siamo nel pieno di una crisi della stessa esistenza dell’Ue, che ha come presupposto l’affermazione e la conservazione della pace. Un assunto di già tradito nel 1991 dal dilagare delle guerre di sterminio etnico-balcaniche dopo il riconoscimento non concordato da parte della Germania della Croazia e della Slovenia, con ciò che ne seguì. È ora dinanzi a noi la crisi ucraina e il dilagare di una nuova guerra etnica del potere autocratico russo. Potere trasformatosi in un’autocrazia mistico-oligarchica, che vuol annullare la forza delle classi dirigenti multietniche ucraine, così come lo stalinismo fece con quelle polacche con la strage di Katyn, addossandone la colpa ai nazisti. Oggi questa disinformazione non sarà fortunatamente possibile. È in questa crisi che le nazioni e gli Stati dell’Europa del sud riaffermano la loro eterogeneità distintiva. È una necessità vitale.
Le dichiarazioni dei primi ministri sono state di una logica conseguenza innegabile e propiziatoria, a partire dal nesso stabilito tra politica europea di difesa e riaffermazione di un atlantismo senza debolezze e riserve. Diversa è la posizione, come è noto, sia della Francia sia della Germania al proposito. La politica economica da riformare non potrà non seguire.
Questa stilizzazione delle novità che si aprono dinanzi a noi potrebbe continuare con le politiche di integrazione energetica nel lago atlantico del Mediterraneo che sono state dai quattro primi ministri enunciate. Ma ci sarà tempo per approfondire il tema.
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