Ieri Mario Draghi ha incontrato Jake Sullivan, il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che lunedì a Roma ha avuto un colloquio con il direttore dell’Ufficio della Commissione centrale degli affari esteri cinese Wang Jiech. In settimana è atteso un Cdm per il varo di interventi che possano attenuare il prezzo dei carburanti che nei giorni scorsi hanno raggiunto livelli record. Come spiega l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, «quello su cui si trova ora Draghi è certamente un sentiero stretto, pieno di insidie. Infatti, dietro alle rassicurazioni politiche sulla tenuta del Governo che vengono dai vari partiti che ne fanno parte, su alcuni provvedimenti, vedasi il caso della riforma del catasto, emerge una questione identitaria oppure, come dimostra la montagna di emendamenti presentati in Parlamento sul disegno di legge relativo alla riforma della giustizia, si rendono evidenti divisioni profonde. Sta inoltre tornando in primo piano la richiesta di uno scostamento di bilancio su cui finora Draghi e Franco hanno tenuto duro».
Qual è per Draghi l’insidia maggiore nell’immediato, considerando tra l’altro la fine dello stato di emergenza e la messa a punto del Def?
Sui provvedimenti più immediati, ma che non saranno risolutivi, come quello in arrivo sul caro carburanti, un accordo si troverà. Credo ci sarà invece grande tensione sui temi di fondo pre-esistenti alla crisi ucraina, come la delega fiscale (non solo il catasto, basta pensare alle posizioni sulla flat tax), la riforma della giustizia o il ddl concorrenza. Non vedo grandi problemi sul Def, che sarà più che altro importante per l’aggiornamento sul dato della crescita rispetto alle previsioni di inizio anno e anche come indicazione sull’aggiustamento dei conti pubblici che il Governo intende portare avanti, anche se le conseguenze della guerra potrebbero rendere meno teso il confronto in Europa sulla riforma del Patto di stabilità.
Ha citato come critici dei provvedimenti che sono collegati al Pnrr. Questo Piano, alla luce degli ultimi eventi, va rivisto?
Sì, perché sono saltati come tappi i piani di spesa per gli investimenti previsti al suo interno a causa dell’aumento dei costi delle materie prime. Siamo in una situazione in cui, come ha spiegato il Centro Studi di Confindustria, i prezzi dell’energia in meno di due anni, e prima dell’invasione russa dell’Ucraina, sono cresciuti del 1.497%, e si prospetta la scarsità di alcune materie prime cruciali. Il Pnrr, di conseguenza, è ormai superato dai fatti e dovrebbe essere quanto meno aggiornato.
Per farlo e anche per avere margini di manovra sulle risorse necessarie a finanziare i provvedimenti economici, diventa cruciale l’interlocuzione con l’Europa.
Sì. Vista la situazione non si può immaginare che uno Stato risolva da solo i problemi che sono sul tavolo. Probabilmente Draghi ha quindi anche il compito di cercare di ottenere in Europa gli spazi maggiori possibili di manovra in questa fase per l’Italia. Soprattutto se si renderà evidente la necessità di uno scostamento di bilancio nelle prossime settimane.
Draghi riuscirà a svolgere questo compito considerando che ultimamente il suo prestigio internazionale sembra essere in una fase calante?
Certamente il G20 l’anno scorso aveva contribuito a creare una cornice anche mediatica che aveva portato all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale il nostro Paese e il Premier. Dopo la parentesi non felicissima per l’Italia complessivamente della partita del Quirinale, sulla quale Draghi nutriva ambizioni che non si sono concretizzate, e la ripresa delle tensioni all’interno della maggioranza, appena prima dell’invasione russa sembrava che l’Italia potesse svolgere un ruolo importante di mediazione, visto che si era parlato di un incontro tra Draghi e Putin. Sfumata questa possibilità, l’iniziativa è stata presa in mano da Macron, che è in piena campagna elettorale, e Scholz è diventato più protagonista, anche perché incalzato dall’opinione pubblica tedesca. In questo senso è stata significativa la scelta di aumentare le spese militari. In questo momento sembra essersi ricreato l’asse franco-tedesco e l’Italia è rimasta un po’ più a margini rispetto a quello che si poteva immaginare.
Draghi dovrebbe quindi, come Scholz, trovare un provvedimento, una proposta, per tornare in primo piano a livello europeo?
Certamente avrebbe bisogno di un nuovo colpo d’ala per cercare di riguadagnare la scena non tanto mediatica, quanto politica sostanziale europea. Dall’uomo che ha salvato l’euro ci si aspetta un guizzo, un’iniziativa forte che possa in qualche modo riportare l’Italia a essere protagonista in prima persona e non solo con un ruolo da cerniera all’interno dell’Ue.
Il Premier non potrà però trascurare i rapporti con le Parti sociali: le imprese lamentano le difficoltà produttive, i sindacati l’erosione del potere d’acquisto dei lavoratori.
Questo è un fronte aperto molto importante, perché già prima dello scoppio della guerra l’inflazione stava crescendo e i costi di energia e materie prime avevano raggiunti livelli importanti. Tutto fa pensare che la situazione sia destinata nei prossimi mesi ad aggravarsi da questo punto di vista. Oltretutto l’Italia esce da un ventennio di mancata crescita, non solo dal punto di vista del Pil, ma anche delle retribuzioni. Oggettivamente, quindi, il recupero del potere d’acquisto è essenziale per evitare di finire nella stagflazione. Probabilmente bisognerebbe muoversi nella direzione di un accordo tra Governo e Parti sociali sulla politica dei redditi simile a quello del ’93 con Ciampi. In questo modo si eviterebbero la spirale prezzi-salari e un conflitto distributivo sociale importante. Tra l’altro Draghi, all’Assemblea di Confindustria, aveva tra gli applausi chiesto un patto economico e sociale. Si tratta di riprendere in mano questa iniziativa.
Ci sono quindi almeno tre grandi fronti aperti per Draghi: quello delle riforme da varare tenendo insieme la maggioranza, quello del ruolo dell’Italia in Europa e quello dell’accordo con le Parti sociali. Può riuscire ad affrontarli da solo?
Di timonieri come lui non ne abbiamo, è la risorsa migliore per questo compito. Una mano preziosa può sicuramente dargliela il presidente della Repubblica con un’opera di moral suasion e con tutta quella che è l’attività di stimolo e riflessione che può mettere in campo. Dai partiti l’aiuto arriva invece a corrente alternata, a seconda delle questioni identitarie di ciascuno e delle sensibilità diverse presenti in questa maggioranza di unità nazionale. Un sostegno può venire anche dalle stesse Parti sociali, dai sindacati, dalle imprese che non si sono mai mostrate ostili a Draghi.
Quanto ritiene probabile una crisi di Governo nei prossimi mesi?
È molto difficile rispondere. Posso dire che di certo la crisi di Governo è una possibilità reale, perché quello che si è visto nelle ultime settimane sui temi divisivi nella maggioranza, come la riforma del catasto passata per un solo voto, lascia pensare che ci possano essere altri incidenti di percorso. Non possiamo poi escludere che lo stesso Draghi, che ha già fatto capire di non essere disponibile a vedere che sui provvedimenti che vengono approvati in Consiglio dei ministri ci siano poi tentativi di stravolgimento in Parlamento, sollevi formalmente il problema davanti al capo dello Stato.
(Lorenzo Torrisi)
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