“Nel mio studio ho una scritta in grande che mi è stata regalata a Vienna nel 1985 dal professor Nathan Keyfitz, che dice: se hai un problema sarà solo la tecnica a risolverlo, non la morale”. Si può non essere d’accordo, è provocatoria, certo, ma coglie il punto, dice al telefono Carlo Pelanda, economista. “Dobbiamo resistere fino al vaccino – spiega al Sussidiario –. Con il vaccino il Recovery Fund non serve più”. Certo questo non allevia la situazione italiana. I partiti si preparano già all’elezione del capo dello Stato. Il Pd sembra volere un rimpasto e con Bettini apre a Berlusconi, corteggiato anche da Renzi. Altri danno la caccia al voto dei 5 Stelle in dissoluzione. Ci sarà uno scontro tra Usa e Francia e il partito filocinese uscirà sconfitto, dice il professore.



“C’è un’emergenza vera, ma grazie a Dio ha un termine”.

E qual è?

Il vaccino. È in atto una competizione tra una decina di vaccini, di cui la maggior parte è molto buona. C’è finalmente un punto fermo.

Il quadro politico italiano?

Irrilevante. L’emergenza ha svelato l’inadeguatezza dei politici. Non sono preparati né tecnicamente, né mentalmente a gestirla. Sono incompetenti.



Per quale motivo la pandemia non ha travolto il governo Conte?

Ha investito con forti ripercussioni i governi di tutte le democrazie, tranne Nuova Zelanda e India. Da noi gli effetti sono più gravi perché la politica, oltre ad essere fatta di persone impreparate, non ha la forza che viene dall’elezione diretta del primo ministro e del presidente della repubblica. Tolti carabinieri, polizia e personale sanitario il resto non funziona.

Le ripropongo la domanda.

Le rispondo che non ha travolto l’Italia, è diverso. Abbiamo retto perché la gestione puntuale delle singole situazioni ha compensato lo sfacelo che c’è stato a livello generale.



Come si spiega?

Per la grande qualità della nostra gente. Ha compensato l’inefficienza totale del governo e ci ha permesso di sopravvivere.

Cosa doveva fare il governo?

Per sapere cosa fare bisogna prima studiare.

Ad esempio?

La letteratura critica sull’emergenza di massa depositata nel Disaster Research Center dell’Università del Delaware. Ci ho lavorato. Ci sono decenni di ricerche empiriche dalle quali emergono raccomandazioni precise. Se uno non studia, le ignora. Essere competenti non significa essere tecnocrati, ma saper decidere cosa fare in condizioni subottimali o di ambiguità informativa. Altrimenti ci si mette in modo acritico in mano a un Cts.

Il Recovery Fund è la soluzione?

Se non avessimo il vaccino e dovessimo stare due anni in queste condizioni, firmerei tutto subito. Ma nel momento in cui c’è in vista una soluzione che riduce del 70% l’emergenza e la rende gestibile, il Recovery Fund non serve più. Serve altro.

Che cosa, precisamente?

La sterilizzazione da parte della Bce, nei modi possibili, dell’extra debito pandemico.

Come?

Tenendolo congelato in bilancio per decenni ma evitando di monetizzarlo. Gli Stati rinunciano a ricevere gli interessi, creando una riserva dentro la Bce che riduce progressivamente il volume complessivo del debito per ogni Stato. Però parliamone il meno possibile.

E perché?

Perché a dirlo troppo sui giornali l’Europa si spacca.

A chi pensa? 

A quegli imprudenti che hanno parlato di cancellazione del debito. Provino di tradurlo in olandese o in tedesco e vediamo cosa succede.

Secondo lei nessuno farà obiezioni o intenterà ricorsi?

Da Francoforte risponderanno che la Bce è indipendente e ha per missione la stabilità dell’euro. E che per questo può fare operazioni straordinarie.

Violando i trattati europei?

No, operando al loro interno, interpretandoli. Cioè riformandoli per prassi. Ha cominciato Draghi e la Bce sta proseguendo sulla sua strada. Lasciamola lavorare.

Quando il vaccino arriverà e farà effetto che cosa resterà dell’attuale assetto politico?

Non importa molto; non perché non voglia risponderle, ma perché l’Italia non è più un’entità politica. O lo è in forma debolissima.

Come la definirebbe?

Uno Stato vassallo politicamente poco rilevante, ma economicamente ancora molto ricco.

Vassallo della Francia?

Purtroppo sì. È un’alleanza sbagliata, perché in questo momento i nostri interessi economici convergono con quelli della Germania. Uno in particolare: quello di fare al più presto il trattato commerciale euro-americano di libero cambio.

Per quale motivo?

Per dare più volume alla parte efficiente dell’Italia, quella che tiene in piedi tutto il resto. Qual è la nostra priorità? Esportare. Lo richiede il nostro modello comunistoide.

Perché comunistoide?

Perché prevale l’idea dell’accesso alla ricchezza per diritto. Lo hanno fatto prevalere M5s, Pd e la parte assistenzialista della destra. Come principio è il suicidio di una nazione. Che a una minoranza imprenditoriale tocca di  salvare.

Per questo bisogna darle mercato.

Esatto. E oggi l’export lo si fa con i trattati, perché il mondo libero costruito nel secolo scorso dall’America non c’è più. Si compete facendo trattati.

Torniamo alla Francia. “L’Europa sarà sovrana con la propria difesa” ha detto Macron.

Su questo Macron è fuori dalla storia, mentre oggi c’è bisogno di realtà. L’idea che basti avere qualche atomica è solo un’illusione. La potenza militare europea vagheggiata da Macron non esiste; può esserci soltanto in una relazione con gli Usa nella quale l’Europa, pian piano, prende più peso.

E noi?

Il fatto che siamo condizionati dalla Francia vuol dire che il governo non è in grado di definire il nostro interesse nazionale. Quando un Stato è in questa situazione, dal punto di vista di un osservatore estero, è in avanzato stato di decomposizione.

Forse è proprio per questo che sono già iniziati i tatticismi in vista dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica?

È una partita che verrà decisa da fuori. Ci sarà uno scontro di influenze esterne: Francia e Stati Uniti. Fino ad oggi agli Usa bastava avere il ministro della Difesa. Adesso ce l’hanno e sta lavorando bene.

E la Francia? Ha messo in campo il partito della légion d’honneur?

La Francia punta all’economia perché vuole controbilanciare il potere tedesco. Ma c’è un però.

Prego.

Nella situazione attuale, il confronto con la Cina è una priorità per i democratici più di quanto non lo fosse per i repubblicani. L’America avrà bisogno di influenzare il Quirinale, ben sapendo che è l’unico vero potere rimasto in Italia. Dopo vent’anni di silenzio, gli Usa interverranno di nuovo e si scontreranno con la Francia.

A chi lo dice?

Ovviamente a chi pensa di essere eletto o rieletto.

E i tanti amici della Cina, di cui abbiamo parlato più volte

Un fatto è certo: quelli che hanno preso la patente di filo-cinesi sono politicamente morti. È meglio che lo sappiano adesso, così possono cercarsi un lavoro. Alcuni sono bravi, altri dovranno fare un po’ di formazione.

(Federico Ferraù)