Il 26 agosto si aprirà a Jackson Hole il consueto appuntamento della Fed sulla politica economica Usa e mondiale e quest’anno ci sarà la conferma di quello che è un orientamento che nella Banca centrale Usa sta maturando da alcuni mesi con sempre maggiore determinazione: con i prezzi al 5% e una ripresa dell’occupazione assai sostenuta, il governatore nordamericano afferma a chiare lettere che la Banca centrale continuerà a perseguire gli obiettivi tanto della piena occupazione quanto della stabilità dei prezzi. La Yellen incoraggia quella che è una politica virtuosa di spesa infrastrutturale che i traduttori nostrani italici interpretano come debito buono e non cattivo, ossia quel debito che può produrre un  tasso di crescita superiore al tasso di indebitamento.



È un coro di angeli che spunta da tutti i lati. Risentite l’intervista che Johannes Hahn, commissario europeo al Bilancio, ha rilasciato giorni or sono ad Andrea Bignami per Sky Tg24 Economia (un’intervista di grandissimo interesse dove addirittura si ipotizza una data possibile di rimborso del debito pandemico al 2058!) e capirete lo scenario che si apre verso un mondo di alto debito pubblico buono e di rilassamento delle politiche guidate dal pilota automatico delle regole iscritte nei regolamenti. Politiche che hanno condannato alla crisi strutturale la Grecia e intrappolato nella deflazione secolare l’Europa per due decenni, interrotti solo dalla crisi mondiale del 2007 a cui si rispose con politiche ancor più restrittive e segmentazione dell’Ue secondo i frattali delle nazioni frugali e delle nazioni cicale che hanno allontanato sempre più l’obiettivo salvifico di scrivere finalmente una Costituzione europea federale che superasse l’Ue fondata sui trattati e sulle dispute tra corti costituzionali.



La recente intervista rilasciata da un alto esponente della Bce come Panetta ha lasciato molti sorpresi: sono le tesi che pochi hanno sostenuto per anni – come chi scrive queste brevi note – e che ci parlano della necessità di dar vita a una politica espansiva che si fondi sul Pnrr divenuto una costante e non un’eccezione determinata dalla catastrofe pandemica. Del resto, nonostante l’immediata polemica del Governatore della Bundesbank contro le tesi della Bce che auspica la continuità della lotta contro la deflazione secolare, la politica seguita sino a oggi dalla cuspide arroccata della Cdu tedesca è senza speranza e non può continuare.



La terribile angosciosa catastrofe di inondazioni e di allagamenti che ha colpito una Germania devastata dal maltempo imporranno del resto allo stesso gruppo dirigente della poliarchia tedesca di mutare la sua politica economica, come da alcuni anni auspicano del resto i gruppi di comando dell’industria tedesca impegnata in un reshoring che non può che favorire il sostegno delle catene dell’indotto già così duramente colpite dalla transizione verticistica energetica. Gli Usa hanno del resto stretto in un angolo la politica di potenza tedesca consentendo di fatto la fine dei lavori del Nord Stream 2, rinunciando così a una buona quota dell’export del loro gas liquefatto nazionale. In cambio chiederanno – così come fecero a suo tempo quando imposero alla Germania la nomina di Mario Draghi alla testa della Bce – delle garanzie sostanziose: il sostegno finanziario dell’Ucraina, che si vedrà così defraudata dalle royalties che derivavano dal pedaggio che pagavano le pipeline del gas russo che attraversava le terre nere ucraine.

La Germania deve mettere la testa a posto e ritornare a un ordine atlantico che ha nella Nato il suo nuovo punto archetipale, così come lo avrà nell’impegno anche militare tedesco nell’Oceano indocinese, come dimostrano le recenti manovre navali militari nel Mar della Cina a cui anche la Germania ha partecipato, come abbiamo già scritto su queste pagine recentemente.

Tutto dovrà mutare. Anche in Italia.

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