A oltre un anno dall’inizio dell’incubo, si sta gradualmente passando dalla cronaca alla storia, ossia dalla registrazione dei fatti alla loro interpretazione, o dalla confusa ed emotiva rappresentazione degli accadimenti al tentativo di elaborare un senso e una prospettiva logica. La cronaca di questi giorni difficili – nel prolungamento di una pandemia mai davvero finita, che solo per comodità di calendario ci si ostina a incasellare in prima, seconda o terza fase – ha un andamento bipolare, tra i contagi in aumento e le speranze nei vaccini, malgrado le ultime incertezze su alcuni effetti collaterali forse ascrivibili a un lotto di uno di questi. Ma dopo tredici mesi, l’incubo ha bisogno di elaborazione, e la cronaca lascia anche spazio alla storia.



Sono due, in ordine di tempo, gli ultimi studi elaborati sugli effetti-Covid nell’economia, con particolare riferimento al mondo dell’industria turistica. Il primo arriva dalla Fondazione NordEst, il forum creato dalle Confindustrie e dalle diverse categorie economiche del Nord Est: un think tank che aiuta a cogliere i cambiamenti in atto, le loro conseguenze e quali possano essere le strategie migliori per farvi fronte. La ventesima edizione del rapporto FNE è dedicata alla “ripartenza”, e mette in luce le pesanti ricadute economiche che la pandemia ha avuto sul sistema Italia: il Pil nazionale è crollato del 9,1% e le esportazioni del 2020 calate del 16% (con perdite maggiori proprio a NordEst). Entro il 2021 si prevede di recuperare circa il 4,2% del Pil, ma il 70% degli imprenditori crede che il recupero dei valori pre-crisi sarà possibile solo nel 2022. La crisi ha colpito – sostiene FNE – sia le imprese manifatturiere che quelle dei servizi, cioè quelle che più hanno dovuto limitare o addirittura sospendere la propria attività per via delle restrizioni imposte per contenere i contagi. Come il turismo, che a NordEst ha registrato un calo degli arrivi (tra gennaio e ottobre 2020) del -49%. Le previsioni non sono rosee: per i prossimi mesi è confermato un ulteriore calo degli arrivi internazionali, che potrebbero tornare ai flussi pre-crisi non prima di due-quattro anni.



Il secondo studio, stavolta centrato unicamente sul turismo, è firmato da Aigo (la società di consulenza marketing e comunicazione per l’industria dei viaggi e dell’ospitalità) e Travel Consul (l’alleanza di marketing globale tra società di pubblicità, strategie e media marketing, operativa in cinque continenti). Il report è la quarta edizione del Global travel distribution, ed è basato su una ricerca svolta tra 1200 professionisti del settore. Il sentiment che emerge dal mondo dell’intermediazione turistica è quello di una cauta fiducia, per una ripresa che non potrà avvenire comunque prima del 2022. Per adesso, si parla ancora di una diffusa propensione a un turismo di prossimità, con l’Italia che però resta mèta preferita dai viaggiatori europei. L’industria del turismo emerge dallo studio ancora “fragile e incerta”, ovviamente per il perdurare della pandemia: i viaggi restano spesso nella lista delle cose “che si faranno”, con le programmazioni incentivate solo dalla flessibilità offerta nelle prenotazioni (possibilità della cancellazione), dalla personalizzazione di prodotti e servizi, dalla speranza della vaccinazione diffusa, dalle misure sanitarie e di sicurezza adottate. La ripresa dei viaggi internazionali sarà anche aiutata da certificazioni sanitarie, e gli uffici del turismo potranno fare la loro parte, supportando la distribuzione con il rilascio di dati e informazioni puntuali, e campagne di comunicazione rivolte ai potenziali viaggiatori.



La nuova ricerca è stata condotta tra gennaio e febbraio 2021. Il 59% degli intervistati (66% del campione italiano) lavora in agenzie di viaggio, il 26% (28% del campione italiano) in tour operator e il restante 15% in Gsa o in altri tipi di attività. Rispetto alla precedente edizione (settembre 2020), scende l’aspettativa di una ripresa nel 3° e 4° trimestre 2021, passando dal 34% all’odierno 4,1%. Va meglio per la propensione dei clienti verso i viaggi futuri, con un travel trade italiano che risulta essere cauto, ma di fondo ottimista: da parte dei clienti prevale il posticipo delle prenotazioni sulle cancellazioni. Seppur prudenti, il 36% dei consumatori italiani guarda alla stessa destinazione che ha prenotato, il 45% sta aspettando per decidere le nuove date e la destinazione del viaggio precedentemente prenotato, mentre il 19% dei clienti vorrebbe cambiare meta. Le cancellazioni in Italia calano di 11 punti percentuali, passando dal 46% (rilevato a settembre 2020) all’attuale 35. Emerge, tra gli operatori italiani, la necessità di ridurre il periodo di quarantena, così come la possibilità di accedere a test Covid gratuiti e il rilascio di un certificato sanitario (52%). Un aumento delle prenotazioni è atteso dopo che il vaccino sarà stato ampiamente somministrato (40%) con il 73% dei rispondenti in Italia che crede nell’impatto favorevole sulla richiesta di viaggi internazionali a seguito dell’eventuale adozione del certificato di immunità. I clienti italiani sono soprattutto attenti ai temi di sicurezza della destinazione e relativa certificazione sanitaria (83%) e alle misure anti Covid-19 da parte dei governi interessati (67%), fattori che condizionano anche la maggior parte dei clienti europei e globali.

Secondo il campione italiano, innovazione è la parola chiave per poter ripartire; resta infatti alta la percentuale di coloro che intendono valutare nuove soluzioni per innovare il prodotto: l’85,5% è pronto a considerare nuove destinazioni, 82,9% nuovi hotel e resort, 81,8% nuovi fornitori. I dati europei e globali rispecchiano quelli italiani. Gli operatori di tutto il mondo sono ampiamente interessati a valutare (nell’ordine): nuove destinazioni, nuove strutture e nuovi fornitori nel corso del 2021. I social media continuano a rappresentare il canale marketing su cui puntare, in particolare in Italia, dove la percentuale è superiore a quella europea e globale. Il turismo domestico e quello di prossimità restano in testa nelle scelte dei viaggiatori italiani. Il 28% degli operatori ha registrato nell’ultimo trimestre un aumento delle prenotazioni di viaggi entro i confini nazionali. In particolare, il 15% ha rilevato una crescita compresa tra il 21 e il 40%. Per quanto riguarda le soluzioni che riscuotono maggiore interesse, i viaggi in solitaria vengono indicati dal 66% degli intervistati italiani, in crescita rispetto alla precedente rilevazione. Si registra una crescita di interesse anche verso i resort all inclusive (dal 7% al 23%); nelle crociere marittime (dall’1% al 15%); negli hotel e resort (dal 13% al 22%) e nei piccoli gruppi (da 13% al 21%).

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI