Il sogno imperiale dell’America First. Se durante la campagna elettorale l’attenzione di Trump per il portafoglio degli americani e per la situazione economica interna ha fatto pensare a una politica isolazionista della sua amministrazione, quella che appare dieci giorni prima dell’insediamento del nuovo presidente è invece una strategia espansiva, che mira ad annettersi Panama, Groenlandia, Canada. E qualcuno ha proposto di pensare anche al Messico. Nel suo programma Trump propone l’impensabile: l’ultima idea sarebbe quella di dichiarare l’emergenza economica nazionale per permettergli di praticare più liberamente la politica dei dazi. Di certo, spiega Francis X. Rocca, giornalista americano ed ex corrispondente in Italia del Wall Street Journal, questo atteggiamento conferma la tesi della sua imprevedibilità. E forse, se c’è una logica nelle sue dichiarazioni, questa sta nel fatto che vuole imporre la sua personalità disorientando gli altri leader. C’è una contraddizione fra il Trump che vuole chiudere i combattimenti in Ucraina in 24 ore e quello che non esclude di usare la forza per prendersi la Groenlandia. Ma forse la sua volontà di non fare la guerra non è assoluta: dipende se, secondo i suoi calcoli, è o meno nell’interesse degli USA.
Dopo il Canada annesso agli USA e le mire sul Canale di Panama e sulla Groenlandia, ora il tycoon starebbe valutando (così dice la CNN) di dichiarare un’emergenza economica nazionale per imporre la sua politica dei dazi. Come mai queste uscite così pesanti?
La dichiarazione di una situazione di emergenza nazionale dal punto di vista economico mi è nuova, ma di certo ha annunciato più volte la sua volontà di mettere dazi pesanti su Messico, Canada, Cina. Poi ha fatto capire che potrebbe essere disposto a farlo anche per quanto riguarda la Danimarca.
Ma perché lancia idee che sembrano fatte apposta per provocare? Vuole vedere come reagiscono gli altri Paesi?
Di acquisire la Groenlandia ne aveva già parlato durante il primo mandato, ma questa volta sta insistendo molto di più, tanto da mandarci il figlio e da non escludere l’uso della forza militare. Panama poi fa parte della storia dell’imperialismo statunitense. Forse la retorica di Trump è più forte rispetto all’ultimo mandato, più concreta, anche se bisogna vedere se davvero passerà dalle parole ai fatti. Come ha scritto un collega del New York Times, nel 2017 era molto meno sicuro di sé, mentre questa volta sembra che sia già presidente da mesi, anche se non si è ancora insediato. Forse ci vuole provare veramente, ma bisogna tornare al XIX secolo per sentire parlare di acquisire dei territori.
Dietro queste mire su Canada, Panama e Groenlandia ci sono interessi vitali per l’economia americana?
Un senatore repubblicano ha detto anche: “Perché non acquistiamo il Messico?”. Non è sicuramente un’affermazione seria, ma ci fa capire che ora ci sono figure politiche che si permettono di dire cose che prima sarebbero state impensabili. Quello che poco tempo fa avremmo considerato meramente uno scherzo, adesso almeno ci fa pensare: ci chiediamo se ci stanno riflettendo veramente. Molti dicono che uno dei punti forti di Trump è l’imprevedibilità. Alcuni sostengono che anche Putin avrebbe un po’ di paura di lui, perché non si sa mai cosa farà. Quindi forse c’è un metodo in questa pazzia. Potrebbe essere un modo per spaventare gli altri e per imporre la sua personalità.
Per adesso cosa può fare veramente?
Ha il potere, almeno per quanto riguarda i documenti statali, di cambiare il nome al Golfo del Messico, chiamandolo Golfo d’America; ha detto che lo vuole fare. Non so se la gente cambierà il modo di nominarlo, però finora era impensabile una mossa del genere. Forse la logica è di intimidire i suoi avversari negli Stati Uniti e anche all’estero.
Da una parte passa come pacificatore perché vuole far finire la guerra in Ucraina, dall’altra dice che per la Groenlandia è disposto a usare la forza militare. Come si spiega?
Non ha detto che vuole fare una guerra, ma a un giornalista che gli chiedeva se escludesse l’uso della forza per la Groenlandia ha risposto che non la esclude. Tra l’altro la Danimarca è un alleato della NATO, anche per questo non penso che Trump possa scatenare un conflitto. Più facile che provi a usare i dazi o a indire un referendum. Comunque, sarebbe una sorta di neoimperialismo.
In campagna elettorale si parlava, riguardo a Trump, del pericolo di un’America isolazionista, ma quella che si prospetta in questi giorni è un’America che vuole affermare ancora di più il suo ruolo a livello mondiale. Cosa è cambiato?
Potrebbe essere contro le guerre che ci sono adesso perché, secondo lui, non sono nell’interesse degli USA, mentre Panama e Groenlandia farebbero comodo, sarebbero necessarie alla sicurezza del Paese, e quindi potrebbe valere la pena combattere per ottenerle. È un’interpretazione plausibile. In relazione al Canale di Panama dice che i cinesi vogliono prenderne il controllo.
La prima mossa che farà quando si insedierà saranno comunque i dazi?
Si parla di questo e della grazia per coloro che sono stati coinvolti nell’assalto a Capitol Hill quattro anni fa. Quanto ai dazi, la questione credo sarà portata alla World Trade Organization (WTO). Immagino che Canada, Messico e altri non si limiteranno ad accettare i nuovi balzelli.
(Paolo Rossetti)
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