Il mondo sta cambiando in forma radicale, algoritmica e non algebrica. Anche i rapporti di potenza – ossia tra le nazioni global players, per ricorrere a un barbarismo anglistico efficace – si dislocano in conseguenza dello shock esogeno intervenuto non nell’economia – è qui l’errore riduzionistico –, ma nell’intero processo di riproduzione delle società. È la riproduzione che sovradetermina tanto la produzione quanto la circolazione delle merci e del capitale – sia fisso sia circolante – perché è la riproduzione delle persone che definisce il mondo reale, come scriveva Marx sia nei Manoscritti della giovinezza sia nell’Ideologia tedesca dell’età adulta; è il feticismo delle merci che fa apparire il mondo come se fosse posto sulla testa anziché sui piedi.



È questa la situazione ideale per coloro che continuano nonostante questo a ragionare attraverso non solo il feticismo delle merci, ma anche attraverso i landscapes ideologici che la trasformazione dei rapporti di potenza porta con sé. La Cina emerge con un fantasmagorico tuffo carpiato a tripla torsione come Salvatore del mondo.



Marcel Mauss, nei suoi fantastici studi sulla magia, aveva già approfondito la letteratura sui diavoli salvatori che si trasformano in angeli e Franz Boas, nei suoi viaggi demonologici con Aby Warburg tra le popolazioni amerindie, aveva trovato i riti di trasmutazione salvifica. Esistevano i sacerdoti che non solo creavano i riti, ma che celebravano le liturgie e i culti.

Per far questo dovevano esistere appunto due forze ideologiche costruenti il landscape. La prima era la diffusione del mito della fine del mondo. La seconda era  la costellazione rituale regolare fondata sulla celebrazione del culto con direzione sacerdotale.



Il soft power cinese ha creato tutte e due queste condizioni. I telegiornali non informano sulla Cina, ma ora ne celebrano i successi con distorsione sistematica dei dati. Neppure i corrispondenti da Mosca de l’Unità erano così solerti come quelli che ora celebrano i riti televisivi in Italia. E sono anche giunti gli angeli salvatori che capovolgono il procedimento demonologico. Milioni di mascherine giungono dalla Cina e con esse l’impegno dei sacerdoti governativi italici si fa incessante.

La storia d’Italia non ha mai visto ministri degli Esteri così decisamente orientati verso il culto sacerdotale dell’Impero di Mezzo. Se si pensa che i sacerdoti cinesi occupano tutte le posizioni più importanti del Governo e sono presenti anche alla cuspide delle Autorità indipendenti di grande rilevanza economica, si ha contezza della questione.

La Cina di Xi Jinping, approfittando del coronavirus, ha silenziato la borghesia cinese che tramite le rivolte di Hong Kong cercava di liberarsi dallo strapotere del Partito comunista cinese e di impedire la sostituzione di Hong Kong con Shanghai, vedendo quella borghesia così eliminato ogni canale con la finanza occidentale non totalmente occupato dalla burocrazia comunista. Xi Jinping ha rinsaldato – almeno sino a oggi e per come appare a noi – il suo grande potere. Attraverso l’esercito e i sistemi di intelligence, il Pcc cerca di stabilizzare e conquistare, non solo ideologicamente, le nazioni periferiche più indebitate d’Europa – Portogallo, Spagna e Italia – forte del completo controllo, unitamente all’alleato tedesco, che esercita sulla Grecia a partire dai suoi porti e dai servizi aeronautici.

l’Italia è ancora l’anello debole di una morsa che per stringersi pienamente utilizzerà i forti legami che l’eccezionale bravissimo ambasciatore cinese ha stretto con il Vaticano e direttamente con il Sommo Pontefice. Tutto ciò grazie al mai dismesso legame del Pcc con la Compagnia di Gesù che – come si scoprirà più avanzeranno gli studi – ha capitalizzato il lavoro missionario pluricentenario a partire dal legame tra le logge massoniche martiniste francesi e gli intellettuali rivoluzionari comunisti cinesi che studiavano a Parigi e segmenti importanti della borghesia cinese, legame stretto già con Sun Yat-sen, primo presidente della Repubblica cinese nel 1911, e mai interrottosi sino ai nostri giorni.

Il potere cinese in Italia è anche frutto della scelta tedesca di abbandonare il legame con gli Usa (non con la Nato – si badi bene –, la quale impedisce alla Francia di essere il solo potere militare attivo in Europa minacciando così la Germania nonostante la potenza economica di quest’ultima). La Germania con questa torsione geopolitica intende creare le basi per un unico spazio economico euroasiatico dal Reno al Pacifico, inglobando in esso la Russia, che perderebbe in tal modo il suo potere fondato sul controllo dell’Heartland e vedrebbe così finire il sogno di Aleksandr Mikhailovich Gorchakov, che comprese che era il grande gioco afgano a poter fare della Russia una grande potenza, così come il dominio dei Balcani e la sconfitta dell’Impero Ottomano.

Primakov e poi Lavrov ne furono e ne sono con Putin pienamente consapevoli. Per questo il dominio cinese in Italia investe un’enorme importanza anche per quello che oggi per la Russia è il controllo a geometria variabile del Mediterraneo, come ha reso manifesto il problema libico e il gioco di specchi turco-russo che ne è scaturito. Non è un caso che la Russia taccia oggi, soffocata dai problemi interni, con Putin proteso al potere eterno e Lavrov neutralizzato da questo impegno di Putin che lo declassa, essendo Lavrov stesso l’unico possibile avversario.

Anche la Francia non può non essere preoccupata di questa avanzata cinese che colpisce al cuore la sua eccezionale capacità di mediazione diplomatica, unita a una rapidità di esecuzione nelle operazioni speciali che lascia sempre sbalorditi per la raffinatezza e l’eleganza cinica delle praxis esecutive. Con la Cina la Francia ha rapporti secolari e oggi fortemente rinserratisi dai tempi soprattutto di Mitterrand, non a caso scopritore di Attali. Ma l’attivismo cinese territoriale nei Paesi mediterranei disturba più che mai la capacità di mediazione tipica della cultura d’outremer francese. I domini imperiali non possono essere condivisi, pena il cessare di essere impero. Non ci sono più le agnatiche relazioni dinastiche tra famiglie. Il gioco di potenza tecnologico e sulla proprietà intellettuale è sempre più a somma zero. Come l’Italia imparerà ben presto. A sue spese.